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23-08-2013
BLANK
L'attimo di quiete
di Roberto Alessandro Filippozzi
Un concetto che abbiamo ripetuto sino allo sfinimento è quello secondo cui per ogni act il terzo album debba necessariamente corrispondere alla sua definitiva maturazione ed al dovuto salto di qualità, sempre che ciò non si sia verificato già in precedenza, come molti miracolosi debuttanti transitati su queste pagine ci hanno dimostrato più volte. Per i parmensi Blank questo concetto si applica alla perfezione, poichè dopo due validissimi album di intensa e incalzante EBM rivolta apertamente al dancefloor, il duo formato da Davide 'theMaze' Mazza e Riccardo 'derMate' Mattioli ha avvertito con forza la necessità di andare oltre, e con altrettanta forza è pienamente riuscito nel suo intento. Cinque anni dopo "Impact Zone" i Nostri realizzano con "Dark Retreat" il loro album più maturo e completo, trovando il coraggio per andare ben oltre i già buoni risultati ottenuti in precedenza ed ampliando i confini di un songwriting oggi decisamente superiore alla media del settore per varietà di soluzioni e qualità. Un punto di svolta importante che necessitava di un nostro ulteriore approfondimento, reso possibile dalla disponibilità del frontman Davide, nostro gentile interlocutore in questa lunga e piacevole chiacchierata...
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Siete giunti al traguardo del terzo album nell'arco di 9 anni, un lasso di tempo piuttosto lungo rispetto all'iperattività che contraddistingue la maggior parte dei progetti electro: cosa vi spinge a ponderare così a lungo le vostre mosse, e soprattutto cosa ha protratto per ben cinque anni l'attesa per il nuovo lavoro?
"Un motivo forse più banale di quanto non ci si possa aspettare. I nostri impegni di 'vita' fra lavoro, famiglia e altre cose ci occupano gran parte del tempo, così quello che rimane da dedicare alla musica non è tantissimo, ed essendo entrambi molto perfezionisti e meticolosi in quello che facciamo, può accadere che per essere soddisfatti di una canzone ci vogliano parecchie settimane. Da parte nostra non c'è la fretta né l'esigenza di fare uscire qualcosa ad ogni costo, quindi ci permettiamo di pubblicare solo quello di cui siamo soddisfatti al 100%, anche se certamente questa attitudine ha l'effetto non secondario di farci 'sparire dai radar' a lungo. Il motivo per cui infatti la maggior parte dei progetti electro produce lavori in continuazione è proprio perché oggi il tempo di attenzione della gente è diventato talmente breve che, per non rischiare di essere dimenticati, è necessario rimanere il più possibile sotto i riflettori. A noi, però, dei riflettori non ce ne frega nulla. Rimaniamo nella convinzione che un bel disco meriti di più di dieci dischi passabili."
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Senza ulteriori indugi, tuffiamoci nel nuovo album "Dark Retreat", che a mio modesto avviso rappresenta un decisivo punto di svolta per i Blank: qual è il vostro punto di vista al riguardo, e cosa effettivamente è mutato nel vostro approccio in vista di questo importante traguardo?
"Credo che con il nostro secondo album "Impact Zone" avessimo detto più o meno quello che avevamo da dire con quel tipo di sonorità, ed era ora di esplorare strade diverse. Man mano che producevamo canzoni ci siamo accorti che uscivano pezzi più d'atmosfera, o di stili distanti fra loro: probabilmente sono entrate in gioco influenze diverse in tempi diversi, e le abbiamo assecondate seguendo liberamente l'ispirazione, senza farci troppi problemi di come suonassero. Va detto che, come ascoltatore, e forse ancor di più come compositore, tendo ad annoiarmi facilmente: se continuo a sentire le stesse cose troppo a lungo, non riesco più ad ascoltarle, e nel cosiddetto 'mondo industrial' abbiamo ascoltato per troppi anni lo stesso tipo di canzoni ripetuto in continuazione. Volevamo fare qualcosa di diverso e proporre un album che non si confondesse nel rumore di fondo generale. In breve: il disco doveva innanzitutto piacere a noi, ed essere piacevole per noi da realizzare, altrimenti che senso avrebbe fare musica?"
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Colpisce la lunghezza di un lavoro che funziona benissimo da cima a fondo, peraltro raggiunta con soli brani originali, senza l'abusata pratica dei remix finali, che dilatano ad arte i lavori di molti artisti di area electro: un momento di particolare ispirazione, oppure più semplicemente l'attenta selezione di quanto avete creato negli ultimi cinque anni?
"Non siamo stati in grado di fare una selezione: ascoltando e riascoltando quello che avevamo registrato, ci siamo resi conto che quei tredici pezzi ci dovevano stare tutti, e toglierne anche uno solo avrebbe in qualche modo rovinato il lavoro. Inoltre, abbiamo pensato che gli ascoltatori avrebbero apprezzato la disponibilità di settanta minuti di buona musica anziché gli usuali cinquanta/cinquantacinque che si trovano mediamente in un disco. Peraltro qualcuno invece se n'è lamentato, con mia somma perplessità. Immagino che se avessimo fatto due album da quarantacinque minuti qualcuno si sarebbe lamentato che duravano troppo poco."
"In passato davamo maggiore importanza al dancefloor, mentre in quest'album abbiamo privilegiato l'ascolto personale, l'atmosfera e il design dei suoni. In parte è un'evoluzione nostra, che fa parte del cambiamento naturale dei nostri gusti personali, e in parte c'è anche un po' di rigetto nei confronti di quello che si sente sui dancefloor da troppi anni a questa parte, che non è riuscito a stimolarci e che probabilmente non saremmo nemmeno capaci di replicare..."
(Davide Mazza)
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L'impressione è che, a differenza dei precedenti album, abbiate destinato meno attenzioni al dancefloor (comunque ben omaggiato in vari brani) per ampliare la gamma di soluzioni del vostro songwriting, peraltro riuscendovi molto bene, e già il singolo "Dreamscape", che ha anticipato di un paio d'anni il nuovo lavoro, aveva offerto avvisaglie in questo senso: cosa ha motivato questa svolta, e come avete lavorato per vincere questa nuova sfida?
"È senz'altro vero che in passato davamo una maggiore importanza al dancefloor, mentre in quest'album abbiamo privilegiato l'ascolto personale, l'atmosfera e il design dei suoni. Azzarderei a dire che in parte è un'evoluzione nostra, un'attenzione verso 'altro' che fa parte del cambiamento naturale dei nostri gusti personali, e in parte c'è anche un po' di rigetto nei confronti di quello che si sente sui dancefloor da troppi anni a questa parte... che non è riuscito a stimolarci e che probabilmente non saremmo nemmeno capaci di replicare. Nel tempo sicuramente abbiamo ampliato e diversificato molto i nostri ascolti, e di conseguenza sono anche cambiate le nostre influenze."
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Fra i momenti più coraggiosi vedo senza dubbio l'ottima vena synthpop di "Weak Machine" e soprattutto la raffinatezza di "Ocean Greyness", che come ho scritto in sede di recensione non sfigurerebbe su un'uscita della Tympanik Audio: come sono nati questi brani?
"..."Weak Machine" era in origine un outtake di "Impact Zone" e suonava molto come i Blank del 2008. La canzone era buona, ma così com'era non si sarebbe inserita bene insieme al resto dell'album. Dato però che la melodia vocale mi piaceva molto, ho deciso di farne un remix un po' rallentato, più in stile dance melodica, che ha invece funzionato benissimo. "Ocean Greyness" è sicuramente il pezzo più sperimentale dell'album, ho voluto giocare un po' con campioni, loops e glitch, e contiene anche pezzi di altre nostre canzoni suonati al contrario, o distorti, o rallentati. È nata come un esperimento divertente ma il risultato ci ha soddisfatto parecchio, e può darsi che in futuro si prosegua per strade di questo tipo. L'importante è non rendere le cose noiose rimanendo troppo a lungo fermi su uno stesso stile."
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Come detto gli episodi capaci di infiammare i club non mancano, e comunque l'ampliata gamma di soluzioni poggia sempre sulla forza delle bassline e del groove che sprigionano: quanto è importante questa fisicità nell'economia del vostro sound?
"Immagino faccia parte delle nostre radici: per quanto possiamo virare verso atmosfere più minimali e sperimentali, il basso è ancora lo strumento chiave su cui poggiano quasi tutti i pezzi... Quando un album come "Body Of Work" dei Nitzer Ebb rimane stabilmente nel tuo stereo dal giorno della sua uscita ad oggi, evidentemente le bassline sono una parte importante del tuo credo musicale."
"Il "Dark Retreat" è una pratica spirituale attuata da secoli in alcune tradizioni, soprattutto orientali: ritirarsi per lunghi periodi nell'oscurità totale, al fine di intensificare i propri sensi e di poter guardare l'universo e sé stessi al di là della semplice vista. In un mondo come il nostro, dove siamo continuamente bombardati da suoni, immagini e stimoli esterni di ogni tipo, è diventato difficilissimo ottenere un attimo di quiete dove potersi concentrare, pensare e utilizzare la propria immaginazione..."
(Davide Mazza)
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Venendo ai contenuti concettuali, quali idee ruotano attorno ad un titolo come "Dark Retreat", come si ricollegano all'artwork e quali argomenti avete inteso affrontare coi nuovi testi?
"Il "Dark Retreat" ('oscuro ritiro', nda) è una pratica spirituale attuata da secoli in alcune tradizioni, soprattutto orientali: ritirarsi per lunghi periodi nell'oscurità totale, al fine di intensificare i propri sensi e di poter guardare l'universo e sé stessi al di là della semplice vista. In un mondo come il nostro, dove siamo continuamente bombardati da suoni, immagini e stimoli esterni di ogni tipo, è diventato difficilissimo ottenere un attimo di quiete dove potersi concentrare, pensare e utilizzare la propria immaginazione. Fra i temi principali dell'album c'è questo desiderio di fuga da un mondo ormai distopico, e la necessità di trovare un luogo dove poter essere sé stessi al di là delle preoccupazioni e dei ritmi frenetici di ogni giorno. L'artwork è stato fatto con immagini della Luna prese dalle missioni Apollo: è venuto naturale pensare alla Luna come un posto isolato, al di fuori del nostro mondo, in completa quiete, silenzio, solitudine. Ma la copertina è presa dalla missione Apollo 13, quella che giunse a un passo dalla Luna, ma senza riuscire a raggiungerla... ti lascio alle tue considerazioni. Artwork e fotografie hanno lo scopo di trasmettere emozioni, esattamente quanto musica, video e testi."
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Sin dagli inizi il vostro suono si è mosso su coordinate vicine all'electro degli anni '90, e nonostante la svolta rappresentata dal nuovo album, questo retaggio permane felicemente nel vostro songwriting: che importanza hanno avuto per voi quei gruppi e quella scuola?
"Siamo cresciuti negli anni '80 e '90 e niente potrà superare, come impatto, quello che abbiamo ascoltato in quegli anni, com'è giusto che sia. Quello che ascolti fra i 15 e i 25 anni è quello che, nel bene e nel male, ti lascia maggiormente il segno, per sempre. Abbiamo avuto la fortuna di aver mantenuto sempre una mentalità molto aperta, ascoltando davvero di tutto, ma la musica electro degli anni '90 è comunque quella che in un modo o nell'altro ha poi portato alla formazione dei Blank... quindi credo che, per quanti sforzi potremo fare, non riusciremo mai a liberarci del tutto di quelle influenze. Non che ci interessi farlo: non facciamo fatica ad ammettere il nostro amore verso gruppi come X-Marks The Pedwalk, Gridlock, Mentallo & The Fixer... che citiamo sempre fra i nostri preferiti."
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A livello di produzione, tuttavia, avete sempre guardato al presente, traslando il vostro retaggio in un'ottica sicuramente più moderna, ancor più col nuovo album: quanto è stato importante avvalersi di seri professionisti per la resa audio, a partire dal mastering curato da Martin Bowes?
"È stato molto importante perché siamo ossessionati dalla cura nella produzione, e la nostra idea originale era di affidarci ad un produttore esterno per tutto l'album, perché il DIY portato all'estremo ha portato troppo spesso a risultati molto amatoriali, e volevamo invece fare le cose come dovrebbero essere sempre fatte, cioè bene, e con un paio di 'orecchie professionali' a seguire costantemente il lavoro del gruppo. Purtroppo, però, visto il nostro budget inesistente, i nostri tempi troppo lunghi di registrazione e anche il fatto che avevamo le idee molto chiare riguardo al tipo di sound che volevamo per l'album, ci siamo trovati un po' restii ad affidare ad altri quelle canzoni su cui avevamo lavorato così tanto, il che ci ha portato ad optare per fare il più possibile da soli e chiedere il supporto di Seb Komor solo sui due brani più specificatamente da dancefloor, oltre a quello di Chris Peterson su "Dreamscape", che appare quindi in una veste diversa dalla versione che abbiamo pubblicato su singolo nel 2011. Chris, la cui esperienza professionale tra Front Line Assembly, Delerium e altri numerosissimi progetti è sconfinata, è stato poi così disponibile da fare un pre-master su altri due brani, rendendo un po' più 'caldi' e dettagliati i nostri mix, e ci ha anche fornito alcuni preziosi consigli. Confrontando il loro lavoro con il nostro, abbiamo quindi avuto la possibilità di fare alcune piccole correzioni ai brani curati totalmente da noi per rendere più omogeneo il lavoro di produzione di tutto il disco. Infine, una volta ultimate le lunghe e complesse registrazioni, rimaneva da sciogliere il nodo non banale del mastering, una fase delicata che può davvero far risplendere o azzoppare il suono di un disco. È stata la Artoffact a proporre Martin Bowes, che oltre ad essere una leggenda è un professionista serio e preparato e una persona squisita e disponibile: ci siamo sentiti quasi ogni giorno mentre lavorava sull'album, e alla fine crediamo abbia veramente fatto un master magnifico."
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Per "Dark Retreat" vi siete anche avvalsi di due significative collaborazioni a livello canoro: quella con Elenor Rayner dei The Crystalline Effect per "Dead Roads", ma soprattutto quella con Elena Alice Fossi dei Kirlian Camera per "Lost Simmetry" (con parole di Angelo Bergamini). Cosa potete dirci circa queste collaborazioni, e quanto pensate che soprattutto quella coi Kirlian Camera (col relativo video) possa rivelarsi un importante traino commerciale?
"Conoscendo personalmente i Kirlian Camera - nostri concittadini - e avendoli remixati già in diverse occasioni, ai tempi del singolo "Dreamscape" gli chiedemmo se volevano farci un remix, ma ci risposero che avrebbero preferito una collaborazione, proposta ovviamente graditissima che abbiamo deciso di sfruttare per l'album. Ho così scritto due pezzi con in mente la voce di Elena e glieli ho mandati dicendogli di scegliere quello che preferivano, e la loro scelta è andata su "Lost Symmetry", su cui hanno creato una parte vocale oggettivamente eccezionale. Il risultato ci è stato anche di grande ispirazione per il resto dell'album, spronandoci a curare ancor di più la qualità della produzione. L'altro pezzo scritto per loro era "Dead Roads" e la nostra prima scelta per la voce è stata Elenor Rayner, che avevamo remixato qualche anno fa e la cui voce ci era rimasta impressa. Anche lei ha fatto un gran lavoro. Sicuramente il contributo dei Kirlian Camera ci ha portato più attenzioni rispetto ai nostri precedenti lavori, anche se è ancora presto per determinarne l'entità. Diciamo che in questi tempi di crisi e per un gruppo con una minuscola visibilità come il nostro, un aiuto di questo tipo è sempre molto importante!"
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A proposito di traino commerciale, la Artoffact Records continua nel tempo a puntare su di voi: quanto siete soddisfatti del supporto che riesce ad offrirvi?
"Sul lungo periodo la Artoffact si è rivelata come una delle etichette più solide e importanti all'interno del nostro genere e ha fatto uscire alcuni degli album più interessanti degli ultimi tempi, si pensi a Necro Facility, Encephalon, Dead When I Found Her, Legend, Daimon, Saltillo... Farne parte, pur sapendo di non essere fra i loro gruppi di punta, è motivo di grande orgoglio, e speriamo che questo sodalizio possa continuare. Il loro supporto ha avuto alti e bassi negli anni, colpa anche dei nostri lunghissimi tempi di registrazione, ma sicuramente è stato ottimo per "Dark Retreat", con l'inconveniente geografico di ritrovarci ottimamente promossi nel continente americano, ma non abbastanza famosi da essere invitati a suonare da quelle parti!"
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Venendo ai progetti futuri, cosa bolle in pentola sul versante discografico (nuovi singoli, remix etc...), su quello live e su qualunque altro eventuale fronte che riguardi i Blank?
"È da poco uscito un nostro remix per i Blume, ottimo gruppo italiano che esce per la WTII, e stiamo lavorando ad altri remix (uno imminente per gli Artcore Machine, altro gruppo italiano davvero notevole), oltre che alle basi per i live che cercheremo di fare, se possibile, a partire da quest'autunno. Queste sono le priorità. Ci sarebbe poi l'idea di non far passare altri cinque anni prima di pubblicare un nuovo album, ma forse è ancora un po' presto per parlarne..."
"Siamo cresciuti negli anni '80 e '90 e niente potrà superare, come impatto, quello che abbiamo ascoltato in quegli anni. Quello che ascolti fra i 15 e i 25 anni è quello che, nel bene e nel male, ti lascia maggiormente il segno, per sempre. Abbiamo avuto la fortuna di aver mantenuto sempre una mentalità molto aperta, ma la musica electro degli anni '90 è comunque quella che in un modo o nell'altro ha poi portato alla formazione dei Blank..."
(Davide Mazza)
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Chiudiamo con una nota sulla scena italiana. Qui il pubblico è sempre meno, e quei pochi sembrano paradossalmente non accorgersi in primis proprio della grande qualità delle band italiane: che percezione avete di come stiano andando le cose qui da noi e quale messaggio vorreste lanciare ad una scena così moribonda?
"Non so se siamo il gruppo giusto per lanciare messaggi: non siamo particolarmente noti, non ci esibiamo spesso, facciamo uscire un album ogni cinque anni e non credo ci si debba prendere come esempio... Comunque lo stato comatoso della cosiddetta 'scena italiana' è sotto gli occhi di tutti. Vedo tanti gruppi validi, tante persone che si impegnano nel loro piccolo, che sono buoni segnali, in mezzo a un numero però sempre più ridotto di persone interessate. Mi piacerebbe una scena meno chiusa mentalmente, più curiosa nei confronti di altri generi e altri suoni e più attiva e interessata alle novità. Mi piacerebbe che altre scene non guardassero alle sonorità più oscure con orrore e pregiudizio, ma anche che i fautori di certe sonorità più oscure facessero qualche sforzo in più per non incoraggiare questi pregiudizi ed autoghettizzarsi in perfetta solitudine. Mi piacerebbe che i promoter supportassero le tante buone proposte italiane anziché usarle sempre e solo come tappabuchi o sfruttarle appellandosi al solo rimborso spese, quando invece buttano via denaro per richiamare pessimi progetti tedeschi. Vedere meno invidie, ripicche e polemiche, e più gente interessata alla musica, a migliorare la musica, a premiare chi si sforza di proporre cose nuove o comunque originali anziché presentarsi con le solite maschere antigas, filmati bellici, sangue finto e scopiazzare il gruppo famoso del momento. Gente più interessata a collaborare piuttosto che a misurarsi i 'like' in più su facebook. In realtà, mi piacerebbe che non ci fosse alcun bisogno di una 'scena' e che la buona musica e il duro lavoro venissero premiati a prescindere dal genere suonato, ma mi rendo conto che comincio a sembrare un libro di Richard Bach, quindi mi fermo qui (ridendo, nda)..."
http://www.mechanoid.it/
http://www.stormingthebase.com/brands/Artoffact-Records