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25-05-2007
MIRIAM
Bellezza tangibile
di Roberto Alessandro Filippozzi
Abbiamo incontrato per la prima volta i Miriam nel 2002, anno di pubblicazione del debut "Scents" sotto l'egida dell'attenta label romana Decadance: un esordio indubbiamente positivo che, pur palesando alcune forti influenze wave riconducibili agli ascolti dell'epoca per il trio romano, poneva l'accento su di un'elettronica passionale e lontana dalla necessità di sfondare a tutti i costi nei club alternativi. Oggi, passati ben cinque anni, il trio capitolino è riemerso da un lungo periodo di silenzio per proporci la nuova fatica "When Beauty Is Invisibile" (nuovamente patrocinata dalla Decadance), atteso follow-up che non ha deluso le aspettative di chi auspicava un degno ritorno per i Miriam: un disco molto più maturo, elegante e completo, frutto dell'esperienza accumulata in fase compositiva negli anni trascorsi senza uscite discografiche. Cinque anni sembrano un'eternità per un mercato come quello odierno, inflazionato dalle troppe release inutili e spietato al punto di relegare nel dimenticatoio chi si 'assenta' anche solo per un paio d'anni, ma è proprio il caso di dire che il tempo ha dato ragione ai Miriam, poiché la crescita evidenziata ad ogni livello si rivela non solo evidente sin dal primo ascolto, ma di certo darà i suoi frutti sia in patria che all'estero anche in prospettiva futura. Consci dei grandi passi in avanti compiuti da Daniela Bruno, Massimo Bandiera e Carlo Bucciarelli, ci siamo messi immediatamente sulle tracce della band, ed è stato proprio il tastierista e compositore Carlo a rispondere ai nostri molti quesiti in merito alla nuova fatica (eccezion fatta per un fugace intervento di Daniela), come potrete leggere nel resoconto della piacevole chiacchierata riportato qui di seguito...
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Per dare un degno successore a "Scents" vi ci sono voluti circa 5 anni: come avete impiegato, artisticamente parlando, questo lungo lasso di tempo?
Carlo: "Dopo l'uscita di 'Scents' eravamo consapevoli della necessità di evolvere, sia dal punto di vista artistico che umano. Personalmente ho viaggiato molto, per necessità e per diletto, e la distanza ha generato in me nuovi stimoli e nuova ispirazione nel tempo; c'è stato un periodo in cui mi ritrovavo a scrivere musica solamente un giorno alla settimana, ma l'energia creativa era tale che le idee fluivano con continuità e piacevolezza. Ho scritto più di 20 brani, altri li ho ripresi e rielaborati. 'My Last Forever', nella sua idea iniziale, era stata scritta nel 1993! In poche parole, ho atteso che l'ispirazione si materializzasse in maniera spontanea: viaggiare, al di là dei vincoli di tempo, ha rappresentato una fonte d'ispirazione inattesa."
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Avete scelto di pubblicare anche il nuovo album per la Decadance: una scelta di continuità dettata dalla totale libertà artistica che tale etichetta di certo vi offre, oppure c'è dell'altro?
Carlo: "Una scelta di continuità dettata dall'ottimo rapporto umano e professionale con la label. Il processo di produzione è stato condotto in modo congiunto."
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Se vale la regola non scritta per cui un gruppo, solitamente, raggiunge la vera maturità solo col terzo album, allora sarà lecito attendersi molto dal vostro prossimo album, ma già con questo secondo capitolo un nuovo e più elevato grado di maturità è stato conseguito: cosa è cambiato all'interno dei Miriam affinché si giungesse ad un simile traguardo artistico?
Carlo: "Sono cambiate moltissime cose! In primis, sono cambiati in maniera piuttosto radicale i nostri gusti musicali, ed è cambiata anche la scena musicale. Negli anni '90 erano presenti realtà elettriche underground assai importanti per la nostra ispirazione, e su 'Scents' erano presenti episodi elettrici come 'Lies' e 'Unkind' in cui l'influenza di tali sonorità era ben percettibile. Oggi siamo più vicini alla scena elettronica europea, abbiamo stili di vita diversi e maggiormente integrati con la realtà che ci circonda: di riflesso, il nostro stile musicale è divenuto maggiormente introspettivo ed è emersa la ricerca della bellezza e della perfezione interiore; il titolo 'When Beauty Is Invisibile' è un paradigma estetico, uno stile di vita."
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La vostra line-up, stando a quanto rammento, non è più mutata negli ultimi 7 anni, e di certo avrete acquisito una coesione invidiabile: quale frutto pensate abbiano dato questi anni spesi nella stessa band?
Carlo: "Ci conosciamo alla perfezione, eppure siamo individui con caratteristiche e stili di vita piuttosto differenti. Il valore più importante risiede nella conoscenza a livello artistico: oggi il processo creativo è molto più fluido, ognuno ha un ruolo e conosce il contributo che gli altri componenti della band sono in grado di dare. Ad esempio, nel realizzare una traccia draft, la conoscenza delle potenzialità vocali di Daniela è molto importante, dal momento che chi definisce la struttura del brano sa già quali tecniche e quali refrain adottare. In questo modo si riduce al minimo il rework in fase di produzione, e così è stato per 'When Beauty Is Invisible'."
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Ora addentriamoci nella vostra nuova opera: a cosa fa riferimento un titolo suggestivo come "quando la bellezza è invisibile"? Vi riferite forse ad un senso di bellezza globale, soffocato dalle brutture e dalle troppe distrazioni del mondo moderno?
Carlo: "In parte avevo anticipato il tema rispondendo ad una precedente domanda. Il titolo è nato dal testo di Daniela nel brano omonimo, e ci è piaciuto istantaneamente. La tua interpretazione è assolutamente corretta: come molti, anche noi viviamo un senso a volte di nausea, a volte di ribellione, nei confronti dello stato delle cose; non abbiamo nessuna pretesa né aspettativa di cambiare il mondo, ma sappiamo bene come vorremmo che esso fosse: in particolare, il titolo parla di un'estetica non conformista, non allineata, ma puramente introspettiva. La bellezza è in primis un dato interiore, da riscoprire per molti di noi. Senza retorica né compromessi. Ci piacerebbe che tale concetto venisse accolto e compreso dagli ascoltatori, e che alcuni definissero questo disco come una primizia di bellezza interiore (in fondo, la musica è interiore per definizione, nella misura in cui non la si riesce a 'vedere')."
"Come molti, anche noi viviamo un senso a volte di nausea, a volte di ribellione, nei confronti dello stato delle cose. Non abbiamo nessuna pretesa né aspettativa di cambiare il mondo, ma sappiamo bene come vorremmo che esso fosse."
(Carlo Bucciarelli)
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Cosa vi ha ispirato durante la creazione dei brani dell'album e come vi siete divisi i compiti in fase compositiva?
Carlo: "La mia ispirazione è derivata prevalentemente dall'osservazione del mondo e delle cose: c'è un'istantanea, una fotografia, dietro ogni canzone. Ad esempio, 'If You Ever' è ispirata da un paesaggio invernale bellissimo sul mar Baltico, mentre 'Eclipse' nasce dall'osservazione di Marte al telescopio. 'Endless', invece, dalla visione della Sacra Sindone; si potrebbe andare avanti all'infinito, tanti sono stati gli spunti che hanno generato queste sequenze di note. La traccia draft veniva fornita a Daniela, la quale scriveva il testo e la parte vocale in assoluta autonomia. Dopodichè iniziava la produzione, tutti insieme dietro ad un mixer ed un computer, per notti, giorni. In alcuni casi sono stati aggiunti elementi ritmici piuttosto rilevanti, oppure parti elettriche o acustiche. In altri casi, la produzione ha riguardato solamente aspetti meramente tecnici."
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I brani del disco, specie se si leggono i testi durante l'ascolto, si susseguono in un flusso sonoro che sembra attraversato in ogni sua parte da una linea rossa, facendo pensare, in qualche modo, ad un concept: è effettivamente così, ed in ogni caso quali sono i temi trattati nei testi dell'opera?
Carlo: "Non abbiamo pensato ad un concept, salvo renderci conto per primi di tale specifica coerenza tra i vari brani; in realtà sono stati selezionati solamente i migliori tra i brani disponibili, e nel decidere abbiamo optato per creare un ensemble che fosse coerente e consistente, tralasciando - o non portando a produzione - altri episodi che verranno rivisitati in futuro. I testi attraversano per intero lo spettro dell'anima, con discrezione ed eleganza: ci sono momenti di spiritualità soffusa ('Endless'), di disincanto ('Underwtater'), visionari ('My Last Forever', 'Eclipse', 'Illusory Signs'), poetici ('Before The Night Comes'). L'amore è presente in maniera latente, introvertita, nella sua dimensione più astratta e spirituale."
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Come corredo grafico avete scelto dei colori caldi, in qualche modo utili ad accentuare la vostra forte vena passionale: cosa ha dettato le scelte grafiche che accompagnano "When Beauty Is Invisibile"?
Carlo: "Abbiamo visionato vari progetti per il design; nel passato avevamo considerato soprattutto colori dallo spettro freddo, acquatici (i miei colori preferiti, fra l'altro). Poi, la scelta è ricaduta su una tinta inusuale, tale che esprimesse la sorpresa, la pienezza della vista interiore, la ricchezza nascosta come in una esplosione di luce."
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Senza voler togliere nulla agli altri membri dei Miriam, sicuramente i passi in avanti più evidenti sono stati fatti da Daniela, la cui voce è decisamente approdata ad un livello superiore rispetto al passato. Daniela, quale percorso ti ha portata ad ottenere un simile risultato?
Daniela: "Semplicemente la mia maturazione artistica, il desiderio di migliorarmi e i miei ascolti recenti. Non ci sono ricette, solamente l'applicazione e l'evoluzione del gusto musicale: un dato spontaneo che mi auguro prosegua nel tempo."
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Venendo all'aspetto puramente musicale, ho apprezzato il fatto che siate riusciti a limare certe influenze wave e che siate di fatto giunti a costruirvi uno stile molto più personale, dando vita ad una miscela sonora molto più fluida e compatta senza tuttavia rinunciare ai vostri marchi di fabbrica: come avete lavorato, in tal senso?
Carlo: "Il sound di una band può derivare dalle influenze musicali o da un approccio maggiormente scientifico alla fase di produzione. I Miriam hanno molto rispetto per i propri riferimenti storici, ma da tempo hanno rimosso qualsiasi citazione dal proprio processo creativo. A volte i riferimenti musicali si insinuano nella scrittura in maniera impalpabile, latente. Personalmente, cerco di rimuovere sistematicamente tali citazioni implicite, a meno che non rappresentino un'evoluzione interessante. Senza alcuna supponenza, ma ritengo che ogni musicista possa sviluppare uno stile personale, se solamente resiste alla tentazione di sfruttare sequenze o riferimenti che possano scaturire - seppure spontaneamente - dall'ascolto dei propri artisti preferiti."
"Senza alcuna supponenza, ma ritengo che ogni musicista possa sviluppare uno stile personale, se solamente resiste alla tentazione di sfruttare sequenze o riferimenti che possano scaturire - seppure spontaneamente - dall'ascolto dei propri artisti preferiti."
(Carlo Bucciarelli)
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Nella mia recensione ho scritto: "Limate sapientemente certe influenze wave, il trio ha saputo conferire autorevolezza all'elettronica melodica/eterea degli esordi, convogliando il bagaglio di esperienza accumulato negli ultimi anni in un sound assai più elegante e non più debitore nei confronti di nomi più altisonanti, ma anzi capace di convincere grazie alla varietà del songwriting, alla finezza degli arrangiamenti e ad un carisma esecutivo che mancava ai tempi del debut." Vi ritrovate in tale descrizione?
Carlo: "Sì, pienamente. Si tratta di una lettura che condivido e che incoraggia a proseguire in tale direzione."
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Definire con una semplice etichetta il vostro sound odierno è pressoché impossibile: senza fare ricorso ai soliti termini usati dai giornalisti, come descrivereste il vostro nuovo album a livello emozionale?
Carlo: "Per chi scrive musica, definire le proprie canzoni è impresa veramente ardua, a meno che non siano perfettamente iscritte in un genere predefinito. A me piace definire 'When Beauty Is Invisibile' come un album 'spirituale': ecco, dovendo scegliere una parola sola, adopererei questa. Senza addentrarmi in un tema così complesso come la spiritualità, ma senza nascondere che essa rappresenta uno dei driver emozionali più importanti."
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Sono in particolare certe influenze chillout ad avermi positivamente colpito: si tratta di una forma musicale che effettivamente vi affascina e che intendete esplorare maggiormente in futuro?
Carlo: "Questo è ad esempio uno degli ascolti che non perseguivamo ai tempi di 'Scents'; in particolare Daniela ha sempre dichiarato molto interesse per la musica ambient, chillout, shoegaze, ma anche per il jazz. Il fascino per tali generi è pressoché totale, sono sicuro che continuerà ad esercitare la sua influenza anche in futuro."
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Credo fermamente che l'arma in più nelle vostre mani rispetto ad altri gruppi vicini al vostro stile risieda nel carico di passione ed intensità che sapete convogliare nelle vostre canzoni, un po' come gli americani Hungry Lucy, tanto per intenderci... Come vedete la cosa dal vostro punto di vista?
Carlo: "È una nota che ci rende orgogliosi! Crediamo profondamente in quello che facciamo, non riusciremmo mai a sederci intorno ad un tavolo per scrivere una hit 'tailorata' per le esigenze del mercato. È un processo creativo difficile, interiorizzato, in cui le personalità vengono messe in discussione: ma il premio è l'intensità, l'emozione. Siamo felici che tale caratteristica emerga pienamente dai solchi del disco."
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A tal proposito, il fatto che una band 'piaciona' come le Client abbia molto più successo di voi, che invece sapete convogliare autentica passione nel vostro songwriting, ci appare come un triste segno dei tempi: l'immagine conta più della qualità della musica. Fermo restando che l'ideologia 'tits & ass' di MTV è un qualcosa da combattere in ogni modo, voi come vedete l'intera faccenda?
Carlo: "Nelle dinamiche della società e del mercato, si vince o si perde in relazione ai numeri. È un modello sociale irreversibile, ci si può difendere in maniera interiore, ma è difficile invertire il corso delle cose. Personalmente cerco di essere sempre coerente, di dare luogo alla rappresentazione quotidiana del mio stile di vita cercando di fuggire il compromesso. Sarebbe veramente bello se, con la musica e l'arte in generale, si riuscisse a sconvolgere il mercato e a cambiarne le logiche consolidate. Senza eccessive pretese, è uno dei sogni da realizzare."
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Sono rimasto positivamente colpito anche dalla qualità degli arrangiamenti e dalla gamma di soluzioni ritmiche, melodiche e vocali che avete messo in atto: siete degli incontentabili perfezionisti, oppure per voi la composizione avviene in maniera del tutto naturale?
Carlo: "Neanche è facile rispondere! Siamo perfezionisti per definizione, lo siamo nella vita! Ma l'aspetto più lungo e capillare del processo di produzione ha riguardato la scelta dei suoni e le cosiddette technicalities. Gli arrangiamenti, le ritmiche e le parti vocali sono nate quasi sempre 'nel buio di una stanza', in assoluta solitudine. Certamente la produzione ha limato molti difetti di forma, ma se pensi che alcuni brani sono stati scritti in una notte e semplicemente equalizzati, mi piace pensare che tale aspetto sia intrinseco della nostra scrittura musicale."
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A livello di produzione, l'album rappresenta un grande passo in avanti rispetto al passato: nel giungere ad un simile risultato, quanto è servita l'esperienza accumulata negli anni passati e cosa è effettivamente cambiato nel vostro approccio alla registrazione?
Carlo: È cambiato moltissimo! Adesso anche la scelta dei suoni è pilotata dalla consapevolezza dell'impatto sullo spettro sonoro; ai tempi di 'Scents' venivano scelti i suoni più belli ma non era presente la cultura di adesso, derivante in primis dal possesso di strumentazione elettronica d'avanguardia e dalla conoscenza delle moderne tecniche di produzione digitale."
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A proposito della chitarra, mi pare che stavolta abbiate voluto utilizzarla in misura minore ma calibrando meglio il suo apporto, sfruttandola comunque in maniera adeguata: cosa potete dirci al riguardo?
Carlo: "Molto è dipeso dall'approccio interamente digitale che ha caratterizzato la scrittura musicale. 'Scents' era stato scritto nel corso degli anni precedenti, da una band che imbracciava strumenti elettrici ad ogni riunione. Abbiamo utilizzato parti di chitarra acustica come complemento alle partiture elettroniche, e siamo molto soddisfatti del risultato ottenuto (in 'If You Ever' la chitarra è stata pressoché improvvisata!). Scrivere canzoni partendo dalle parti chitarristiche è un'altra cosa. Nei brani futuri oscilleremo nuovamente tra i due approcci creativi, ma difficilmente torneremo a scrivere musica come una band rock, come ai tempi di 'Arabesque'."
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A quali brani del nuovo album vi sentite maggiormente legati e perché? C'è qualche brano al quale si lega qualche interessante aneddoto?
Carlo: "Personalmente, ho scritto 'Eclipse' in una sera dall'atmosfera rara e stupenda, utilizzando praticamente un unico synth. Nelle ore successive, sono uscito per la città e ho accidentalmente ospitato persone in macchina: molti di loro hanno iniziato a pregarmi per avere una copia di quello strano embrione di canzone! 'My Last Forever' è stata scritta nel 1993 e registrata per la prima volta da Daniela su una cassetta, in una notte di Capodanno, mentre fuori impazzavano i fuochi d'artificio (ancora udibili sul nastro-rarità dell'epoca!); è curioso pensare che, mentre il mondo festeggiava, io e Daniela stessimo registrando una canzone come quella. 'Underwater' è il mio brano preferito perché è minimale, ma emotivamente intenso come nessun altro. 'If You Ever' è un paesaggio di mare nordico e invernale allo stato puro."
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Avete deciso di riproporre "Nightporter" dei Japan in maniera fedele, ma non senza personalità: come siete giunti alla scelta di tale brano, e come avete inteso rendergli il vostro personale tributo?
Carlo: "Avevamo interpretato 'Nightporter' per suonarla ad Atene nel 2002. Poi, ascoltandola, l'abbiamo subito amata. È una perla rara, un brano che possiede un'atmosfera notturna senza eguali, al quale siamo tutti molto legati per ragioni differenti. Non abbiamo trovato un solo motivo per escluderlo dal disco!"
"Mantenere il focus sulle 'piccole' emozioni interiori è importante per non essere costretti ad inseguire aspetti sensazionali, per non essere costretti a stupire come fanno molti artisti, con eccessi e stili di vita scientificamente roboanti e trasgressivi, o con una rappresentazione di sé stessi che è completamente artificiale."
(Carlo Bucciarelli)
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La vostra musica è estremamente emozionale ed emozionante: quanto contano effettivamente le emozioni nella vostra arte, e quali pensate di suscitare con le vostre canzoni?
Carlo: "Senza alcuna retorica, non credo che si possa scrivere musica emozionante senza provare altrettante emozioni: sembra quasi una legge della fisica! Le emozioni sono un dato soggettivo, ma indispensabile per cercare di comunicare i propri sentimenti attraverso la musica. A volte si perde la facoltà di emozionarsi per le cose semplici, si va in cerca di stimoli sensazionali e distorti nella realtà. Mantenere il focus sulle 'piccole' emozioni interiori è importante per non essere costretti ad inseguire aspetti sensazionali, per non essere costretti a stupire come fanno molti artisti, con eccessi e stili di vita scientificamente roboanti e trasgressivi, o con una rappresentazione di sé stessi che è completamente artificiale."
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Veniamo all'aspetto promozionale: vi vedremo esibirvi sui palchi italiani ed esteri? State lavorando alla creazione di un appropriato live-set?
Carlo: "Stiamo definendo il set-up, nella consapevolezza che - per una band il cui sound è fortemente improntato all'elettronica - è necessario scendere a compromessi tra l'approccio live e l'uso di sequenze. Ci auguriamo di avere presto una serie di date in location adeguate. Abbiamo avuto un numero importante di richieste anche dall'estero."
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Qual è il vostro rapporto con la scena 'dark' italiana ed estera, e quali ascolti accompagnano le vostre giornate ultimamente?
Carlo: "È un rapporto d'assoluto rispetto, ma non necessariamente esclusivo. Oggi ascoltiamo moltissime cose delle più svariate influenze: io ascolto moltissimo Ladytron e Schiller, sono due estremi che mi piacerebbe molto sintetizzare (vi auguro di riuscirci, poiché adoro Schiller... nda)."
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Siamo in chiusura: in un paese come il nostro, dove taluni gruppi italiani vengono presi di mira dal pubblico spesso per questioni non prettamente musicali, pensate di avere le capacità e la forza necessaria per imporvi come 'profeti in patria'?
Carlo: "Difficile rispondere senza essere percepiti come supponenti, presuntuosi, arroganti. Proviamo a piacere con il nostro stile, senza forzature, senza un'eccessiva complicità con l'ambiente circostante. Pensiamo di essere rispettati nel nostro universo, e se la musica farà la differenza, ne saremo veramente orgogliosi."
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