14-03-2007
LETATLIN
"La Sepoltura Delle Farfalle"
(Ark/Masterpiece)
Time: (42:30)
Rating : 7
L'etichetta di Corrado Videtta (Argine), dopo aver pubblicato solo nomi piuttosto importanti e già conosciuti, gioca la carta della novità. Ciò consiste nel distacco completo da quelle sonorità neoclassiche a cui la Ark Records ci aveva abituato, ma anche nella proposta di un gruppo poco conosciuto fino ad ora (all'attivo ci sono solo due CD-R autoprodotti: "Missili Sul Giappone" del 2002 e quel "1919: Naissance Du Robot" del 2003 dal quale vengono qui ripresi alcuni brani), e quindi non piazzabile con immediatezza sul mercato. A questo va aggiunto che i Letatlin - onore al merito - non intendono accodarsi ad un filone musicale ben definito, ma preferiscono proporre un melting pot di suoni, a testimonianza di gusti e background molto ampi. La struttura portante dell'album è costruita su pezzi che rimandano al post-punk di inizio anni '80 con chitarre graffianti ("Taiwan", "Naissance Du Robot") e con forti riferimenti - da una parte - ai CCCP e - dall'altra - alla nascente scena wave, oppure incentrati su note malinconiche ("Cerulex", "Digestione Di Un Metabolismo Medio"). La fa da padrone lo spoken-word italiano (ma il cantato inglese non manca...) di due voci diverse: una morbida che riconduce a nomi noti dello stivale (non mi sembra estraneo l'ascendente di gruppi come Massimo Volume o degli stessi Argine), l'altra stridente che declama a volte testi i quali, con metafore ardite, scadono purtroppo nell'infantile ("Taiwan", "Carcasse") ma non nella stupidità, questione non da poco, visto che di stupidità vestita d'inglese ce ne piove addosso a bizzeffe. Il bello è che, tra molti brani rockeggianti, svettano pezzi elettronici minimali che spiazzano, costruiti su basi retrò e velatamente dance (come nel caso dell'ottima "Falene"), oppure solo persi nella loro ispirata follia ("Plastic Shape"). In definitiva un buon disco d'esordio, in grado di conquistare sulla distanza e che osa molto, riuscendo a trasmettere emozioni e qualche momento di positivo stordimento. Dubito - ma spero di sbagliarmi - che all'estero saranno in grado di apprezzare appieno un prodotto che affonda così tanto le proprie radici nella tradizione nostrana e nel passato più remoto, e che per questo motivo risulterà incatalogabile a molti (l'accostamento a Novy Svet letto di recente vi darà la dimensione del problema appena ascolterete l'album!).
Michele Viali