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14-05-2011
CANAAN
Le altre prospettive
di Roberto Alessandro Filippozzi
Non si contano le volte in cui, in ambiti di nicchia come il nostro, gli artisti dichiarano di fare musica per sé stessi, chi per necessità di fissare indelebilmente momenti e situazioni, chi per esorcizzare qualcosa, chi per condividere emozioni con una ristretta manciata di anime più sensibili di altre. Se da un lato non possiamo sostenere con certezza chi sia sincero e chi meno in tal senso, di certo possiamo essere sicuri della bontà di una simile affermazione quando l'interlocutore è Mauro Berchi, leader dei Canaan e titolare della Eibon Records. Se l'onestà della sua band si è sempre rivelata assoluta, altrettanto sincera si è rivelata l'attitudine di un act che ha sempre fatto le proprie egregie cose senza clamori mediatici, scegliendo inevitabilmente di non esibirsi dal vivo, non ritenendo - a ragione - adatta a Canaan la dimensione live. Un intimo progetto da studio che esce allo scoperto solo quando ha qualcosa di significativo da dire, ed oggi, a quasi cinque anni da "The Unsaid Words", quel momento è nuovamente arrivato, segnatamente con l'opera più matura, ispirata e coraggiosa mai partorita dai Canaan: parliamo di "Contro.Luce", gioiello più fulgido di una discografia da incorniciare. Di esso e di ogni altra cosa ruoti attorno a Canaan abbiamo parlato con lo stesso Mauro, interlocutore col quale è sempre un piacere confrontarsi...
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Tra il nuovo album ed il precedente "The Unsaid Words" sono trascorsi quasi cinque anni: puoi riassumere questo lasso di tempo relativo all'attività della band, soffermandoti sulle tappe che hanno portato all'uscita di "Contro.Luce"?
"Subito dopo l'uscita di "The Unsaid Words" abbiamo avuto un prolungato momento di sbandamento, dovuto a cambi di lavoro, trasferimenti, problemi vari ed assortiti. Il gruppo è stato messo in standby per un periodo molto lungo, durante il quale ci siamo presi la 'pausa' per comporre e registrare i due dischi dei Neronoia. Verso la metà del 2009 alcuni elementi si sono riassestati, ed è venuto il tempo di ricominciare a lavorare come Canaan. Il risultato finale è "Contro.Luce", disco che ha risentito in modo molto positivo dell'esperienza Neronoia, non solo per quanto riguarda le soluzioni negli arrangiamenti e nella decostruzione delle strutture, ma anche nella composizione stessa dei brani. Per la prima volta da quando compongo/registro musica, la vocina "schifo/schifo/schifo" nella mia testa se ne sta buona e zitta e mi permette di godere in santa pace del disco, che considero fino ad ora la vetta della nostra produzione. Come al solito abbiamo lavorato con calma fino a raggiungere il risultato che ci prefiggevamo; concordo sul fatto che cinque anni siano un lasso di tempo molto lungo, ma alla fine non ci corre dietro nessuno, giusto?"
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La prima cosa che mi ha colpito del nuovo album è stata la copertina, particolarmente intensa: quale significato si cela dietro ad essa?
"Nessun significato particolare. Ho fatto le grafiche ascoltando il master del disco, e avevo altre due copertine già quasi pronte tra le quali scegliere. Le ho buttate via perchè non si adattavano al disco e ho ricominciato da zero, creando per prima cosa una paletta di colori che ritenevo rappresentativa del disco. Percepisco "Contro.Luce" come un qualcosa di 'colorato', mentre i dischi precedenti avevano una loro dominante precisa. Perciò attorno a quella paletta di colori (viola, rosso, blu, arancione, giallo) ho costruito tutto l'artwork, che reputo uno dei migliori che io abbia mai fatto."
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Così come la copertina, anche un titolo come "Contro.Luce" si presta alle interpretazioni: qual è la chiave di lettura che sta dietro alla vostra scelta? E cosa vedi, personalmente, in controluce?
"Vi sono parecchie chiavi di lettura per il titolo del disco, ognuno è libero di scegliere quella che preferisce. Guardare le cose in controluce permette di inquadrarle in una prospettiva diversa da quella normale; può in alcuni casi essere molto utile per scoprire lati nascosti anche nelle cose quotidiane che sembrano ormai note. Quando posso, devio dalle linee prestabilite per vedere sfaccettature inedite: spesso mi trovo a scoprire cose strane, e questo mi piace molto."
"Guardare le cose in controluce permette di inquadrarle in una prospettiva diversa da quella normale, può in alcuni casi essere molto utile per scoprire lati nascosti anche nelle cose quotidiane che sembrano ormai note. Quando posso, devio dalle linee prestabilite per vedere sfaccettature inedite: spesso mi trovo a scoprire cose strane, e questo mi piace molto..."
(Mauro Berchi)
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Tra i molti aspetti importanti del nuovo album, ciò che risalta è la vostra scelta di usare esclusivamente la lingua italiana per i testi, peraltro con ottimi esiti: cosa vi ha spinti ad andare in questa direzione dopo tanti anni, e quali sentimenti animano le liriche?
"Tutto quello che ho scritto dal 2006 a questa parte è nato in italiano, e dal momento che la massa di frammenti di testo era notevole, ho preferito non tradurre nulla e provare ad usare la nostra lingua per un intero disco. Credo che l'esperienza Neronoia abbia influito - forse inconsciamente - su questa direzione particolare, della quale sono molto soddisfatto nonostante potesse nascondere molte insidie, prima fra tutte l'effetto 'cantautore dei poveri' (che penso siamo riusciti ad evitare in modo soddisfacente). Sono molto contento di come testi e musica si siano adattati gli uni agli altri. A livello di contenuto, i nuovi testi non sono poi troppo diversi da quelli dei vecchi dischi. Sono specchio della mia visione cinica e disincantata di una vita 'terra-terra' (la mia) e di quello che mi accade. Non essendo una persona particolarmente rilassata, è naturale che quello che scrivo rifletta le mie insicurezze e le mie paranoie. E proprio per questo rimane appannaggio di pochi, per fortuna..."
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Scorrendo la tracklist, ci si accorge che "Contro.Luce" è una sorta di acronimo, peraltro ripreso e modificato più volte all'interno del booklet: quello che però è alla base dell'opera coniuga stati d'animo e sentimenti, in un ordine che presumo non sia affatto casuale... cosa c'è alla base di questo groviglio semantico?
"Non avevo alcuna voglia di 'etichettare' troppo i brani che costituiscono il disco, che sento molto legati l'uno all'altro al di là di ogni catalogazione formale; mi piaceva quindi l'idea di usare un acronimo per dare significato alle singole canzoni, lasciando inoltre a semplici 'punti' il compito di identificare i brani etnici/sperimentali. Mi piace la confusione, mi piace l'idea che qualcuno possa sbagliarsi a chiamare i brani, mi piace il fatto che sia arduo capire - ad un primo ascolto superficiale - se il numero di brani sul CD corrisponda o meno a quello riportato da inlay e booklet. Un po' di sano caos. Che poi, in un mondo di mp3 anonimi, sia necessario dare dei tag a mano per numerare i brani non può che farmi piacere."
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Venendo al suono, ritengo siate rimasti coerenti con voi stessi e col vostro passato, trovando però una più chiara, potente e cristallina forma espressiva: come analizzi questo importante passo in avanti compiuto dalla band, e come è stato possibile concretizzarlo?
"Una sola parola: esperienza. Facciamo tesoro degli errori e delle imperfezioni. Cerchiamo di migliorarci, un piccolo passo per volta. In "Contro.Luce" ci siamo messi in gioco molte e molte volte, cambiando faccia ai brani in modo drastico fino all'ultimo secondo e ri-registrando parti su parti fino alla nausea più completa. Avevo in mente molto chiaramente cosa volevo ottenere a livello di resa sonora, e il risultato finale vi si avvicina molto, il che mi rende ovviamente felice. Trovo che poter costruire un brano partendo indifferentemente da riff di chitarra, da linee di tastiera o da melodie vocali sia molto stimolante, e penso che l'essere riusciti a bilanciare in modo corretto tutti gli strumenti sia prova di una certa maturità compositiva, oltre che di una buona padronanza degli aspetti 'tecnici' della questione; ormai sono parecchi anni che registriamo secondo un nostro modo tutto particolare, e stiamo raggiungendo risultati che non potremmo mai e poi mai ottenere se non avessimo il nostro piccolo studiolo. Meno male che i computer hanno una memoria più lunga della nostra, altrimenti finiremmo per perdere gran parte di quello che componiamo..."
"Facciamo tesoro degli errori e delle imperfezioni. Cerchiamo di migliorarci, un piccolo passo per volta. In "Contro.Luce" ci siamo messi in gioco molte e molte volte, cambiando faccia ai brani in modo drastico fino all'ultimo secondo e ri-registrando parti su parti fino alla nausea più completa..."
(Mauro Berchi)
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L'enorme qualità di produzione ed arrangiamenti è stata a mio dire fondamentale per far risaltare il grande passo in avanti fatto col nuovo album: cosa è cambiato nel vostro modo di lavorare rispetto ai dischi precedenti?
"Come accennavo prima, abbiamo messo una cura maniacale nella scelta dei suoni e, anche durante il mixaggio, abbiamo posto enorme attenzione a questo aspetto della musica, che in precedenza non dico avessimo trascurato, ma che di sicuro aveva meno importanza. A livello puramente 'tecnico' abbiamo cambiato quasi tutti i synth che avevamo a disposizione (passando da synth hardware a quelli virtuali) ed abbiamo cambiato completamente i suoni di batteria, eliminando gli strumenti dedicati che avevamo prima e utilizzando dei plug-in. Credo che gli enormi passi in avanti compiuti dai virtual instruments permettano una libertà di manovra che in precedenza era difficile da ottenere. Tengo inoltre a precisare che Alessio (il fonico che ha curato mixaggio e mastering del disco) ha avuto un ruolo fondamentale nel far suonare "Contro.Luce" così bene. Si partiva da una base di tutto rispetto, questo è innegabile; lui però non si è limitato a fare il suo 'compitino', ma ci ha messo del suo, entrando alla perfezione nella parte. Diamo a Cesare quel che è di Cesare."
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In mezzo ad ogni brano avete inserito dei frammenti strumentali privi di titolo, a mio dire molto importanti nell'economia dell'opera ed utili per ampliare le influenze: qual è la loro funzione, per come l'avete intesa voi all'atto di crearli?
"Sono la nuova faccia dei brani sperimentali che abbiamo sempre inserito nei nostri dischi, e che nel bene (per me) o nel male (per molti degli ascoltatori) ci contraddistinguono. Questi nuovi 'frammenti' (che in realtà sono brani ben definiti con una loro struttura precisa) stanno diventando sempre più complessi e sempre più 'definiti'; non sono in molti a comprenderne l'importanza, ma personalmente in più di un caso li reputo più significativi dei brani 'canonici'. Riflettono la passione che tutti nutriamo per la musica etnica; mi piacerebbe molto poter registrare qualcosa in loco, girando il mondo. Se mai dovessi vincere alla lotteria, sarebbe una delle prime cose alle quali penserei. Per ora, dobbiamo accontentarci di usare strumenti virtuali."
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Se ritorni con la mente ai vostri esordi, riesci ad individuare un sentimento alla base dell'intero progetto Canaan? E, guardando al presente, lo trovi cambiato rispetto ad allora?
"Guardo raramente al passato, per cui non saprei proprio dire. Suono perchè mi piace farlo, senza alcuna altra ragione che non sia soddisfazione personale. Detto questo, il gruppo ricopriva allora e ricopre anche oggi un ruolo importante come valvola di sfogo per le mie paranoie assortite. C'è chi suona per mostrarsi, chi per vendere, chi per fare successo. Nel mio caso nessuna di queste ragioni ha un senso: suonavo e suono perchè ne sento la necessità, e tutto quello che viene dopo (incluso il rapporto con gli ascoltatori) ha una importanza minima se rapportata al significato più profondo - quasi 'terapeutico' - che la musica ha sui miei nervi. Meglio che imbottirsi di pasticche, questo è certo."
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Cosa provi, a distanza di 15 anni, nel riascoltare "Blue Fire"? E quali tappe della tua carriera artistica hanno significato qualcosa di realmente speciale per te?
"Provo nausea e ribrezzo per tutto quello che abbiamo fatto. Sono sempre sopraffatto da vocine in testa che strepitano "avrei dovuto fare così/sarebbe stato meglio provare questo" e mi impediscono di ascoltare serenamente i nostri dischi, facendomi sentire solo le imperfezioni e non le cose positive. Non vedo alcuna tappa nel nostro passato degna di nota. Finché continuerà l'esperienza Canaan cercherò sempre di tenermi focalizzato verso quello che deve ancora succedere, piuttosto che verso ciò che è stato. Poi, quando il gruppo non esisterà più, verrà forse il momento di guardarsi indietro e di analizzare; per ora mi accontento di suonare."
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Scavando ancora nel tempo e tornando a vecchi progetti come Ras Algethi e Weltschmerz, quali sensazioni ti tornano alla mente quando ripensi ad essi? Hai mai pensato di 'resuscitarne' qualcuno, anche solo per una retrospettiva?
"Come dicevo prima, non ripenso quasi mai a quel che è stato e ritengo che i due progetti abbiano avuto un loro significato e un loro posto ben preciso, in un passato che non ho molta voglia di rivangare. Moltissime persone mi scrivono chiedendo informazioni su Ras Algethi, che sembra essere rimasto nel cuore di tutti (o quasi) gli ascoltatori di doom. A volte mi verrebbe voglia di ri-registrare "Oneiricon", che fu massacrato da un mixaggio criminale e funestato da imperfezioni, dovute alla mancanza di tempo e soldi durante le registrazioni. Non credo però che questo avverrà mai, o per lo meno ritengo la cosa molto improbabile. Per quanto riguarda Weltschmerz, Tony ha deciso di mettere fine al progetto, e non ho alcuna intenzione di usurpare il nome di un act che era principalmente suo."
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Oltre che musicista, sei nel settore discografico da parecchio tempo: per quanto non possa che essere sconsolante, non posso non chiederti una riflessione sullo stato del mercato discografico, oltre a domandarti come si muoverà la tua Eibon di qui in avanti...
"E come vuoi che si muova? Ormai i dischi non li compra più nessuno, vuoi per pigrizia, vuoi perchè ci sono pochi soldini, vuoi perchè la mania da accattoni/scariconi (dei miei coglioni, che fa anche rima) ha cambiato in modo profondo la scena. Non mi dà fastidio che il mulo, il torrente, le formiche siano zeppe delle mie produzioni; mi dà fastidio il fatto che non riuscire più a vendere quasi nulla mi impedisce di produrre nuovi dischi. Quello che vedo attorno a me è un preoccupante spostamento dell'intera 'catena' della produzione/fruizione di musica. Sembra che non conti più nulla registrare un disco, farlo circolare, venderlo e ricavarne un po' di soldi per poter fare qualcosa di nuovo. Quello che appare importante è registrare un brano in cantina, metterlo su 'maispeis' o 'iutiub' e farsi delle gran seghe virtuali alle richieste di amicizia di gente alla quale della musica non frega un cazzo. Molto triste, sopratutto dal momento che questo modo di fruire della musica rende indistinguibile un progetto serio dalla suoneria per cellulare. Vedo - purtroppo - una tremenda disaffezione degli ascoltatori, ai quali ormai non importa più di rapportarsi in modo serio con quello che ascoltano. Il concetto di 'disco' è ormai preistorico, e i brani si ascoltano in tram con il cellulare mentre si manda un sms, si gioca a Angry Birds e si scrive la lista della spesa. Per me questa è la MORTE della musica intesa come prodotto culturale, ed apre le porte ad un concetto grottesco di musica come sottofondo, come complemento ad 'altro'. Io continuerò a vivere il mio rapporto con la musica 'vera' in altro modo, comprando l'oggetto (almeno finché riuscirò a trovarlo, sia chiaro) e toccando, annusando, leggendo, maneggiando qualcosa di fisico. Se per tutti gli altri un merdoso mp3 è in grado di sostituire l'esperienza di un DISCO, buon per loro. Per me non lo sarà mai. Per chiudere la questione, sto faticando come un somaro per tenere aperta l'etichetta, ma come si può evincere dal numero sempre più esiguo di uscite annuali, la situazione non è per nulla rosea..."
"Ormai i dischi non li compra più nessuno, vuoi per pigrizia, vuoi perchè ci sono pochi soldini, vuoi perchè la mania da accattoni/scariconi ha cambiato in modo profondo la scena. Non mi dà fastidio che il mulo, il torrente, le formiche siano zeppe delle mie produzioni: mi dà fastidio il fatto che non riuscire più a vendere quasi nulla mi impedisce di produrre nuovi dischi..."
(Mauro Berchi)
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Inevitabile anche una domanda sui Neronoia: cosa bolle in pentola per questo altro vostro progetto?
"Non so sinceramente se i due dischi prodotti finora avranno mai un seguito. Gianni è occupato con le registrazioni del nuovo Colloquio, che lo stanno impegnando in modo pesante. Noi siamo stanchi e scarichi (e lo resteremo ancora per un po', suppongo), per cui non so dire se/quando vi sarà un terzo disco. A volte non basta la voglia di fare qualcosa per poterlo effettivamente portare a termine."
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Senza fare rumore, sei sempre riuscito a fare cose di spessore e di rilievo, sia come musicista che come discografico: in tal senso, cosa ritieni ti abbia dato in cambio il mondo della musica? Ti senti ripagato a sufficienza da ciò che la musica ti ha dato?
"Questa è un'ottima domanda, per rispondere alla quale devo dividere in due la mia esperienza. Come 'musicista' (diciamo strimpellatore, va là...) sono soddisfatto di quanto fatto, principalmente perchè non mi importa molto vendere dischi, dal momento che Canaan è stato, è e sempre sarà prima di tutto una valvola di sfogo, e solo in secondo piano qualcosa d'altro. Dal punto di vista del discografico, invece, devo mettere sul piatto della bilancia da una parte sforzi titanici in termini di tempo, impegno, soldi e dall'altra il 'ritorno' ottenuto da questi sforzi. Per molti anni l'etichetta è stata il mio lavoro quotidiano, mi ha permesso di produrre dischi che amo e che ritengo di grande valore e persino di sopravvivere, il che è da considerare praticamente un miracolo, vista l'osticità delle mie produzioni. Ora purtroppo da tre/quattro anni questo non è più possibile, ed Eibon è tornata ad essere semplicemente un 'hobby' - di alto profilo, ma sempre un hobby. Ho vissuto questo cambiamento in modo traumatico e mi sento molto scoraggiato dal non riuscire più a produrre nulla (o quasi). Sento ancora bruciare il fuoco della passione, ma le scarse vendite, gli scarsi risultati promozionali, la disaffezione del pubblico stanno pian piano spegnendo questo fuoco. Un po' come Don Chisciotte contro i mulini a vento, continuo a sbattere il muso contro un muro che diventa sempre più alto e sempre più spesso. Per ora tengo botta, ma non so per quanto tempo ancora avrò voglia di prendermi a mazzate negli zebedei da solo..."
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Una persona superficiale vi definirebbe banalmente dei 'depressi', quelli leggermente più scaltri userebbero magari il termine 'pessimisti': chi sono in realtà i Canaan e cosa c'è, idealmente, alla fine del vostro percorso?
"Cinque persone 'relativamente' normali, in bilico come tutti tra cose belle e cose meno belle. Nel mio caso, sicuramente più fragili della media, sballottate dagli eventi. Realisti prima ancora che pessimisti, in perenne attesa di non si sa bene cosa. La fine del percorso Canaan è ancora lontana. Credo avremo modo di fare almeno altri due dischi. Il che - considerando i nostri tempi biblici - potrebbe voler dire che rimarremo in giro ancora almeno un decennio. Si vedrà. Grazie per lo spazio che ci dedicate. : NULLA : MAI : IN NESSUN LUOGO :"
http://www.canaan.it/
http://www.eibonrecords.com/