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18-05-2007
THE GREEN MAN
...molti sono chiamati, ma pochi eletti
di Michele Viali
La necessità di scambiare due chiacchiere (...forse qualcosa in più) con Marco Garegnani e Eliahu Giudice, menti nascoste dietro all''uomo verde', è emersa appena abbiamo ascoltato il loro nuovo album, un CD non facilmente assimilabile e comprensibile, non diretto, costato anni di fatiche e studi e realizzato con l'idea 'di far sporcare un po' le mani al pubblico' al fine di comprenderlo appieno. I pareri che ho sentito riguardo a questo lavoro sono discordanti: la gente cerca di incanalare "The Teacher And The Man Of Lie" in un preciso calderone o genere, ma si rende presto conto che non è possibile, proprio perché la forza del CD sta nel rompere le linee di demarcazione, i confini del preconfezionato, assalendo l'ascoltatore piuttosto che assecondando le sue attese. È il destino dei lavori migliori: o si amano o si odiano, a volte costretti ad aspettare per aver riconosciuta la propria grandezza. Con questa intervista cercheremo di spiegarvi cosa c'è dietro "The Teacher And The Man Of Lie", scoprendo lo scheletro di un album di fattezze superiori, un album 'eletto', ben diverso dalle sterminate discografie usa e getta che stanno inondando il nuovo millennio.
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Il titolo del vostro nuovo album è semplicemente magnetico e rappresenta la porta d'ingresso al mondo che avete descritto nel CD. Volete spiegarci per quale motivo indicate le figure storiche del Battista e del Cristo (correggetemi se sbaglio) con "The Teacher" e "The Man Of Lie"?
Eliahu: "La penso esattamente come te. Sin dalla fase embrionale della composizione di questo concept, ho capito che intitolarlo così avrebbe subito fatto entrare l'ascoltatore nella dimensione giusta per vivere le vicende raccontate. I due titoli di 'Teacher Of Righteousness' e 'Man Of Lie' ricorrono molto spesso nei manoscritti ritrovati a Qumran, che rappresentano almeno il cinquanta per cento del 'source material' usato per la composizione dei testi. Il 'Teacher Of Righteousness' è rappresentato come la guida della comunità Essena, la persona che donerà a chi davvero è puro la salvezza eterna, mentre il 'Man Of Lie' e' una figura di rottura, che in un determinato momento storico crea una frazione all'interno della comunità ed esorta gli Esseni ad abbandonare il loro isolamento e le loro vecchie credenze. I rotoli descrivono lo scontro avvenuto tra queste due figure, e molti studiosi (Da Fritsch a Gaster, da Eisenmann a Teicher) hanno attribuito loro diverse identità. Da quando ho cominciato a studiare i rotoli fino ad oggi, sono sempre rimasto impressionato dalla forza delle teorie della dottoressa Barbara Thiering, un'accademica ormai emarginata dall'ambiente universitario per le sue teorie estreme sulla nascita del Cristianesimo e la sua connessione con la comunità Essena di Qumran. È stata lei la prima a identificare il 'Teacher Of Righteousness' con il Battista e il 'Man Of Lie' con Gesù, dando un'interpretazione nuova e radicalmente differente sul rapporto tra questi due personaggi storici."
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Il tema storico che trattate nell'album si presta a letture diverse: può sembrare una ricerca a ritroso delle attuali radici occidentali che stanno svanendo, o una rievocazione storica tout-court, o ancora un approfondimento sull'essere umano e le sue paure... Perché avete scelto un argomento così arduo? Da dove nasce il vostro interesse per le vicende storiche narrate nei vangeli?
Eliahu: "L'interesse nasce dal mio studio del Cristianesimo delle origini all'università. Tra tutti i testi sull'argomento, gli unici che mi furono vietati tassativamente dal professore perché ritenuti troppo inverosimili erano proprio quelli di Barbara Thiering, in primis il suo lavoro più famoso 'Jesus The Man'. Ovviamente lessi tutto quello che la ricercatrice avesse pubblicato fino ad allora, e ne rimasi talmente colpito che negli anni mi sono ritrovato a rileggere con frequenza i suoi scritti.
La scelta dell'argomento per il concept a dire il vero è stata semplice. Sapevamo che sarebbe stato difficile e di come questa storia fosse già stata raccontata con enorme efficacia da artisti eccezionali come Pasolini, Kazantzakis, Saramango e De André, giusto per fare i primi nomi che mi vengono in mente. Ma sapevamo anche che raccontare la storia basandoci sulla vita della comunità di Qumran avrebbe aiutato a creare davvero un'atmosfera più oscura, da apocalisse appunto. Quando ho cominciato a scrivere i testi pensavo puramente ad una ricostruzione storica e filologicamente accurata, confrontandomi sempre con le fonti originali e cercando di reinterpretare del materiale che comunque già si prestava benissimo. Per quanto riguarda i diversi livelli di lettura, penso che in questo siamo stati facilitati dalla tradizione cristiana, che in duemila anni di storia ha dato molteplici interpretazioni alle vicende raccontate anche nel nostro album."
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In rapporto alla realtà e alla società contemporanea, come si pone il vostro lavoro? È solo una ricostruzione storica tradotta in musica o c'è un messaggio che vuole penetrare nel mondo moderno?
Eliahu: "Solo riascoltando il tutto adesso mi accorgo di come forse, inavvertitamente, ci sia davvero una sorta di lamento per l'inaridimento delle radici occidentali, ma è un qualcosa che non era assolutamente voluto durante la stesura del testo. Per esempio, tutte le persone che hanno ascoltato l'album e con cui ho avuto modo di parlare hanno inteso il pezzo conclusivo, 'Final Journey', come una denuncia alla società occidentale che si sta pian piano sfaldando. L'intento non era quello, ma qualsiasi forma di espressione artistica può, anzi, deve essere interpretata in maniera diversa da ognuno."
"Magari spiazzerò qualcuno non citando Blood Axis o Boyd Rice, ma per l'impostazione e la carica dello spoken-word mi sono ispirato ad alcune cassette che ho da venti e passa anni in cui Christopher Lee recita i classici della letteratura gotica, da 'Dracula' a 'Vathek', da 'The Monk' a 'The Castle Of Otranto'. Altro che 'Gospel Of Inhumanity'!"
(Eliahu Giudice)
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I fatti riguardanti l'ultimo periodo della vita di Cristo, della comunità Essena di Qumran e di quella realtà perduta sono narrati (in tutto o in parte) sia nei vangeli sinottici che nei vangeli gnostici. Quali fonti avete utilizzato per la vostra release?
Eliahu: "I vangeli sinottici sono qualcosa di così insito nel retaggio culturale occidentale che, pur non volendo citarli o usarli direttamente, qualcosa sarà filtrato anche inavvertitamente. Più che altro ho utilizzato i frammenti dei rotoli trovati a Qumran per la prima parte del concepì, e quindi in pezzi come 'The Tree Of Evil', 'Teacher Of Righteousness' e 'Sons Of Dawn'. Per la seconda parte mi sono affidato alla tradizione gnostica del materiale trovato a Nag Hammadi e tramandata in alcuni vangeli apocrifi: i testi più importanti utilizzati sono l'Apocalisse di Pietro, il vangelo di Tommaso, il vangelo di Filippo e quello delle Verità. Durante la composizione dell'album è stato ritrovato il famigerato Vangelo di Giuda, un testo gnostico di grandissimo interesse che, pur senza minare le fondamenta della Chiesa (come era stato detto all'epoca), ha ispirato uno dei pezzi portanti dell'album: 'Gospel Of Judas'. Ovviamente la lista di materiale critico consultato allunga di moltissimo la summa delle fonti, ma non credo che costituisca materiale di discussione in un'intervista di natura musicale."
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Trovo che le illustrazioni del libretto siano un viatico fondamentale per immergersi nel vostro album: in base a cosa le avete scelte? Potete dirci qualcosa riguardo l'autrice?
Eliahu: "L'autrice delle illustrazioni è Mariachiara Armenia, una poliedrica e giovane artista siciliana che conosco da molto tempo. Realizza quadri e sculture che hanno come tema comune una nuova rappresentazione del sacro, attraverso un sincretismo allucinato tra cultura nipponica e cultura cristiana. Quando io e Marco abbiamo deciso di utilizzare solamente materiale inedito, la prima persona che mi è venuta in mente per rendere su tela le atmosfere dell'album è stata lei. Dopo aver chiacchierato brevemente sul tipo di immaginario da utilizzare le abbiamo lasciato carta bianca, e ogni tavola è un capolavoro in miniatura, capace di catturare il mood e il significato di ogni singolo pezzo. Credo che un termine di paragone costante sia stato William Blake per il suo metodo di illustrazione narrativo, come si può evincere dalle epressioni dei volti così esplicative. In tre, tra musica, parole e immagini, siamo riusciti a ben rappresentare su ogni livello tutte le tappe della storia da noi raccontata."
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La vostra musica crea un vero e proprio ponte col passato, nonostante la strumentazione rock non sia così plasmabile. In che modo avete creato e ideato i suoni attinenti al tema?
Marco: "È un processo nato spontaneamente una volta che i primi passi verso un connubio tra musica rock, folk ed ambient sono stati fatti. Non parlo tanto di contaminazioni musicali, quanto di caratteri. Può sembrare strano parlare di ambient nella nostra musica, ma non posso negarmi che tanto hanno fatto le ampie aperture, le distensioni e pulsazioni ritmiche tipiche del genere, rilette tramite la durezza degli strumenti rock o il calore di quelli folk, e la trasposizione in chiave mediterraneo-mediorientale. Oppure l'immediatezza e la concretezza rock come strumento di racconto. Non voglio fare retrospezioni, ma diciamo che è in questi intrecci che sono stati ideati e creati quei suoni che rendono caratteristico il nuovo album."
"I mezzi espressivi in questi ultimi due anni e mezzo sono cambiati, ho avuto modo di sperimentare sui temi musicali discostandomi dai canoni di genere e lavorando su un'equilibrata commistione di folk, musica etnica, danze rituali e variazioni rock e psichedeliche. Il mio intento si rivolge verso una riscoperta del piano ieratico della musica, volgendo lo sguardo a ritroso dall'innovazione rock-psichedelica e dal folk moderno alla tradizione."
(Marco Garegnani)
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C'è un filo conduttore tra la vostra musica e alcuni album prog rock e folk rock del passato, soprattutto degli anni '70 (mi riferisco in particolar modo all'uso delle chitarre)? Quali sono i gruppi che vi hanno influenzato o da cui avete preso ispirazione per il vostro "The Teacher And The Man Of Lie"?
Marco: "Sicuramente c'è un filo conduttore. Entrambi amiamo la musica sperimentale di quegli anni, e per quanto mi riguarda posso dire che gruppi come Popol Vuh, Ash Ra Tempel, Organisation ed altri abbiano avuto importanza vitale non tanto per la diretta ispirazione sul songwriting, quanto più per la visione panica trasmessa dalla loro musica, la quale non si limita ad un mero sincretismo di forme lontane nel tempo. Questo è ciò che idealmente perseguo nella ricerca musicale. Certo, strette influenze melodiche possono essere ritrovate anche in progetti più recenti come GOR, che ammiro profondamente, o vaghi richiami alle musiche sufi e mantra indiani. Ritengo che queste ultime siano forme decisamente improponibili nei nostri standard musicali, il richiamo è di certo solo lontanamente figurato."
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Come mai avete deciso di includere nell'album un brano deathrock dal sapore eighties come "Man Of Lie"? In rapporto al resto delle tracce risulta molto stridente, ma probabilmente ha una funzione particolare...
Marco: "È un brano che riprende arabeschi musicali in chiave rock sulla via di Onda Araba per esempio, accentuando però forti toni ossessivi e psichedelici richiesti dal volgersi del concept."
Eliahu: "Certo, ha una funzione particolare: è il punto cardine intorno a cui ruota l'intera storia. Per la prima volta nel racconto il Maestro di Rettitudine viene relegato in una posizione di secondo piano. Tramite le sue parole e i suoi gesti l'Uomo della Menzogna porta dalla sua parte il popolo eletto, ed effettua la prima fondamentale rottura con la tradizione giudaica. L'ascoltatore, tramite il testo della canzone, sa benissimo che la comunità essena di cui narriamo le vicende ha oltrepassato il punto di non ritorno scegliendo la figura del 'Man Of Lie'. Per rendere musicalmente il momento di massimo tumulto dell'intero album, il punto massimo di tensione narrativa, ci siamo rivolti a sonorità più.. post-punk forse? Personalmente la prima cosa che mi è venuta in mente quando stavamo pensando al mood da dare a questa traccia è stata la colonna sonora de 'L'Ultima Tentazione Di Cristo' di Peter Gabriel. Quindi direi che deathrock non renda particolarmente bene l'idea, oltre a far rivoltare nella tomba il signor Williams (al secolo Rozz, nda)."
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Come avevo già sottolineato in sede di recensione, trovo che la narrazione di Eliahu Giudice sia incisiva e trascinante (così come le parti cantate), cosa non semplice se si pensa che spesso lo spoken-word è solo un espediente per evitare il canto. A quali artisti ti sei ispirato per riuscire nella performance di "The Teacher And The Man Of Lie"?
Eliahu: "Devo concordare con te sul fatto che lo spoken-word, in più casi di quanti non vorremmo, è semplicemente un ripiego da parte di molti artisti della scena underground. Un voler esprimere le proprie visioni, le proprie emozioni, pur non essendo capaci di articolarle in cantato. Il problema principale è che non sempre determinati concetti si prestano alla narrazione. Per questo motivo, durante la composizione dei brani, la prima cosa che ho cercato di fare è capire quali si prestassero al cantato e quali al recitato. Il più delle volte il problema era quello di riuscire a portare in versi alcuni concetti importantissimi e, soprattutto, non riassumibili in poche parole. Se quindi 'Magdalene' o 'Gospel Of Judas' si prestano bene alla versificazione, le elaborazioni cabalistiche di 'Calling Of The Twelve' o di 'Setting Sun', per esempio, funzionano molto meglio solo se recitate. Quanto all'ispirazione.. magari spiazzerò qualcuno non citando Blood Axis o Boyd Rice, ma per l'impostazione e la carica dello spoken-word mi sono ispirato ad alcune cassette che ho da venti e passa anni in cui Christopher Lee recita i classici della letteratura gotica, da 'Dracula' a 'Vathek', da 'The Monk' a 'The Castle Of Otranto'. Altro che 'Gospel Of Inhumanity'!"
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Rispetto ai vostri primi lavori "The Teacher And The Man Of Lie" è una release molto più matura e consapevole. Come è cambiato e si è evoluto il vostro suono e il vostro approccio alla musica?
Marco: "Con The Green Man ho avuto modo di convogliare altre esperienze musicali e forti motivazioni in un percorso molto particolare. Fin dall'inizio abbiamo dato libertà all'espressione senza incagliarci in qualche genere vischioso, riuscendo a ottenere a mio avviso ottimi risultati. Considero 'Irem' un lavoro pienamente fruibile e un segnavia per il presente lavoro e per tutto ciò che The Green Man darà alla luce. I mezzi espressivi in questi ultimi due anni e mezzo sono cambiati, ho avuto modo di sperimentare sui temi musicali discostandomi dai canoni di genere e lavorando su un'equilibrata commistione di folk, musica etnica, danze rituali e variazioni rock e psichedeliche. Come dicevo prima il mio intento si rivolge verso una riscoperta del piano ieratico della musica, volgendo lo sguardo a ritroso dall'innovazione rock-psichedelica e dal folk moderno alla tradizione."
Eliahu: "Concordo pienamente con Marco... The Green Man come gruppo si è evoluto in direzioni nuove e stimolanti. La scelta del concept è stata fondamentale per convogliarci verso quella matrice sonora mediorientale che caratterizza tutto l'album. Per quanto riguarda la stesura dei testi, poi, è ovvio che l'esperienza porta a migliorarti, e quindi, nonostante adori alcune delle cose che ho scritto per 'From Irem To Summerisle', trovo che anche nell'ambito del lyric writing ci sia stata una maturazione palpabile. Allo stesso tempo non sono d'accordo con chi giudica questa uscita discografica come una brusca virata da quanto fatto in precedenza: in 'Irem' c'è in luce tutto quello che poi abbiamo elaborato nei due anni e mezzo appena trascorsi."
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Sembra inoltre che abbiate perso quella vena neofolk che contraddistingueva alcuni vostri brani precedenti. È tuttora importante per voi la scena neofolk, oppure ne avete preso le distanze?
Marco: "È importante come tutti i generi e non-generi che frequentiamo e apprezziamo. In 'From Irem To Summerisle' qualche brano, come 'Europa' o 'Adam And Eve', attingeva in pieno dal calderone del folk apocalittico, ma il resto dell'album già si distanziava. Con 'The Teacher And The Man Of Lie' le sfumature proprie del neofolk sono forse rintracciabili nel concepì, e in alcuni brani riaffiorano visibilmente sulla superficie musicale. Ma in generale credo che il lavoro sia complesso e difficilmente comparabile in via esclusiva con il neofolk."
Eliahu: "Credo che il neofolk inteso come chitarrine, bonghi e samples di Himmler sia morto e sepolto da un bel pò di tempo. Che senso ha ripetere quello che è stato suonato e risuonato da 'Rose Clouds Of Holocaust' ad oggi? Nel debut 'From Irem To Summerisle' abbiamo diviso intenzionalmente in due parti il lavoro: la prima parte era ciò che avevamo noi da offrire, e ciò che abbiamo portato avanti nel 10 pollici e in questo nuovo album; la seconda parte era un conscio omaggio agli artisti che ci avevano ispirato. Non riesco a pensare ad un progetto che sia uno che segua la matrice prettamente Death In June e che abbia prodotto qualcosa di interessante negli ultimi anni, segno che quello ormai è un vicolo cieco e che bisogna veicolare il genere in direzioni diverse. Quanto alla presa di distanze, c'è forse qualcosa di più apocalittico del racconto di un gruppo di persone certo di trovarsi alla fine dei tempi? Personalmente non ho preso le distanze da nessuna scena: anche se in maniera nuova cantiamo comunque la Tradizione, e alla fine penso che l'aderenza a questa scena per molti degli artisti si esplichi in un evoliano anelito alle molteplici facce della Tradizione a cui ci sentiamo legati."
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Lavori simili al vostro, strutturati come concept intorno ad un tema ben definito e con una musica rock dalle venature folk, sono stati realizzati da vari gruppi italiani come Ain Soph ("Aurora" e "Oktober") e Ianva ("Disobbedisco!"), ma anche Calle Della Morte ("Gente Di Malaffare") e altri. Quanto vi sentite legati a questi nomi e alla scena musicale relazionata a questi gruppi?
Eliahu: "Hai citato tre gruppi che, in maniera diversa tra loro, hanno prodotto album di pregevolissima fattura e che apprezzo per motivi diversi. A titolo personale posso dire che l'album che più di tutti mi ha influenzato e che ritengo sia tra i migliori degli ultimi quindici/venti anni è 'Aurora'. C'è più in quelle tracce di molta della musica della cosiddetta 'scena' prodotta negli ultimi anni. Aver ricevuto attestati di stima da parte di alcuni dei membri di Ain Soph in diverse occasioni è stato motivo di grandissimo orgoglio per me. Quanto agli Ianva, il loro è stato sicuramente l'album migliore dello scorso anno, uno dei pochi del genere che verrà ricordato negli anni a venire. Li ho visti a Yverdon al loro debutto live e poi a Genova, quando hanno proposto tutto il concept dal primo all'ultimo pezzo. È raro trovare un gruppo in cui ogni musicista abbia una così perfetta padronanza del proprio strumento. Per i Calle Della Morte il discorso è diverso, con loro c'è stato un rapporto di fratellanza molto più stretto. Trovo 'A Dio' un gran bel disco, ed eravamo al loro capezzale quando un parroco veneziano ha annunciato la dipartita della band."
"Personalmente non ho preso le distanze da nessuna scena: anche se in maniera nuova cantiamo comunque la Tradizione, e alla fine penso che l'aderenza a questa scena per molti degli artisti si esplichi in un evoliano anelito alle molteplici facce della Tradizione a cui ci sentiamo legati."
(Eliahu Giudice)
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La vostra carriera è segnata dalla presenza della label Hau Ruck! SPQR. Come nasce la vostra collaborazione con questa etichetta italiana? Quanto vi sentite legati alla 'casa madre' Hau Ruck!?
Marco: "La collaborazione incominciò sul finire del 2004. Avevamo appena finito di registrare 'From Irem To Summerisle' in uno studio a Milano e già erano in stampa le 300 copie, quando Vinz di Hau Ruck! SPQR ci contattò dopo aver ascoltato il brano 'Irem (demo)' sulla prima compilation prodotta da Neo-Folk.it. Avendo già le copie stampate Hau Ruck! SPQR si prodigò per la sola distribuzione, rimandando la nostra prima produzione alla primavera successiva con i primi quattro brani in differenti versioni, reincisi su 10 pollici. È stato veramente un piacere iniziare questa collaborazione, non solo per le forti motivazioni che ne conseguirono, ma anche per la condivisione d'intenti riguardo la direzione e la peculiarità della proposta musicale di Hau Ruck! SPQR."
Eliahu: "Considero l'Hau Ruck! e nella fattispecie Vinz IHSV, che ci ha supportato sin da quel primo pezzo sulla compilation, un fattore fondamentale nella crescita e nell'evoluzione della nostra band... Sin dall'inizio a livello artistico siamo stati d'accordo pressochè su tutto, e in più l'aver avuto l'occasione di registrare buona parte dell'album a Vienna ha contribuito enormemente alla riuscita dell'album."
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Avete iniziato a proporre il disco dal vivo? Come pensate di strutturare un eventuale concerto per "The Teacher And The Man Of Lie"?
Marco: "Non ancora. Abbiamo proposto qualche brano del nuovo album dal vivo alla 'Notte Hau Ruck!' dello scorso dicembre, ma erano ancora in fase di collaudo. Presto presenteremo in concerto il nostro ultimo lavoro in modo più completo e mantenendo intatta l'atmosfera che si respira nell'ascolto del CD. Sulla struttura ci si sta lavorando e dovremo pensarci bene, in quanto sarà difficile poter rispecchiare in sede live la linearità del tema che è stata mantenuta in studio: spesso i tempi e i modi del concerto fanno sì che ci si debba sempre adattare alla situazione, per di più ogni volta differente. Cercheremo di costruire un assetto che rifletta il concept senza casualità e senza minimizzarlo, non vogliamo che in sede live tutto il lavoro venga snaturato."
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Per concludere vorrei chiedervi quali sono i vostri progetti futuri per The Green Man e se avete in programma partecipazioni a compilation o qualche progetto parallelo...
Marco "Ci teniamo piuttosto liberi nella partecipazione ad altri progetti e compilation. Proprio recentemente abbiamo registrato 'Corn Riggs' per 'Donec Ad Metam', quarta produzione di Neo-folk.it, a cui siamo rimasti fedeli in questi ultimi quattro anni. Alcune idee per lavori paralleli ci sono, vedremo nei mesi prossimi come muoverci. La priorità ora come ora è lavorare per la trasposizione live dell'ultimo album: è qui, come dicevo, che daremo il nostro massimo impegno. Abbiamo impiegato due anni e mezzo per partorire questo lavoro, ma siamo pienamente soddisfatti. Due anni e mezzo di ricerca musicale e concettuale, che a nostro avviso ha dato buoni frutti. Tutto ciò che faremo in futuro, sia collaborazioni che lavori propri, lo faremo con il solo intento di proporre qualcosa di incisivo e in cui magari il pubblico debba sporcarsi un po' le mani per raggiungerne il fondo."
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