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12-10-2008
EDO NOTARLOBERTI
L'anima del silenzio
di Marco Belafatti
Che l'Italia sia un paese ricco di musicisti e personalità di spicco, soprattutto per quanto riguarda le sonorità folk, neoclassiche ed affini (un vero e proprio vanto per l'intera scena musicale 'oscura' di tutto il vecchio continente) è ormai cosa risaputa, ma trovare artisti dotati della stessa sensibilità e della stessa espressività di Edo Notarloberti potrebbe rivelarsi un'impresa alquanto ardua. Il noto violinista in questi ultimi anni si è imposto all'attenzione della stampa ed ha letteralmente conquistato il cuore di numerosi fan grazie alle cospicue e prestigiose collaborazioni con importanti progetti musicali partenopei (Argine, Ashram e Corde Oblique), ma in quest'occasione ci concentreremo esclusivamente (o quasi) sul suo primo lavoro solista, un album che ha recentemente visto la luce, grazie al patrocinio della sempreverde Ark Records ed al prezioso apporto di un gruppo di talentuosi artisti, che hanno affiancato il buon Edo nell'esecuzione e nella composizione dei brani. "Silent Prayers": un manifesto neoromantico (come lo stesso compositore ama definirlo) di fragili emozioni, preghiere solitarie e malinconici afflati... Che tutto taccia, dunque... Lasciamo che sia l'anima del silenzio a parlare al posto nostro...
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Benvenuto su Darkroom Magazine, Edo. Ti andrebbe di presentarti ai nostri lettori attraverso una descrizione del tuo percorso di iniziazione al mondo della musica ed una breve retrospettiva sul tuo percorso di studi?
"Saluto tutti i lettori di Darkroom Magazine e comincio a ringraziare voi e loro per il coraggio e la perseveranza nel dare spazio alla musica indipendente come la mia. Il mio percorso musicale è cominciato a cinque anni grazie alla mia famiglia, nella quale la musica classica è stata sempre di casa. Cominciai con lo studio del pianoforte e poi passai al violino, prima come privatista e poi al Conservatorio fino al nono anno. Poi, per un diverbio con il mio maestro di allora, geloso del mio inserimento precoce nel mondo musicale, non terminai mai gli studi."
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Per quale motivo le tue scelte sono ricadute proprio sullo studio del violino?
"Iniziai con lo studio del pianoforte, poi un amico di famiglia trovò in soffitta un violino (di misura 3/4, ossia adatto ad un ragazzino e non ad un adulto) e lo regalò a mio padre, conoscendo le sue passioni musicali e la mia predisposizione. Ad otto anni, grazie a quel violino (si scoprì poi che apparteneva ad Antonio Gagliano, liutaio del '700 di enorme importanza), cominciai la mia avventura con quello strumento lasciando lo studio del pianoforte."
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Che rapporto senti di avere sviluppato negli anni con il tuo strumento?
"Il rapporto con il proprio strumento è sempre qualcosa di molto intimo e personale. È a tutti gli effetti un rapporto d'amore! Gli strumenti, tutti, hanno una propria indole, carattere, umore; le figure di strumentista e strumento spesso si confondono, e spesso ci si chiede chi stia suonando chi... Se lo strumento 'usi' l'esecutore per 'parlare' o viceversa... Il mio strumento è senza dubbio una donna!"
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In che modo ti dedichi allo studio del tuo strumento e quanto è importante per te il concetto di crescita?
"Associo al concetto di crescita due aspetti distinti ma inseparabili: la tecnica e l'espressione. La crescita espressiva può avvenire soltanto se si possiedono i mezzi tecnici per trasmetterla. Per questo mi dedico allo studio tecnico del violino quotidianamente, e contemporaneamente dedico tempo ed energie allo sviluppo di un linguaggio espressivo chiaro ed uniforme che possa essere utilizzato per l'espressione di ciò che la mia anima detta."
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Oggigiorno, in vista dei costi sempre più alti dei biglietti teatrali e dell'opera di depauperamento messa in atto dalla classe politica e dai media, per fare arrivare la musica classica alla gente bisogna spesso ricorrere (o cedere, a seconda dei punti di vista) ad alcuni stratagemmi scenografici, oppure a delle commistioni di generi e sonorità che, in qualche modo, ne 'imbastardiscono' la centenaria autenticità. Pensi che questo processo possa essere considerato un'evoluzione naturale di questa musica od una semplice conseguenza del disinteresse del pubblico nei confronti del patrimonio classico?
"No, non lo credo affatto. Credo che la commistione dei generi sia un fenomeno da considerare non come evoluzione di un genere, quanto come avvenuta creazione di un nuovo genere. La musica classica è la musica classica, legata alle proprie epoche e alla propria storia. Si potrebbe tentare un'analisi della musica contemporanea (classica) ma, a mio avviso, la tonalità aveva ancora tantissimo da dire e tutta la rivoluzione a-tonale non la reputo sicuramente un'evoluzione, ma soltanto il prodotto dei nostri tempi, incapaci di produrre geni musicali. Credo inoltre che al giorno d'oggi la cultura ci sia stata volutamente negata dal 'sistema', pertanto qualsiasi percorso porti ad essa può avvenire soltanto con mezzi propri, non percorrendo le veloci e comode autostrade che i media ci propongono tramite i loro canali, ma tortuose stradine di campagna dai mille profumi e dall'impervio cammino nel quale smarrirsi. Infine, la musica che io propongo nel mio progetto prende in prestito dalla musica classica il colore del quartetto o del trio con pianoforte, ma con essa ha davvero poco a che vedere, essendo innestato tale colore in una forma canzone che non appartiene al genere classico; le progressioni armoniche e l'utilizzo degli arrangiamenti, inoltre, non rispecchiano quei sommi modelli, ma si avvicinano a loro per un gusto lontano. Sicuramente il mio progetto non ha l'intento né la presunzione di essere uno 'sviluppo' della musica classica ai nostri giorni, quanto un 'piano musicale', affinché la forma canzone trovi linguaggio espressivo, forza e pathos in formazioni strumentali classiche e riecheggino, negli arrangiamenti, l'eleganza e la disciplina costruttiva classico-romantica."
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Qual è la tua personale concezione della musica neoclassica e quali artisti reputi i suoi maggiori esponenti? Tra la musica classica e quella neoclassica esistono probabilmente punti di contatto e notevoli differenze: sapresti delinearli?
"Credo che la musica neoclassica sia ancora una musica in evoluzione, che deve ancora definire chiaramente il proprio stile ed il proprio intento. Spesso l'icona di musica neoclassica viene utilizzata per celare progetti di estrema vuotezza espressiva o malcelata commercialità che tentano di invadere anche questo campo. Credo, forse con poca modestia, che il progetto Ashram possa essere un buon esempio di musica neoclassica (che io preferisco chiamare neo-romantica), anche se appunto il progetto non è ancora perfetto, se lo si guarda dal punto di vista della creazione di un 'manifesto neoromantico'. Questo è il mio personale obbiettivo: comporre un 'manifesto neoromantico' in musica, ci sto lavorando in questo periodo."
"Il rapporto con il proprio strumento è sempre qualcosa di molto intimo e personale. È a tutti gli effetti un rapporto d'amore! Gli strumenti, tutti, hanno una propria indole, carattere, umore: le figure di strumentista e strumento spesso si confondono e spesso ci si chiede chi stia suonando chi... Se lo strumento 'usi' l'esecutore per 'parlare' o viceversa..."
(Edo Notarloberti)
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Negli ultimi anni gli amanti delle sonorità neofolk, eteree e neoclassiche hanno avuto modo, grazie alle tue cospicue e prestigiose collaborazioni, di apprezzare la tua perfetta padronanza dello strumento, sia per quanto riguarda la fase compositiva che quella esecutiva. Vorresti raccontarci in che modo sei giunto a conoscenza di questo tipo di sonorità e come esse hanno influenzato la tua attuale visione musicale?
"Il mio background musicale è davvero molto vario, in quest'ambito credo che la musica classica in primis ed il blues poi abbiano influenzato notevolmente il mio 'suono'. Dovendo mediare il suono acustico del mio violino tramite un pick up tra la produzione del suono e l'orecchio dell'ascoltatore, ho dedicato molto tempo alla ricerca di un equilibrio sonoro tra il suono che avevo in testa e quello prodotto dalla mia amplificazione. Nella musica classica e nel blues il suono è fondamentale e la cultura del suono è predominante. Da questi due generi ho imparato a ricercare il suono su qualsiasi palco ed in qualsiasi esecuzione. La padronanza dello strumento è assolutamente un'illusione 'sonora'. Avendo ben chiari i limiti tecnici ed espressivi mi tengo soltanto una 'tacca' al di sotto di essi. Magari avessi la padronanza totale dello strumento e delle sue sonorità! Non mi reputo un grande violinista, né buono, ma discreto. Nella musica e nella vita la gestione dei propri limiti è fondamentale. È tutto lì il segreto!"
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La prima tappa della carriera di Edo Notarloberti come membro di una vera e propria band è stato l'ingresso nella storica formazione degli Argine di Corrado Videtta, colui che, tra l'altro, gestisce la Ark Records, etichetta presso la quale hai pubblicato il tuo primo disco solista. Cos'ha significato per te questo cambiamento ed in che modo Corrado ed i vari compagni di gruppo ti hanno aiutato a crescere, come musicista e come persona?
"Avevo avuto già altre esperienze musicali prima degli Argine, ma indiscutibilmente con l'entrata nel progetto sono entrato anche nel mondo della musica apocalittica, neofolk etc. Fu grazie a Corrado e alla sua idea di cercare un violinista per gli Argine fuori al Conservatorio di Napoli che il mio percorso è stato indirizzato verso questo disco, anche se è venuto 15 anni dopo e verso gli Ashram e Corde Oblique. Pertanto devo a Corrado e agli Argine lo 'svezzamento' in un genere lontano dai miei interessi di allora, e paradossalmente ancora lontano. Dopo oltre 10 anni, grazie alla Ark a Corrado e soprattutto al lavoro di Rossana Rossi, il mio disco ha visto la luce ed ancor'oggi mi meraviglia vederlo finito."
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Successivamente hai raggiunto la formazione degli Ashram, occasione che ti ha permesso di dare ancora più voce al tuo violino. Sembra quasi superfluo chiederti quanto questa band sia importante per te...
"Ti rispondo cercando di condensare in quello che ti dico tutta l'essenza degli Ashram: siamo un'unica anima e il suonare insieme ne è soltanto una manifestazione."
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Ora vorremmo che soddisfacessi una nostra piccola curiosità (che appartiene probabilmente anche a molti dei nostri lettori): c'è qualche novità in cantiere per gli Ashram?
"Stiamo lavorando a delle nuove idee. Lottiamo da almeno sei mesi contro la nostra pigrizia cronica e mi auguro dopo l'estate di riprendere le nostre riunioni per la costruzione dei pezzi per il nuovo disco, augurandoci che tali riunioni siano meno conviviali e più musicali!"
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Un'altra tua famosa partecipazione è stata quella al progetto Corde Oblique di Riccardo Prencipe, che riferendosi a te ha pronunciato queste parole: "La cosa impressionante di Edo è il suono, il suo violino è di una corposità invidiabile. Può capitare che, ascoltando concerti, chi scrive musica possa desiderare uno strumentista per qualche sua qualità particolare. Da quando collaboro con Edo non ho mai invidiato il violinista a nessun gruppo, quartetto od orchestra! Un altro aspetto impressionante è che solitamente i musicisti hanno una predilezione o per l'aspetto esecutivo, o per quello compositivo, Edo è grande in entrambi e soprattutto ha confidenza con qualsiasi strumento". Vorresti raccontarci le tue impressioni a proposito di questa cospicua collaborazione e dare un messaggio di risposta a Riccardo?
"Mi unisce a Riccardo una profonda stima ed una grande amicizia. Riccardo è un ottimo compositore, raffinato e sensibile, il progetto Corde Oblique mi ha arricchito come musicista, e l'amicizia con lui mi ha arricchito come persona. Le sue parole mi riempiono di gioia e la sua bellezza d'animo è evidente a tutti in questa preziosa ed ulteriore gratificazione che ricevo da parte sua, sempre attento e mai banale o formale. Gli rispondo che l'ancor più preziosa gratificazione è essere parte del suo progetto, incrociare le sue corde oblique con le mie parallele e soprattutto fregiarmi della sua amicizia. Grande Prencipe!"
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Un progetto a noi sconosciuto è invece La Grange: vorresti parlarcene?
"La Grange è un gruppo il cui progetto è riproporre musiche della tradizione country blues americana, rigorosamente con strumenti acustici. Attualmente stiamo lavorando a pezzi nostri e quest'anno puntiamo a festival internazionali."
"In questo mondo non più adeguato ad accogliere eventuali 'geni' credo che si possano ancora aprire le orecchie per ascoltare il fragilissimo tintinnio di campanellini di pura arte dove attingere boccate di ossigeno vitale... Restiamo in attesa che questo mondo in esplosione esploda e ritorni finalmente al silenzio dove quel tintinnio diventi assordante rintocco."
(Edo Notarloberti)
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Passiamo ora al tuo lavoro solista: da quanti anni erano in cantiere le canzoni che sarebbero poi andate a comporre "Silent Prayers" e quali sono le motivazioni e le ispirazioni che stanno alla base di esse e dell'intero progetto?
"'Silent Prayers' è nato per caso. Quando aprii il myspace non pensavo che i pezzi che misi potessero destare interesse. Da allora maturai l'idea di fare un disco solista. Recuperai vecchie idee e ne creai delle nuove, e nell'arco di oltre un anno di lavorazione il disco prese l'unità che ha ora. Posso dire che la traccia 'zero' del disco è 'Maria And The Violin's String', che si trova nel disco degli Ashram. È da lì che è nato l'impulso di fare pezzi miei."
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Alcuni artisti avranno probabilmente influenzato le canzoni del tuo disco, forse inconsciamente...
"Senza Ashram non ci sarebbe stato mai 'Silent Prayers'. Tutto qui."
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"Silent Prayers" è sicuramente un titolo carico di aspetti mistici ed evocativi. Quali sono le preghiere che hai voluto innalzare con la tua musica?
"Il titolo del disco prende spunto dalla song 'Silent Prayer', un'Ave Maria sull'Olocausto il cui testo è stato scritto da Carla Visone. Dal pathos e dalla forza di quel testo trovano unità tutti i pezzi. Le preghiere sono rivolte all'anima, all'amore, alla tristezza, alla malinconia, alla fine di una storia. Sono preghiere che si svincolano dal significato 'cattolico' di invocazione ed assumono un significato più intimo ed assoluto di edificio emotivo alla fragilità."
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Quali emozioni hai voluto infondere nei tuoi brani? Molti di essi sembrano evidenziare stati d'animo malinconici ("Marianna Y La Melancholia") e sognanti ("Mon Rêve Le 31 Mars")...
"Sì, la malinconia personale ha seguito gran parte della costruzione musicale del disco ed è rimasta impregnata tra le note. Malinconia e forza emotiva mi auguro traspaiano nel disco e possano trovare riscontro nel vibrare dell'anima di chi l'ascolta."
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"Mon Rêve Le 31 Mars" si riferisce forse ad un episodio in particolare?
"Lascio rispondere Martina, che è l'autrice principale del pezzo e del testo: 'È il giorno in cui ho iniziato ad essere la persona più felice del mondo, perché avevo conosciuto una persona che era in grado di farmi stare bene. La canzone è stata scritta nel momento in cui questa persona se n'è andata via.'."
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Per i testi dei brani cantati hai scelto di utilizzare diverse lingue, ma tra questi non c'è nemmeno uno in lingua italiana. Come mai hai optato per questa scelta?
"Ho scelto di utilizzare l'inglese (tranne nell'ultimo brano in francese) affinché il disco fosse localmente più 'morbido'. Reputo l'italiano una lingua con tantissime sfumature in più di quella inglese, che personalmente reputo più 'pratica' che 'espressiva', ma a discapito della variegata tavolozza di colori l'italiano cantato risulta più spigoloso. È stata una scelta stilistica. L'ultimo brano è stato registrato anche in inglese, ma la bellezza, il colore e la morbidezza di tale lingua che si abbinava perfettamente al colore del testo ha determinato la preferenza per la versione in francese."
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Data la presenza nel disco di altri due musicisti e di due cantanti ed all'importante ruolo che essi hanno rivestito nell'esecuzione dei pezzi, possiamo considerare il tuo progetto solista alla stregua di un vero e proprio ensemble? Ti andrebbe di presentarci i tuoi collaboratori?
"Sì, lo è, vista la natura delle collaborazioni: Valentina Del Giudice oltre a regalarmi la sua sublime voce è stata coautrice di alcuni brani, Martina Mollo ha scritto quasi interamente 'Mon Rêve Le 31 Mars', Carla Visone ha scritto il testo di 'Silent Prayer' e Marianna Ventrone ha scritto il testo di 'Preludio On My Skin'. Valentina vive in Francia ed ha un suo progetto solista chiamato Judie, meraviglioso, troverete il link sul mio myspace. Martina è la vera 'colonna' del progetto, sia dal punto di vista esecutivo che dal punto di vista emotivo. Se posso dire che dietro Silent Prayers ci sia un 'gruppo', allora quel gruppo è formato da me e Martina. Inoltre la sua giovane età (17 anni) ed il suo piglio e la sua bravura sul pianoforte delineano già i contorni di una grande artista. Carla, con il suo entusiasmo e la sua sensibilità, ha dato voce alla mia idea di comporre un'Ave Maria sull'Olocausto. Ha seguito tutto l'iter del disco e dei suoi consigli e della sua passione il disco stesso ne è impregnato. Il testo di 'Silent Prayer', poi, risuona come una campana a destare le coscienze di tutti."
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Hai già cominciato a stendere delle idee per un eventuale prossimo album? Che direzione prenderà nel futuro più prossimo la musica di Edo Notarloberti?
"Sì, ci sono nuove idee. L'utopia è quella di fare un disco che sia manifesto dello stile neoromantico. Se tutto procederà come credo (sono soltanto all'inizio), sarà un Requiem su testo di Tommaso da Celano."
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Oltre a comporre le musiche di questo album, ti sei anche occupato della sua realizzazione grafica; la copertina ci mostra, infatti, un tuo interessante dipinto. Vorresti parlarci di questa tua altra passione?
"In realtà il quadro 'La locanda' ispirato al romanzo di Baricco 'Oceano Mare', al quale sono legato profondamente, è il mio primo dipinto... Il rilassamento che mi ha portato il dipingere quel quadro, il favore inaspettato che ha trovato tra gli amici e gli esperti e la corrispondenza perfetta tra i suoi colori e il clima del disco mi fecero pensare che potesse essere la copertina ideale. Più che una passione, il dipingere è un esercizio di rilassamento totale e di trasfigurazione."
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Ci sarà modo di ascoltare le canzoni di "Silent Prayers" dal vivo?
"Mi auguro davvero di sì. Purtroppo la situazione live nel nostro Paese, soprattutto per la musica come la mia, è davvero catastrofica. Mi auguro di trovare persone interessate a promuovere live il mio disco. Grazie a Riccardo Prencipe ho già avuto la possibilità sperimentare l'esperienza live all'apertura di alcuni suoi concerti. Credo che la dimensione live sia sempre quella più consona a qualsiasi musicista. Mi auguro davvero di poter far vivere anche nei concerti il mio disco."
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Quali obbiettivi ti sei prefissato di raggiungere attraverso la tua opera?
"Un'unità di stile, la trasmissione di emozioni."
"La musica che passa per radio è davvero di bassissimo livello e quello che arriva alle orecchie delle persone è il surrogato di tutto ciò che di artistico non è. La musica indipendente è la vera salvezza, in questo internet potrebbe dare ad essa una mano: non essendo ancora monopolizzato, potrebbe essere un buon viatico per la musica 'sotterranea'... Consiglio a tutti di chiudere la radio, togliere i cavi dell'antenna dalla televisione e cominciare ad aprire orecchie ed occhi. Capire di essere in un gregge è ancor più importante di sfuggirne..."
(Edo Notarloberti)
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In un periodo in cui anche in Italia qualcosa sembra muoversi, almeno a livello di band ed artisti, cosa ne pensi dell'attuale scena del nostro paese?
"Sono molto perplesso, guardo alla scena della musica italiana come ad una scena molto decaduta. La musica che passa per radio è davvero di bassissimo livello e quello che arriva alle orecchie delle persone è il surrogato di tutto ciò che di artistico non è (salvando la pace di qualche rarissima perla che sfugge alle strette maglie della legge di mercato). La musica indipendente è la vera salvezza, in questo internet potrebbe dare ad essa una mano: non essendo ancora monopolizzato, potrebbe essere un buon viatico per la musica 'sotterranea'... Consiglio a tutti di chiudere la radio o sintonizzarla sui primi tre canali della Rai (Radio Uno, Due e Tre), togliere i cavi dell'antenna dalla televisione e cominciare ad aprire orecchie ed occhi. Capire di essere in un gregge è ancor più importante di sfuggirne..."
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Per concludere, lasciaci con una riflessione sull'artista nella società moderna. Che cosa significa essere un musicista in un mondo che viaggia a velocità quasi insostenibili e non ha (quasi) più voglia di soffermarsi a cogliere la bellezza delle piccole cose?
"Credo che la società moderna sia, a differenza che in altre epoche storiche, non più predisposta ad accettare l'artista in quanto tale. Il livello della recettività dell'arte è ai minimi storici, e l'artista ha una platea di ascoltatori superficiali e poco disposti ad approfondire qualsiasi discorso vada oltre l'esteriorità. In questo deserto culturale ed emotivo si muove l'artista che, poco attento al riscontro della sua opera, si dedica alla ricerca di un linguaggio consono alla propria sensibilità dando vita a forme espressive nuove ed a quelle alte vette espressive che sono proprie dei geni assoluti che, appunto, associano nuove forme a nuove frontiere espressive. In questo mondo non più adeguato ad accogliere eventuali 'geni' credo, dunque, che si possano ancora aprire le orecchie per ascoltare il fragilissimo tintinnio di campanellini di pura arte dove attingere boccate di ossigeno vitale... Restiamo in attesa che questo mondo in esplosione esploda e ritorni finalmente al silenzio dove quel tintinnio diventi assordante rintocco."
http://www.myspace.com/edonotarloberti
http://www.arkrecords.net/