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25-03-2008
SPECTRA*PARIS
In passerella tra ghiaccio e luce
di Roberto Alessandro Filippozzi
Sicuramente arriviamo per ultimi con la nostra intervista ad Elena Alice Fossi per il suo nuovo (e ormai già ben noto) progetto SPECTRA*paris, ma poco importa... Le positive recensioni riscosse dall'ammirevole debut "Dead Models Society" sono state pubblicate da un pezzo (inclusa la nostra), ed idem dicasi per le relative interviste, apparse su diverse testate del panorama nazionale. Si potrebbe pensare che tutto sia già stato detto a proposito di un disco che ha raccolto meritatamente ampi consensi e che ormai è diventato un oggetto noto nel panorama 'dark' italiano, e forse è proprio così, ma avevamo anche noi qualcosa da chiedere ad Elena, ammaliante chanteuse la cui sensuale, vellutata, elegante e graffiante voce è divenuta uno dei trademark degli inossidabili Kirlian Camera e la cui presenza scenica conosce poche rivali nel medesimo ambito female-fronted internazionale. Le sorti dei Siderartica, si sa, sono giunte al termine proprio per lasciar uscire allo scoperto questa nuova creatura, SPECTRA*paris, progetto tutto al femminile dove ancora una volta la forte personalità di Elena emerge con forza e con la consueta classe, ben supportata da una visione d'insieme che denota forza e coesione. Seppur in grave ritardo rispetto alla concorrenza, abbiamo deciso di rintracciare Elena per farci narrare le vicissitudini che hanno portato alla genesi di SPECTRA*paris, del relativo debutto e molto altro ancora, inclusa qualche interessante anticipazione, e la nostra affascinante interlocutrice non si è certo sottratta alla lunga trafila di domande che desideravamo porle, rispondendo ad ognuna di esse con la consueta schiettezza, in totale onestà e senza peli sulla lingua: ecco cosa ci ha raccontato in questa piacevolissima chiacchierata...
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Partiamo dall'inizio, seppur con una domanda che ti avranno già posto un milione di volte: perché hai posto fine, dopo due lavori molto ben accolti, al progetto Siderartica?
"Siderartica è stato un momento importante per me, un momento in cui ho impugnato di mia mano una situazione 'grande', dalla composizione dei brani, ai mixaggi, alla produzione: tutte cose a cui mi ero appassionata nel tempo, ma che non avevo mai diretto in prima persona. Non è per infedeltà che ho abbandonato il progetto; il fatto è che mi sentivo scoppiare dentro una specie di mostro glam-rock, che in Siderartica sarebbe stato ingiusto e stonato. Per non tradire una cosa importante si deve riuscire a chiudere senza voltare le spalle."
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Ora il tuo nuovo progetto è SPECTRA*paris: quali ragioni ti hanno spinta a dar vita a questa nuova band, ed in che misura la nascita di SPECTRA*paris è implicata nella prematura fine di Siderartica?
"Stavo lavorando sul terzo album (allora pensavo) di Siderartica, quando mi sono accorta che le mie idee non avevano più i colori e i suoni predestinati a questo. Allora ho deciso di aprire un nuovo capitolo, ed ho avuto paura. Sentivo che avrei potuto sciupare quello che con fatica avevo fatto e, allo stesso tempo, avevo un forte desiderio di reiniziare da capo, in un nuovo progetto, dove tutto ciò che con Siderartica avevo imparato potesse essere messo a disposizione, anche se svolto in modo differente. Ho sentito nascere in me un bisogno di ritmo, una rabbia che potesse uscire allo scoperto, senza freni. Rabbia e ironia, perché sono stufa della tristezza gratuita e manifesta che ci viene offerta in piumatissime confezioni gotiche d'accatto, perché sento la morte vera accanto a me e non ho bisogno di raccontarla vestita da cadavere, perché a volte sento scoppiarmi l'anima di dolore e il nero che mi avvolge deve contenere in sé luce brillante."
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A differenza di Siderartica, SPECTRA*paris è una band tutta al femminile: presumendo che si tratti non di una coincidenza ma di una scelta ben precisa, quali ragioni ti hanno spinta a creare una band di sole donne? Forse la volontà di mantenere una visione d'insieme completamente femminile per il tuo nuovo progetto artistico?
"Nel momento in cui ho voluto azzardare dei cambiamenti, creare una band tutta al femminile doveva costituire una grande novità, e lo è stato davvero per me, dato che difficilmente ho dovuto rapportarmi con altre entità del mio stesso sesso prima d'ora. E poi, guidare questo progetto con tutte ragazze, perlopiù professioniste, al mio fianco è, oltre che una soddisfazione e un divertimento, anche una piccola sfida in una società dove, per antonomasia, gli uomini hanno le palle e le donne un bel culo!"
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Veniamo al nome da voi scelto, SPECTRA*paris, davvero curioso: quell'asterisco potrebbe infatti celare una 'L', il che renderebbe 'spettrale' la vostra Parigi... ma quali significati si legano al nome prescelto, in verità? E la scelta di Parigi è forse dovuta al fatto che la capitale francese è anche un punto fermo nel mondo della moda e delle sfilate?
"Parigi è la città dove tutte le nostre storie di sangue e fashion prendono forma. È una delle più importanti capitali della moda, quindi ha il giusto fascino e il glamour che serve, ma, soprattutto, la nostra Parigi è davvero spettrale. SPECTRA*paris miete le sue vittime in una notte nebbiosa, senza luna, dove spie con tacchi alti e alieni robotici si scambiano informazioni e... omicidi!"
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Vi presentate anche come 'Young Ladies Homicide Club', definizione accattivante che sembra celare una certa ironia 'noir' evidente nel vostro lavoro... ma cos'è, nella tua mente, lo 'Young Ladies Homicide Club'?
"Al club delle giovani donne omicide si raccontano, per 11 notti all'anno, brevi storie noir, dove carnefici e vittime si mescolano in una conscia ambiguità che non permette all'ascoltatore di assolvere né condannare. È aperto a chi possa intuire una maggiore angolazione di pensiero, a chi riesca a non limitarsi al bene e al male. Oltre le cortine di sangue..."
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Musicalmente parlando, l'impressione è che SPECTRA*paris sia un progetto maggiormente orientato verso un electro-glam-pop molto accattivante (vedi episodi come "Spectra Murder Show", "Glittering Bullet" e "Lucky City Oversight"), a differenza delle più sensuali e vellutate atmosfere dei Siderartica: quali motivazioni ti hanno spinta in questa direzione?
"La voglia di energizzare i pezzi in un contesto non del tutto alieno a Siderartica, ma sicuramente più grintoso. Non a caso, ho voluto inserire chitarre e basso elettrici, per donare ai brani una dinamica e un'energia nuove."
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Abbiamo nominato il termine 'glam', applicabile a SPECTRA*paris nell'accezione più attuale del 'glamour'. Sembrate tuttavia più 'giocare' con questo termine che sfruttarlo a fini commerciali, quasi come se foste impegnate in un'ironica e cinica allegoria del mondo 'glamour'... Qual è la verità, e cosa significa la parola 'glamour' per Elena Alice Fossi?
"SPECTRA*paris si ferma davanti ad un necrologio con sarcasmo ed è attratta dal fascino di un funerale sontuoso. Sa che la bellezza del dolore è l'unica via possibile in una vita che è preda degli istinti più biechi, e quindi si prepara ai festeggiamenti munita di un buon make-up e tacchi vertiginosi. Glamour cinico, per esorcizzare ogni fonte di... brutta luce!"
"Ho sentito nascere in me un bisogno di ritmo, una rabbia che potesse uscire allo scoperto, senza freni. Rabbia e ironia, perché sono stufa della tristezza gratuita e manifesta che ci viene offerta in piumatissime confezioni gotiche d'accatto, perché sento la morte vera accanto a me e non ho bisogno di raccontarla vestita da cadavere, perché a volte sento scoppiarmi l'anima di dolore e il nero che mi avvolge deve contenere in sé luce brillante."
(Elena Alice Fossi)
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La maggiore sensualità che avvolgeva i brani dei Siderartica sembra comunque non essere affatto svanita in SPECTRA*paris, ma semmai è stata riletta in chiave differente: come stanno effettivamente le cose?
"Non devo essere io a dirlo. Ma se una sorta di sensibilità sensuale affiora, allora vuol dire che SPECTRA*paris sta funzionando!"
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L'album non manca di evidenziare anche talune forti venature rock: quanto c'è di rock nel tuo personale background, e cos'è per te 'rock' in tempi in cui, dopo Celentano, tale termine è divenuto per molti un mero aggettivo?
"Quando ero abbastanza piccola, mi piaceva Janis Joplin per la sua tristezza e la sua voce roca. Lei la trovavo rock, perché sembrava essere incurante di cosa è giusto o di cosa è sbagliato nella musica e, forse, anche nella società, ma mi colpiva il modo in cui il suo dolore trasmigrava verso l'ascoltatore per via diretta. Essere rock non è solo urlare o essere 'ganzi'. Penso da sempre che voglia dire saper essere adeguati a sé stessi, noncuranti del parere della collettività, credere fortemente in un ideale a costo di stare spesso e volentieri fuori dal coro, un'accettazione del non piacere per forza a tutti gli altri ed esserne sobriamente orgogliosi. Questo non è però da intendere come un fregarsene di ciò che ci circonda, ma vuol dire essere in grado di sbattere ovunque con la consapevolezza che rialzarsi da soli è un dovere enorme."
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Scendendo un po' più nello specifico della line-up, ci puoi presentare le ragazze che ti accompagnano in questa nuova avventura parlandoci anche del loro background?
"Le ragazze che ruoteranno attorno a SPECTRA*paris alternandosi nel corso dei live sono cinque, tutte per lo più professioniste. La prima che voglio presentare è Dalila Bianco, violinista napoletana trapiantata a Milano, dove lavora come tecnico del suono in uno studio di registrazione. Attualmente si sta anche occupando di un suo personale progetto, M-Y-A, a carattere electro e di ispirazione Depeche Mode/Massive Attack. Marianna Alfieri, bassista e chitarrista anche con i Dark Lunacy, band metal che ha alle spalle diversi album e tour. Cristina Restani, chitarrista ritmica, anche lei di estrazione metal. Alessia Cavalieri, tastierista e seconda voce, proveniente dai Pay Travel Advance, gruppo pop-rock con un album all'attivo uscito per Ausfahrt, e Cinzia Azzali, con sporadiche apparizioni alla batteria elettronica e cori. C'è poi la veterana Gloria Messina, che ci segue come personal manager cattivissima e che usiamo per far sbranare promoters ingombranti e ladri vari!"
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Musiche e testi, salvo alcune eccezioni, sono esclusivamente opera tua: hai deliberatamente mantenuto il pieno controllo sulla tua band, preferendo avvalerti di altro personale solamente per quanto concerne l'esecuzione materiale? Pensi di coinvolgere anche le altre ragazze nel songwriting coi lavori futuri, oppure manterrai questo assetto?
"Non è detto che in futuro non possa essere possibile qualche coinvolgimento più stretto anche per la composizione in studio. Non ci sono regole da rispettare, né tantomeno forzature preposte, se qualcuno sa tirare fuori dal cilindro magico brani belli!"
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La prima cosa che emerge dalle tue nuove canzoni è la forte personalità che ormai ti caratterizza, e personalmente ritengo che sia questa l'arma in più a tua disposizione in un panorama troppo attento a spremere il trend del momento come un limone: quanto ti è costato, in termini di lavoro e dedizione, giungere a questo risultato, e quale importanza ha per te aver conseguito questo traguardo?
"Questo è molto bello. Grazie! Lavorare sodo non è un problema, ma una fortuna. Significa avere cose da dire e tenere all'attenzione di chi ti ascolta. E chi ha voglia di ascoltarmi si merita quantomeno di non essere preso per il culo. Non demonizzo una certa cura dell'immagine. È bello rappresentarsi interamente per ciò che si vuole trasmettere, ma è un peccato farlo senza materia prima. Le nostre vite sembrano muri ricoperti di cartelloni pubblicitari. Oggi il nulla costa caro, ma ci fanno credere che comprarlo sia un grande affare! A me piace affilare le mie armi per inventare canzoni col fine di far uscire un po' di sangue dal cuore della gente... Sì, è questo che voglio..."
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Addentrandoci nei contenuti del disco, vorremmo partire dal titolo scelto per esso, "Dead Models Society", che pare un'allegoria del celebre film "Dead Poets Society" (noto in Italia come "L'Attimo Fuggente"): quali concetti di fondo di celano dietro ad esso, ed in che modo hai inteso (se è così) creare l'allegoria col celebre film di cui sopra?
"Non ho pensato mai al film che citi in termini di influenza reale, anche se adesso posso io per prima riscontrare un concetto parallelo, quello della piccola cerchia di prescelti. In SPECTRA*paris la società intesa come club per pochi aspiranti è un punto fermo, in particolar modo esplicato attraverso questo primo album. La società delle modelle morte è già di per sé un concetto di appartenenza, una casta chiusa, estranea alla logica del mondo e... indiavolata!"
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Esiste un concept di fondo che unisce effettivamente le liriche delle canzoni di "Dead Models Society", e quanto il testo "Spectra Murder Show" può essere visto come una sorta di ironico manifesto della visione d'insieme di SPECTRA*paris?
"L'album è strutturato come una specie di reality show funerario, in cui alla fine ogni brano ha le sembianze di un party finito male. Infatti include brevi storie noir ambientate tra le più alte passerelle, in cui le protagoniste si dividono in vittime e carnefici. Il concetto base è quello di vari episodi di morte, perlopiù omicidi, e l'ascoltatore si trova ad assistervi in tempo reale. 'Spectra Murder Show' ne è l'esempio più palese. Qui delle magnifiche modelle-robot, guidate da una 'differentemente buona' personalità nascosta dietro le quinte, persuadono e dilettano il pubblico con sguardi incandescenti e abiti mozzafiato. L'ultima a sfilare disturberà lo spettacolo, dando vita ad un nuovo ed ancor più eccitante show. E quando quelli in prima fila vedranno una luccicante colt rivolta ad essi contro, i loro sguardi divertiti si animeranno di uno stupore nuovo, pieno di terrore e panico."
"Mi sono chiesta come cavolo possa vivere una 'barbie', sempre avvolta in bustini strettissimi, con trucco pesante e tacchi alti tutto il giorno, sorridere sempre e ovunque con quei denti perfetti! Ma la risposta è a un passo da noi: c'è davvero così tanta differenza dalla nostra vita? Non siamo forse noi quelli costretti ad indossare un travestimento per ogni occasione?"
(Elena Alice Fossi)
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Testi come quelli di "Size Zero" e "Frozen Night" fanno pensare ad una visione critica ed al contempo malinconica del mondo fashion: qual è la verità?
"Sia in 'Size Zero' che in 'Frozen Night' la morte suona come una liberazione da una maschera, solo che nel primo caso si tratta di un omicidio, mentre nel secondo si assiste al suicidio di una bellissima, ma molto triste modella famosa. Inizialmente mi sono chiesta come cavolo possa vivere una 'barbie', sempre avvolta in bustini strettissimi, con trucco pesante e tacchi alti tutto il giorno, sorridere sempre e ovunque con quei denti perfetti! Ma la risposta è a un passo da noi: c'è davvero così tanta differenza dalla nostra vita? Non siamo forse noi (una massa di barbies) quelli costretti ad indossare un travestimento per ogni occasione?"
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Il testo di "Glittering Bullet", invece, sembra riferirsi ai nostri tempi, in cui la bellezza è sfruttata e spremuta all'inverosimile, al punto da risultare svuotata del vero fascino: qual è la tua verità al riguardo?
"'Glittering Bullet' è un manifesto surreale di coscienza nuova. Nel momento in cui una delle due protagoniste della storia riceve una pallottola sulla testa, sente una irresistibile attrazione verso la sua assassina - l'altra protagonista - quasi come se fosse stata alla ricerca di quel tipo di bellezza fino a quel momento. Realizza che la sua vita sarebbe dovuta essere un'altra ed ha la sensazione di potersi guardare allo specchio per la prima volta. Mentre muore, rivede tutta la sua esistenza come in uno strano flashback, dal sapore metafisico, non tangibile, ed è come se l'affascinante figura che si trova davanti a lei con una pistola in mano possa finalmente renderle la gioia che non aveva, fino a quel momento, potuto conoscere."
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Abbiamo detto come la bellezza sia oggi sfruttata e spremuta fino all'inverosimile, ed è così anche in campo musicale, non neghiamocelo. Non neghiamoci però neppure il fatto che voi siete quattro donne indubbiamente belle, e se da un lato ciò vi permetterà di godere di maggiori attenzioni, d'altro canto non mancheranno i detrattori, che vi bolleranno come 'tutta immagine' interpretando in modo errato il vostro modo di sfruttare il lato prettamente estetico, che certamente è lontano dalle 'chiappe roteanti' che spopolano su MTV. Al fine di mettere subito a tacere certe voci insinuanti, vorrei chiederti che ruolo gioca la bellezza in SPECTRA*paris e come avete inteso farne un'arma a vostro vantaggio.
"SPECTRA*paris prende le sembianze di 4 o 5 ragazze che non hanno nessuna voglia di rimanere incastrate in schemi sociali logori e triti come vecchie ciabatte. Quindi è lieta di mostrare la propria femminilità con esuberanza e gambe ben depilate, evitando di nascondersi dietro paranoici e scontati virtuosismi d'accatto per far vedere quanto anche le donne sono brave - per quello dovete rivolgervi alla biglietteria del circo all'angolo! È invece orientato verso un pubblico evoluto e scevro da inutili e consumati atteggiamenti sessisti, che abbia voglia di divertirsi e sentire qualche fremito. È importante ricordare, però, che nel momento in cui la bellezza svanisce, l'appello al talento diventa fondamentale. Riuscire a funzionare allora sarà la vera vittoria. Morire con le proprie rughe avrà la valenza di un malfunzionamento del nostro ingranaggio. Lancio una sfida..."
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Tornando alle canzoni dell'album, nel complimentarmi per la piena riuscita della cover di "Mad World" dei Tears For Fears vorrei chiederti cosa ha determinato proprio la scelta di quel brano, il cui testo così forte ha avuto un grande impatto anche nella pellicola "Donnie Darko"...
"Sì, 'Mad World' è a mio avviso una delle più belle canzoni composte dai Tears For Fears, e personalmente ho apprezzato molto anche la versione che fa parte della colonna sonora di 'Donnie Darko', davvero adatta all'atmosfera del film. Perché io l'ho scelta? Intanto perché trovo che ci sia un rapporto/nesso manifesto per quanto riguarda la visione del mondo, pazzo, ma con una sorta di surreale tristezza, e soprattutto perché su questo pezzo sentivo di poter far nascere un connubio tra crescendo ritmico, malinconia trasognata e, quel che mi piace di più, una visione kraftwerkiana creata dall'uso sporadico, per tutta la durata del brano, di vocoder robotici."
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Rimanendo in tema di testi, ho notato come elementi quali ghiaccio e luce siano sempre ben presenti in ciò che scrivi: ma cosa rappresentano davvero 'ghiaccio' e 'luce' per Elena Alice Fossi?
"Ghiaccio e luce sono l'essenza stessa di un'esistenza pura e mai mortificante. La poesia di un impero indissolubile fatto di razionalità che si fonda con l'infinito. Il ghiaccio è la chiave per non diventare buonista, cioè buono per ipocrita occorrenza, non per scelta e gratuitamente, e la luce attraversa le barriere della vista, va oltre ciò che si può vedere con gli occhi, appartiene all'immaterialità, rende possibile incontrare la bellezza senza confini, attraverso una gioia indicibile, sicura, perché guidata da un concetto logico e saldo e non dall'istinto di un animale in calore..."
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Uno dei momenti più alti del disco è senza dubbio "Size Zero", sofferta perla nella quale sei stata coadiuvata dai romani Dope Stars Inc.: come è nata la collaborazione con la band capitolina per questo brano, e come si è sviluppata?
"Grazie a qualche piccolissimo contatto precedente con i Dope Stars Inc. avevo già avuto modo di capire che lavorano bene e seriamente. Così ho proposto loro di curare insieme un brano inedito per il mio nuovo progetto, e nel giro di poco tempo avevo la base giusta su cui lavorare. È stato molto semplice per me arrangiarci una melodia e un testo perché Victor mi aveva mandato una base ben armonizzata, dove aggiungere solo pochi ritocchi personali, oltre alle voci. Quindi il tutto si è svolto con la massima soddisfazione da parte mia!"
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Abbiamo accennato più volte ai Siderartica, e su "Dead Models Society" hai inteso riprendere "Lucky Village's Oversight", trasformandola in "Lucy City Oversight": perché questa scelta, e come hai lavorato per adattare il brano al resto del materiale?
"'Lucy Village's Oversight' è stato uno degli ultimi capitoli di Siderartica, quindi, a mio avviso, era già nella fase di cambiamento. Mi sembrava ingiusto e illogico non farlo riapparire in un contesto che io ho creduto più adatto per questo, e l'ho ribattezzato 'Lucy City Oversight' perché apparisse più urbano e, di conseguenza, più intonato al resto dell'album."
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Un altro momento di spicco è senza dubbio la bonus-track "Falsos Sueños", brano degli argentini Punto Omega che tu già cantasti in origine, qui riproposto in un gustoso remix: cosa ricordi di quella collaborazione, e come hai lavorato per cimentarti così bene con lo spagnolo? Gente di madrelingua mi dice che sei stata molto brava...
"Loro mi hanno mandato una base musicale e un testo, ed io ci ho arrangiato una melodia nella maniera di un 'playmobil'. È stato divertente provare a cantare in una lingua per me aliena. All'inizio mi sembrava di giocare, come quando verso i 3, 4 anni cantavo tutto ciò che sentivo per radio inventandomi completamente le parole, che si trasformavano in imbarazzanti quanto ridicole scansioni sillabiche! Sono felice di non aver conseguito lo stesso risultato di allora..."
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Nonostante si tratti del tuo primo album come SPECTRA*paris, è noto che sei tutt'altro che una 'newcomer': quanto è stato importante l'accumulo di esperienza con i Kirlian Camera nella messa in atto delle tue velleità artistiche più recondite e personali?
"È stato fondamentale. Dai miei esordi ho sempre cercato di arrangiarmi nella composizione e nel mixaggio dei pezzi, ma, purtroppo, allora non sapevo che dietro al lavoro musicale 'grezzo' c'è tutto un discorso sulla 'carrozzeria'... Imparare a gestire una produzione artistica nell'insieme è di vitale importanza. In questo senso ho trovato in Angelo Bergamini un insegnante incredibilmente strepitoso. Ah, ti prendi te la colpa per questa smanceria che mi hai fatto scappare dalla bocca, giusto?!?"
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Ben volentieri, ha ha! Come per le ultime prove dei Kirlian Camera, anche il disco di SPECTRA*paris è uscito per la titolata Trisol: sei soddisfatta del lavoro da loro svolto, oppure - come mi è parso di capire riguardo ai Kirlian Camera - il vostro rapporto di lavoro è già logoro?
"A dispetto del fatto che questo mio primo album ha ricevuto critiche veramente positive sia da parte della stampa, sia da parte del pubblico e discrete offerte dal punto di vista promozionale e di concerti, devo ammettere di non essere per nulla soddisfatta del lavoro della mia stessa casa discografica. Se da un lato preferirei non parlarne pubblicamente, d'altra parte è tempo che le band tirino fuori gli artigli verso coloro che fanno della loro musica... bieca vendita di popcorn. Spesso i musicisti si vedono buttar via una loro produzione solo perché è stata gestita in malo modo dall'etichetta che la possiede, e questo mi manda più in bestia del ladrocinio che attuano sulla tua... brrrrr... 'merce'!"
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Venendo alla veste grafica dell'album, ho molto apprezzato gli 'young ladies homicide comics': quali concetti intendi esprimere con le immagini da te create? Si tratta di una forma d'espressione che intendi esplorare maggiormente in futuro?
"Il mio lavoro è nato nel senso più stretto del dark. Però sento subito un'oppressione e una ristretta visione del campo se mi limito a 'pensare nero'. L'intenzione delle mie grafiche fumettate è poter parlare con cinismo, senza che il tutto venga preso troppo seriamente. Avere voglia di scherzare col sangue è pur sempre lecito, se, volendo poi indagare meglio su quello che ci sta dietro, si capisce facilmente che il fulcro di tutto questo è non dare giudizi affrettati su situazioni sociali che non si conoscono/capiscono bene. Comunque, per come mi sono divertita a fare quei trabiccoli, sì, c'è la possibilità, cioè il rischio, che non finisca qua!"
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Sul booklet c'è scritto che il disco è stato registrato nel 1958 durante le riprese per "Vertigo": per quale motivo hai inteso rendere omaggio proprio a quel film, e come si ricollega il concept di SPECTRA*paris col film di Hitchcock?
"'Vertigo' è solo un pretesto per indicare appunto Hitchcock, tutto il suo cinema. È un po' il lato retrò-noir di SPECTRA*paris, a cui piace pensare a certe atmosfere hitchcockiane che, tra l'altro, spesso non erano prive di glamour, oltre che di famoso 'humour'. Provo a portarle comunque avanti nel tempo, a fonderle con un immaginario più futuribile, anche se il bianco e nero si addice a ciò che parzialmente è SPECTRA*paris e si può anche sposare a certe cose di Helmut Newton, cambiando campo."
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A proposito di grandi e piccoli schermi, credo che un videoclip sarebbe il degno complemento visivo per il potenziale di SPECTRA*paris: c'è in cantiere nulla del genere, e quanto ritieni importante realizzare un buon clip in tempi di YouTube? Mi capita spesso di pensare che SPECTRA*paris potrebbero rendere più efficace quello che ha fatto di recente (seppur in maniera ancora troppo patinata) Kylie Minogue col singolo/videoclip "2 Hearts"...
"Spesso immagino di fare dei clip, e se n'è parlato anche recentemente con la probabile nuova label. Vediamo se è il caso. A me non dispiacerebbe, ripeto, ma c'è da fare il lavaggio del cervello a molti videomakers che campano di ovvietà e non vogliono allontanarsi dalle solite iconografie, immaginari stereotipati, simbolismi triti... Allora preferisco registrare un live in modo professionale. E proprio in quella direzione si dovrebbe operare il prossimo anno. Si parla di un DVD che documenti la futura tournée."
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Sembra esserci parecchio interesse ed entusiasmo qui in Italia nei confronti del tuo nuovo progetto, al punto che i vecchi detrattori sembrano spariti e che persino una rivista metal come Flash vi ha messe in copertina: com'è il feedback generale ed il tuo umore al riguardo?
"Gli italiani sono stati, al contrario di quello che si può pensare, effettivamente entusiasti! E, con loro, anche americani, inglesi, francesi e tedeschi si sono espressi molto positivamente riguardo a questo mio primo album. Ne sono decisamente felice e, ad essere sincera, anche un po' spaventata. Ma la paura mi aiuta a riflettere e dà fantastici impulsi nervosi...! Ho già voglia di iniziare il secondo!"
"Ghiaccio e luce sono l'essenza stessa di un'esistenza pura e mai mortificante. La poesia di un impero indissolubile fatto di razionalità che si fonda con l'infinito. Il ghiaccio è la chiave per non diventare buonista, cioè buono per ipocrita occorrenza, e la luce attraversa le barriere della vista, appartiene all'immaterialità, rende possibile incontrare la bellezza senza confini, attraverso una gioia indicibile, sicura, perché guidata da un concetto logico e saldo e non dall'istinto di un animale in calore..."
(Elena Alice Fossi)
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Immagino che presto l'attività live di SPECTRA*paris si intensificherà: che puoi dirci al riguardo, e quali altri progetti sono in cantiere per SPECTRA*paris?
"Intanto ci stiamo preparando per alcuni festival come il WGT di Lipsia, il Gothic Festival in Belgio, il Summer Darkness Festival in Olanda, l'Amphi Festival a Colonia e, nell'attesa, ci esibiremo in Francia (mi sembra giusto!), in un FNAC, e sarà la nostra prima volta, la nostra vera prova generale! Poi, dovrebbe concretizzarsi l'idea di un tour, perché se ne parla già da un po': tutto sta nel riuscire a mettersi d'accordo con manager ed organizzatori vari, senza la necessità di dover usare armi improprie!"
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Inevitabilmente, ti chiedo lumi anche sulla situazione in casa Kirlian Camera: mi avevi accennato ad alcune novità nei mesi scorsi, ora facciamo insieme il punto della situazione rivelando cosa vi attende per il futuro...
"Ci siamo! Dopo un'odissea durata abbastanza da stressare anche una massaia rilassata e felice, sta per uscire il best-of di Kirlian Camera. Qualche pasticcio con l'etichetta ed il nostro relativo spostamento hanno frenato un po' l'operazione, ma ora ci stiamo accordando con la nostra nuova casa discografica e credo che sarà un'uscita in grande! Nel frattempo, stiamo per partire con un altro tour che ha inizio proprio in questi giorni, diciamo dal 20 marzo. Gireremo ancora un pezzo d'Europa, lieti di incontrare un pubblico che sicuramente saprà sostenere le nostre emozioni nel migliore dei modi!"
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Una domanda che ho sempre voluto farti: metteresti i Goldfrapp, soprattutto quelli dello stupendo debut "Felt Mountain", fra le tue influenze più tangibili? Più in generale, mi piacerebbe capire quali artisti hanno definitivamente cambiato la tua vita d'artista e di musicista...
"Senz'altro! Il primo album dei Goldfrapp è di una bellezza rara e quelle atmosfere non mi sono estranee. Quando accade di avere un feeling particolare con una certa logica compositiva o un particolare immaginario, è inutile rifuggirlo a tutti i costi, sarebbe come tagliarti le mani per essere più originale... stupido, no?!? Comunque, artisti che mi abbiano influenzato al punto di cambiare o interporsi nel mio stile musicale non ce ne sono, ma poi, forse, io sarei l'ultima ad accorgermene, a meno che non fosse stato un atto volontario da parte mia il rifarmi spudoratamente a qualcun altro!"
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Siamo in chiusura: dopo tanti anni spesi a dare il meglio di te stessa nel mondo della musica, cosa c'è realmente oggi al centro del tuo personale mondo?
"Nel tempo cambiano le prospettive, le idee, le informazioni che giungono dall'esterno, ed ogni volta che la composizione di un album è terminata per intraprendere una nuova strada con nuove idee, sembra di ritornare al punto di partenza come capita nel gioco dell'oca. Sicuramente arricchiti da un'esperienza nuova o capacità tirate fuori per caso da qualche vecchio cassetto mai aperto prima, ma, ancora una volta, da capo. Così, quando finalmente ho la possibilità, grande regalo, di chiudermi di nuovo nel bunker per mettere a punto idee per un nuovo album, tutto diventa magico e gli orologi da quel momento si rompono per qualche mese. E questo momento è ciò che oggi mi appartiene veramente. A questo punto finiscono le bugie che sono costretta a dire tutti i giorni della mia vita e posso vedermi scissa dalla mia ombra. Quando poi l'album sarà uscito e tutte le critiche saranno fatte e quando qualcuno azzarderà pareri, o proverà a fare allacciamenti tra le cose e qualcuno del pubblico ti dirà che, se in quel punto avessi usato una cornamusa giallo/arancio allora sì che avrebbe dato l'effetto giusto, quello non sarà più il centro del mio personale mondo, lì io avrò già finito. Sarò felice se le cose vanno bene o sconfortata dal brutto esito del mio lavoro, ma allora sarò già altrove."
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