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25-03-2019
L'AMARA
L'amara vita (dell'italico neofolker)
di Roberto Alessandro Filippozzi
Senza dubbio il più grosso scossone dato negli ultimi tempi alla scena neofolk nazionale è stato opera de L'Amara, vero e proprio supergruppo nato dalla volontà di Adriano Vincenti (Macelleria Mobile Di Mezzanotte, Cronaca Nera, Zoloft Evra etc...) e di Giovanni "Leo" Leonardi (Siegfried, Divisione Sehnsucht, Carnera etc...), le cui personalità artistiche si erano già incontrate nell'ancor giovane ma agguerrito progetto Senketsu No Night Club. Non soltanto un nuovo act da affiancare ai molti altri impegni musicali già accumulati, bensì un vero e proprio tributo all'unicità del neofolk italiano, reso possibile dai contributi di un totale di ben dodici nomi dalle aree grigio/brune del sottobosco nazionale, riunitisi per raggiungere insieme il nobile scopo sotto l'egida della SPQR di Vincenzo Auteri. Indagare oltre era d'uopo, vista la riuscita dell'album eponimo, e per l'occasione abbiamo avuto il piacere di avere sia Adriano che Giovanni quali nostri interlocutori, per parlare sia di L'Amara che dei loro altri numerosi progetti con tutta la schiettezza che li contraddistingue...
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Partiamo dalla domanda più ovvia, ma irrinunciabile: come e perché è nata l'idea di dare vita ad un progetto particolare come L'Amara?
G.L.: "Quando Adriano mi parlò per la prima volta di questo progetto, eravamo impegnati con le registrazioni di "Shikkoku", il secondo album di SNNC, ed ho pensato "porca miseria, che vulcano... finiamo questo, intanto!". E invece io e lui siamo simili, siamo sempre alla ricerca di nuovi stimoli, e abbiamo finito per portarli avanti parallelamente. Quando formai il primo nucleo dei Siegfried, ero molto attratto dall'idea di suonare neofolk, poi in realtà è sempre rimasto come influenza, ma non avevo mai inciso un album di neofolk italiano così compatto e coerente, sia a livello di ispirazioni che di suoni. Ne siamo molto orgogliosi."
A.V.: "Era da molto tempo che pensavo all'idea di creare un progetto neofolk che avesse le caratteristiche musicali, tematiche e di attitudine delle band italiane che a me piacevano, come Ain Soph, Foresta di ferro, Calle Della Morte. Cercavo persone con cui dare vita a quest'idea, il cui nome all'inizio doveva essere L'Asmara. Ho pensato subito a Giovanni perché è un grande musicista con una grande visione, e con cui attualmente potrei fare qualsiasi genere. Il secondo che contattai fu Marco Deplano, per me il migliore paroliere del genere."
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Per voi si è parlato di vera e propria "all-star band" del neofolk italiano, e con ben 12 nomi di peso della scena coinvolti, penso sia più che legittimo. Cosa vi ha spinti ad ideare un progetto così aperto, anziché mettere in piedi una vera e propria band con dinamiche più stabili e circoscritte?
G.L.: "Siamo più o meno tutti coinvolti in dinamiche di band "classiche", il nostro interesse era diverso, ovvero mettere insieme una "orchestra da osteria" a distanza che riunisse membri accomunati dalla stessa attitudine, fissare un obbiettivo e perseguirlo. È stato una sorta di esperimento artistico e non escludiamo rimpasti di formazione in futuro, come giustamente dici è un progetto aperto, in continuo divenire. Adriano è molto più bravo di me con la diplomazia e ha saputo organizzare il lavoro di gruppo come meglio non avrei saputo fare."
A.V.: "In effetti non è stato semplice mettere insieme tutte le persone coinvolte, ma è stato possibile perché in primis c'era l'idea: quella di fare un singolo album perfetto di neofolk italiano, un tributo a specifiche atmosfere più che una vera e propria band. L'esperimento è riuscito e probabilmente vi sarà un seguito a questo esordio, nel medesimo stile ma con anche attori differenti, le idee non mancano."
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Fra l'altro, sebbene quella neofolk sia sostanzialmente una scena di amici e con meno faide interne rispetto ad altre, immagino non sia stato facile mettere insieme ben dodici personalità artistiche, e nemmeno selezionarle: quali criteri avete adottato per la selezione, e quali ostacoli avete incontrato nel mettere insieme il mosaico?
A.V.: "Non sono mai stato nel giro neofolk, non avendo mai suonato il genere, anche se conosco personalmente molte persone che soprattutto all'inizio del 2000 animavano la scena italiana. Devo dire la verità: tutte le persone coinvolte in questo primo album hanno risposto positivamente e in futuro altri verranno contattati, ma sempre tra le persone che conosco."
G.L.: "Tu dici? Io non ne sono così persuaso, la scena neofolk non è poi così diversa dalle altre... certo al suo interno c'è molta gente che si stima reciprocamente, ma non è affatto immune da faide, invidie e piccole guerre intestine. Solo un lustro fa ricordo la contrapposizione tra le due grosse realtà genovesi di Ianva ed Egida Aurea. Personalmente ho cercato di tenermi alla larga da questo tipo di scaramucce, di percorrere il mio sentiero nel rispetto di tutti e di mantenere la mia integrità, ma vi fu anche chi da una parte mi tirava per la giacchetta e dall'altra mi accusava di accomodarmi sulle spalle dei giganti... francamente di queste stronzate avrei fatto volentieri a meno, ma a qualcuno piace far finta di muovere guerre, anche se in realtà lo fa soltanto su internet. A me piace guardare in faccia il mio nemico, combatterlo e vincerlo possibilmente, ma a viso aperto... qui si parla di gente adulta che gioca a fare l'agente segreto sui social, tra profili fake e screenshot di conversazioni rubate. Penso che chi ha tanto tempo da perdere nel tentativo di diffamare il prossimo, dovrebbe prendere in mano un badile o una scopa e occupare meglio le sue giornate."
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Il progetto colpisce subito già dal suo nome, L'Amara, che trasuda una profonda amarezza, appunto. Come siete arrivati a sceglierlo per questa nuova avventura musicale e a quale tipo di amarezza esso fa riferimento?
A.V.: "All'inizio avevo pensato a L'Asmara, un omaggio alla città eritrea - dove la presenza della cultura italiana è fortissima - e ad un certo periodo storico italiano al quale certo neofolk ha sempre guardato, poi però ho pensato che avrebbe suonato meglio L'Amara, nome valido per una brigata partigiana o nera, sicuramente un rimando al decennio 40-50 dell'Italia: la fine della guerra, l'inizio di nuove guerre, la voglia di riposare davanti al vino e perdersi dopo aver tanto combattuto. Un'amarezza eroica."
G.L.: "Il nome è farina del sacco di Adriano; io lo adoro perché, come tutti i nomi più efficaci, si presta a diverse interpretazioni. Ho pensato subito a "La Disperata", la Guardia del corpo personale di D'Annunzio durante la Reggenza del Carnaro. Gente di fegato e cuore come non ne costruiscono più. Successivamente diverse squadre d'azione adottarono nomi simili durante il ventennio, un po' eroici e sgangherati: La Tenace, L'Ardita, La Disperatissima... ma L'Amara trasuda nostalgia e disillusione, quel sentimento di stanchezza di vivere che penetra la carne e lo spirito, come una squadriglia disciolta dopo l'armistizio che si riunisce in osterie fumose, conficca i coltelli sotto i tavoli e attacca a suonare."
"Non è stato semplice mettere insieme tutte le persone coinvolte, ma è stato possibile perché in primis c'era l'idea: quella di fare un singolo album perfetto di neofolk italiano, un tributo a specifiche atmosfere più che una vera e propria band..."
(Adriano Vincenti)
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Il progetto è stato da voi stessi descritto come "neofolk da osteria" ed i suoi contenuti come "canzoni della malavita": se da un lato tali definizioni sono sicuramente d'aiuto per calarsi subito nel mood della vostra musica, dall'altro quale immaginario intendono evocare?
G.L.: "La definizione è calzante, poiché potremmo identificare nel seminale "Aurora" degli Ain Soph il suo conio primigenio. Nei primissimi anni '90 la band capitolina segnava un punto di svolta nella sua parabola trentennale, abbandonando il rumorismo astratto dei primi lavori per abbracciare uno stile più prettamente musicale e melodico, un mood e una produzione poco più che dilettantesca, ma capace di evocare emozioni ancora oggi vivide. Brani come "Tempi Duri", "Gli Amanti Tristi" o "Uomini Perduti" sono entrati nell'immaginario degli appassionati come la risposta italiana al neofolk mitteleuropeo di Death In June e Sol Invictus, ed è proprio a quel tipo di cuori che abbiamo mirato: canzoni ubriache strimpellate in osteria per un manipolo di reietti disillusi, di amanti feriti e di gente di malaffare, come direbbero i Calle Della Morte, un altra band che assieme a Foresta Di Ferro ha saputo rinnovare questo tipo di approccio. Uno stile profondamente italiano ed originale che non scimmiottava i grandi nomi del neofolk, ma si nutriva della tradizione cantautorale italiana."
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Come ho avuto modo di scrivere in sede di recensione, avete proiettato con piena efficacia - anche a livello di credibilità della resa audio - l'ascoltatore in un'Italia ormai andata in cui colori, profumi e sapori erano più veri, dove i "social network" erano i tavoli del bar del paese e dove il "politically correct" non andava oltre il portare rispetto agli anziani. Uno sguardo al passato carico di amarezza, poesia e malinconia: era effettivamente ciò che intendevate evocare con le vostre canzoni?
G.L.: "Abbiamo insistito molto, sia in fase di registrazione che di missaggio, sul tipo di emozioni che volevamo evocare. Grazie anche al lavoro del mio socio Yvan Battaglia, che è un ingegnere del suono di grande esperienza, credo siamo riusciti a cogliere quel tipo di mood. La storia della musica è piena di grandi dischi fatti con pochi mezzi e tante idee: molto spesso decidere di spogliarsi di inutili orpelli, in modo per così dire "francescano", si rivela la scelta vincente. Per esempio, io e Fofi abbiamo optato per chitarre classiche e microfoni di buona qualità, ma non troppo esoterici. Registrazioni il più delle volte "buona la prima", senza fissarci troppo sulle imprecisioni di esecuzione: ci siamo detti "siamo dal vivo e mezzi sbronzi, e così dobbiamo suonare"."
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Parlando del passato, credo che tutti noi abbiamo sentito almeno una volta nella vita, da persone appartenenti alla generazione precedente, di come "prima" si stesse meglio, nonostante la minor diffusione della tecnologia e tutte le altre differenze coi giorni nostri. È come se, ad ogni passaggio generazionale, qualcosa andasse irrimediabilmente perduto, generando un senso di profonda amarezza. La vedete così anche voi, ed è forse anche questa l'amarezza a cui fate riferimento?
G.L.: "Se da un lato non mi considero certo un passatista, non posso negare di subire ogni giorno il giogo della modernità. Come uomo della Tradizione, condizione alla quale in qualche modo cerco di tendere, mi ritrovo a contemplare la civiltà in rovina nell'ultima fase del Kali Yuga, ma la Tradizione non è folklore, non è feste paesane, racconti di anziani e partite a carte, bensì una condizione spirituale dell'uomo che non ha tempo perché eterna. Nel concept de L'Amara credo conviva assieme al sentimento di nostalgia, del "beautiful loser" di borgata, dannato e sconfitto dalla vita, dal peso degli amori finiti e dalla sua stessa natura."
A.V.: "Il concept che sta dietro L'Amara non ha nulla di etico, non guarda con spensieratezza al passato come luogo del meglio o del più vero. Tutte le storie raccontate nell'album hanno dei rimandi a figure maschili di uomini perduti ma che non si sono arresi, la cornice storica è quella più vicina all'Italia del cinema neorealista, ma è una scelta poetica e stilistica in pieno stile neofolk italiano."
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Ciò che colpisce della vostra proposta è la sua genuinità, attraverso la quale si percepisce come in questo lavoro ci abbiate messo il proverbiale binomio "lacrime e sangue": pensate sia stata questa la chiave della riuscita dell'operazione?
G.L.: "Grazie, mi fa piacere che si senta il cuore che ogni componente ha saputo donare a questo progetto, ma da solo non sarebbe bastato. Senza la professionalità e il talento certe cose non si realizzano, restano idee senza azione, e come tali non hanno alcuna rilevanza. Voglio dire, senza il contributo di Simone Poletti l'intero impianto grafico non avrebbe avuto lo stesso peso specifico; se Vincenzo Auteri di SPQR non avesse creduto in questo progetto, non avremmo potuto realizzarlo anche in vinile, cosa che per me e Adriano era una condizione "sine qua non"; senza il lavoro di mix e mastering di Yvan, non avrebbe avuto la stessa qualità audio, e via dicendo... Vinz, Marco, Michele, Jonny, Devis, Izzy, Yari, Fofi, Daniele, Andrea, sono tutti impegnatissimi in mille attività e progetti, ma hanno creduto molto in questo esperimento dando il meglio di loro. Credo sia percepibile dalla prima all'ultima nota."
"Un nome come L'Amara trasuda nostalgia e disillusione, quel sentimento di stanchezza di vivere che penetra la carne e lo spirito, come una squadriglia disciolta dopo l'armistizio che si riunisce in osterie fumose, conficca i coltelli sotto i tavoli e attacca a suonare..."
(Giovanni Leonardi)
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Scendendo più in profondità nei contenuti del vostro esordio, mi ha colpito molto l'artwork di copertina, in cui i protagonisti non si vedono in faccia (come nei famigerati gloryholes) ed in cui la mano maschile pare elargire un compenso, mentre quella femminile pare esigerlo armata di coltello... Un'immagine che si presta a diverse possibili interpretazioni, ma qual è la vostra personale chiave di lettura?
G.L.: "Posso darti la chiave di lettura dell'autore dello scatto e dell'intero artwork... Inizialmente anch'io avevo dato una chiave di lettura diversa, forse un po' maschilista per il sentire contemporaneo: immaginavo che la mano femminile ghermisse il pugnale come simbolo di tradimento, mentre quella maschile snocciolasse monete come a voler dire "ti ho donato tutto me stesso, eppure tu mi ferisci". In realtà è la scatola il simbolo metafisico principale, in fondo l'amore è come infilare la mano in una scatola misteriosa: non saprai mai cosa troverai all'interno, se gioia o patimento, baci o coltellate... ed è questa l'idea concettuale che mi ha illustrato Simone."
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Fra i molti bei momenti che il vostro esordio regala, quello che più mi ha colpito per la sua carica emozionale è senza dubbio "La Puttana": da dove nasce un brano di questa portata?
G.L.: "Nasce da una manciata di accordi e parole strimpellati con la chitarra su un letto disfatto, come molte delle canzoni che ho scritto per Siegfried e che temevo di non saper più scrivere. Vorrei poterti dire che è stato un processo lungo, frutto di continue revisioni e lavoro di cesello, ma in realtà è soltanto fortuna. A volte capita di pescare un asso dal mazzo e di chiudere la partita in un paio di mani. Così è stato per "La Puttana", mentre stiamo parlando dovrebbe finalmente essere uscito anche il video ufficiale di questo singolo fortunato."
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Senza dubbio ogni singolo brano dell'album ha una storia che lo accompagna, e se da un lato sarebbe pleonastico sviscerarle tutte, dall'altro vorrei chiedervi se ve n'è uno in particolare la cui storia merita di essere raccontata in questa sede...
G.L.: "È vero, ogni brano ha una storia che meriterebbe di essere sviscerata. "Villa Amara" per esempio nasce come strumentale, Adriano e Devis l'avevano composta e arrangiata assieme alla tromba di Izzy, l'adoravo già allora perché sembrava la colonna sonora di un film noir del maestro Avati, con quel suo incedere jazz anni '50 scanzonato e sinistro ad un tempo; in seguito Vinz ha aggiunto la sua voce e dei samples dal "Salò" di Pasolini, e per me è speciale, ha qualcosa di magico. Poi c'è "L'Amara Vita", che è stato il primo brano composto: ho registrato una chitarra molto semplice e alcuni rumori ambientali, come un bicchiere di vino versato e picchiato sul tavolo a battere il tempo, mi sembrava carina ma niente di più, e quando Jonny mi ha restituito la traccia arrangiata con fisarmonica, piano e il suo cantato, non potevo credere che fosse lo stesso pezzo. Un lavoro davvero eccellente. Non posso poi celare la soddisfazione nel reinterpretare un brano di culto come "Senza Amori Né Eroi" di Foresta di Ferro, farlo assieme a Marco Deplano, l'autore del brano originale, e ottenere la sua completa approvazione. Figata!"
A.V.: "Potrei parlarti del testo da me scritto e cantato di "Traditrice", che altro non è se non un omaggio alle tradizioni più violente della mia città, Roma. Un omaggio ai trasteverini cantati dal poeta della romanità bella: il testo inizia con un'immagine della Madonna fiumarola, simbolo della devozione popolare del rione Trastevere, uno dei più duri della Roma papalina, dove il tipico coltello romano la faceva da padrone, un inno anche alla mia infanzia passata nelle periferie romane, sempre senza una lira e sempre per strada. C'è anche molto Pasolini nel testo e nell'ispirazione."
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Visto l'ampio numero di personalità musicali coinvolte, credo fosse inevitabile che l'album venisse fuori come un'opera molto eterogenea: questo per voi rappresenta un quid in più, oppure a mente fredda una sorta di "limite"?
G.L.: "L'unico limite che ha un progetto come L'Amara è l'estrema difficoltà che avrebbe una sua eventuale riproposizione live. Viviamo ai quattro angoli d'Europa e sarebbe davvero complicato riunirci tutti per provare e suonare dal vivo. Le personalità sono diverse ma, come ti dicevo, abbiamo selezionato gente che ha un'attitudine simile alla nostra, gente di fegato e cuore, senza tante "pugnette", come diciamo in Emilia. Il disco è vario, ma molto coerente a mio avviso."
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Sicuramente stiamo parlando di un debutto ampiamente riuscito, e se proprio gli si deve trovare un "difetto", penso lo si possa individuare nella sua durata, purtroppo piuttosto limitata: perché non siete riusciti a raggiungere un minutaggio più ampio?
G.L. "Non siamo riusciti perché non volevamo. Come ti dicevo, siamo partiti con l'idea di fare un album alla vecchia maniera, un LP da pubblicare in vinile, e come saprai, a differenza del digitale, ciò comporta un minutaggio limitato, per una banale questione tecnica legata al segnale audio, spessore del solco e velocità di rotazione. In realtà penso che questo non sia affatto un limite, anzi, tutt'altro. Avere meno tempo per raggiungere il fulcro del concept ti costringe alla sintesi, bisogna arrivare subito al bersaglio, senza inutili riempitivi. Se ci pensi, molti degli album che abbiamo amato di più in assoluto non superano i 35-40 minuti."
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Fra i tanti meriti del vostro esordio, penso che il più importante sia quello di rappresentare come si conviene una sorta di "manifesto" dell'unicità del neofolk italico, che rispetto a quello mitteleuropeo ha radici più profonde e legate al vero folklore locale. Siete d'accordo, e in cosa risiede l'unicità del neofolk italico secondo voi?
G.L.: "Anche in Italia non sono mancati tentativi di cloni, più o meno riusciti, dei capostipiti del genere, ma in generale è riconosciuta ovunque l'autenticità del neofolk made in Italy. Prendi per esempio Roma Amor: Eusky e Candela non somigliano a nessuno, sono peculiari nella loro proposta, hanno saputo essere riconoscibili tra i tanti e lo hanno fatto cantando in italiano, in inglese o in francese... È proprio un sentire distintivo che differenzia gli italiani dal resto della scena: c'è chi lo ha fatto mescolando le carte, contaminando il suono di umori new wave, soundtrack music o folklore locale, altri hanno semplicemente fatto ciò che sentivano e che derivava da personalità diverse presenti all'interno della stessa band. Mi piace questa cosa, perché in un'epoca globalizzata dove tutto sembra piegarsi a logiche di omologazione, l'arte sa farsi ancora portavoce del proprio genius loci. Nonostante ciò, un certo tipo di pubblico ed anche molte label indipendenti sembrano soffrire di un complesso di inferiorità francamente incomprensibile; questo non vale per la SPQR, che ha nel suo roster alcuni dei migliori progetti italiani, ed è per questo che è stata da subito la nostra prima opzione."
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Avendovi qui entrambi, non posso non cogliere l'occasione per parlare dei molti vostri progetti, partendo da quello che vi vede protagonisti insieme: Senketsu No Night Club. Come valutate il cammino sin qui fatto coi due album pubblicati e cosa potete anticiparci riguardo all'imminente uscita assieme a Contagious Orgasm?
G.L.: "Gli ultimi due anni sono stati davvero febbrili per noi, con SNNC e con L'Amara non ci siamo fermati un secondo, cercando di non trascurare tutti gli altri progetti personali. Siamo molto soddisfatti di ciò che abbiamo prodotto, e questa collaborazione con Hiroshi Hashimoto non fa che confermare la buona stella sotto cui è nata questa nostra alleanza. Siamo partiti dalla fascinazione che ci accomuna per la cultura giapponese, il cinema ed il noise del Sol Levante, e in poco tempo abbiamo avuto diverse soddisfazioni, tanto da entrare nell'orecchio di uno dei pionieri del cosiddetto japanoise. Stiamo ultimando la fase di missaggio del disco, speriamo di poter uscire entro l'estate."
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Adriano, tra i tuoi molto progetti, quello che più mi ha colpito di recente è stato senza dubbio Zoloft Evra, il cui ultimo album "Wounds Of No Return" risulta davvero ottimo e la cui line-up pare essere un'arma molto ben affilata. Quanto sei soddisfatto del lavoro svolto sin qui e quali sono le mire di un progetto dalla vocazione così internazionale? Puoi anticiparci qualcosa sullo split a cui state lavorando?
A.V.: "Grazie per l'apprezzamento. Zoloft Evra, con l'arrivo in pianta stabile di Cory Rowell di Demonologists, ci sta dando molte soddisfazioni, e lui stesso ha prodotto l'ultimo album con la sua label Liquid Death Records. Per il futuro stiamo lavorando ad uno split con Harko City, altro progetto di Cory, e le coordinate saranno sempre quelle di un death-industrial ambient con un immaginario nero e negativo."
"Anche in Italia non sono mancati tentativi di cloni dei capostipiti del genere, ma in generale è riconosciuta ovunque l'autenticità del neofolk made in Italy. È proprio un sentire distintivo che differenzia gli italiani dal resto della scena: mi piace questa cosa, perché in un'epoca globalizzata dove tutto sembra piegarsi a logiche di omologazione, l'arte sa farsi ancora portavoce del proprio genius loci..."
(Giovanni Leonardi)
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Giovanni, anche tu hai in piedi molti progetti, e fra questi sono rimasto impressionato soprattutto da quello solista in cui ti firmi con nome e cognome, in particolar modo per le tematiche affrontate in "Monarch": da dove nasce questo tuo interesse per gli esperimenti sul controllo della mente, e quanto pensi possa tornare d'attualità - seppur in forme differenti - un tema che i pusillanimi relativisti non esiterebbero a liquidare come mero "complottismo"?
G.L.: "Non mi dilungherò troppo su questo punto, ma sono convinto che il tema del controllo mentale, del linguaggio dei media e della sua evoluzione siano quanto di più attuale in un'epoca come questa, dove dati e informazioni viaggiano a velocità smodate sul web e dove ci illudiamo di non essere mai stati così liberi. Io appartengo ad una generazione che aveva in odio il conformismo e l'omologazione, ed oggi vedo tanta gente frustrata per l'impossibilità di aderire ad un modello socio-culturale imposto. In realtà ridicolizzare qualunque teoria si discosti dal pensiero comune è diventata l'arma ideale per smontare sul nascere qualsiasi moto sovversivo: è senz'altro vero che esista una fitta rete di informazioni fallaci e teorie ridicole, ma ciò non fa altro che danneggiare ulteriormente il nostro senso critico, tanto che è diventato sempre più difficile farsi un'opinione seria su qualunque argomento."
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Come è noto siete impegnati su tantissimi fronti, quindi vorrei cogliere l'occasione per chiedervi cosa bolle in pentola per tutti gli altri vostri progetti: da MMM a Carnera (pronti ad uscire con un nuovo EP), da Cronaca Nera (il cui ultimo album è cosa recente) a Divisione Sehnsucht, dai Siegfried (che si spera siano ancora attivi) a Detour Dooom Project, e via dicendo con tutti gli altri act che vi vedono coinvolti...
G.L.: "Ti risponderò con una frase che è diventato un mantra, ma anche una maledizione per me e per chi decide di starmi accanto: qui non si dorme mai."
A.V.: "Il mio obiettivo è sempre quello di fare un full-lenght all'anno per ogni progetto, ma come vedi non sempre è possibile. Con MMM stiamo lavorando al nuovo album, e speriamo di poterlo far uscire nel 2019 sempre per Subsound Records. Per Cronaca Nera usciranno degli split nel 2019, e poi vedremo se riusciremo a fare un nuovo album. Detour Doom Project è attualmente in pausa."
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Pensando a tutti i progetti in cui siete coinvolti, la domanda nasce spontanea: dove trovate il tempo per dedicarvi a così tante realtà artistiche? E in seconda istanza, vi capita mai di pensare che un eccessivo carico di progetti possa in qualche modo risultare "inflazionante"?
G.L.: "Non ho mai ragionato in questi termini: non ci serviamo di uffici marketing che curano la nostra immagine, non siamo soggetti alle logiche discografiche tipiche dello show business, non ci preoccupiamo di uscire al momento giusto e con il disco giusto, credo che nessuno dei miei progetti possa essere tacciato d'essere un mero esercizio di stile, e finché avrò qualcosa da dire in qualunque modo lo farò, senza troppi calcoli e strategie. L'ultimo album di Siegfried risale al 2016, la nostra attività come band è stata per così dire congelata perché credo fossimo arrivati ad un vicolo cieco, ripeterci non è mai interessante per come la vedo io. Nel frattempo ho pubblicato Divisione Sehnsucht, Accademia Prima con Marco De Marco e Lisa di Porta Vittoria, ho fatto un paio di album con Carnera e altrettanti da solista, e infine ho intrecciato nuove collaborazioni, come quella con Adriano o quella recente con Moreno Padoan (MHOLE). Rigetto con forza ogni accusa di presenzialismo forzato: ho 43 anni, lavoro duramente, ho una moglie e due bambine, animali da accudire e le mie giornate sarebbero già abbastanza occupate, ma che dovrei fare, centellinare le mie energie per la vecchiaia? Qui nessuno si sta illudendo di fare la rockstar, eh? Mi basterebbe continuare ad avere il cervello attivo come l'ho in questo momento, accumulare il numero minore possibile di rimpianti. Ne ho costruiti già a sufficienza nella mia vita."
A.V.: "In realtà si parla di band in cui ci sono attive molte persone, e nel mio caso quasi tutti i progetti sono di matrice elettronica, quindi quando ho un attimo suono in casa e condivido con gli altri membri, il fatto di avere diversi progetti mi permette di fare meno per ciascuno ma con più qualità. Quindi non ci sono ore di sala prove, e inoltre da anni non faccio concerti, se non qualcosa a Roma con MMM."
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Siamo in chiusura, e per l'ultima domanda vorrei tornare su L'Amara. Cosa c'è nel futuro di questo progetto? Possiamo aspettarci un'altra rosa di nomi coinvolti per le prossime mosse discografiche? E, parallelamente all'attività in studio, metterete mai in piedi una line-up che vi permetta di portare queste canzoni anche sui palchi?
G.L.: "Ci sono un paio di idee che stiamo valutando, sicuramente non resterà un progetto estemporaneo, ma cercheremo di continuare a divertirci con l'orchestra de L'Amara. Per quanto riguarda i concerti, io resto sempre un po' dubbioso sulla fattibilità della cosa, ma mai dire mai. Solamente un anno fa mi ero riproposto di non cantare più, non mi piaceva e mi metteva troppa ansia, mi sarei dedicato solo a progetti che non prevedessero l'uso della voce. E invece..."
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