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10-11-2009
ALESSANDRA CELLETTI
Una fata in cerca delle ali
di Nicola Tenani
L'abbiamo fortemente voluta Alessandra Celletti: non ci siamo accontentati di recensire il suo ultimo lavoro con Joachim Roedelius "Sustanza Di Cose Sperata", piccolo gioiello di minimalismo elettronico e pianistico. Con le domande che le abbiamo rivolto intendiamo di capire se esiste un ponte, un filo che lega la nostra musica con il mondo classico contemporaneo, convinti che questo collegamento sia più forte, nonostante invisibile, di ciò che apparentemente potrebbe sembrare. Una parte importante del goth, anche giornalistico, guarda con occhi riverenti le contaminazioni metal che nel centro dell'Europa chiamano molto pubblico; noi crediamo invece che ancor con più forza la nostra musica abbia le caratteristiche per poter (a volte) appartenere alla musica 'colta'. Perchè colta è la musica degli In The Nursery, eterea e celestiale, o i classicismi che abbiamo recentemente lodato nel nuovo album dei Der Blaue Reiter, oppure le reminescenze di Sakamoto, Sylvian e Mertens, che nella wave hanno trovato una casa accogliente da cui poi proporsi a vaste platee mondiali. Ecco perchè Alessandra per noi è importante: la sua musica è impalpabile ed eterea, minimale come lo è lei. Un'artista che cresce anno dopo anno, album dopo album, nei teatri come in svariate location oramai tra le sponde di più oceani. Noi le auguriamo di rimanere ciò che è: una ragazza che sogna e, nel credere ai propri sogni, produce arte attraverso la quale anche noi abbiamo la possibilità di illuderci insieme a lei che esistano altri mondi, dimensioni in cui essere liberi di poter esistere in armonia con la Natura e gli incanti, ma soprattutto con noi stessi. Chi le darà le ali, allora? Noi promettiamo di continuare a seguirla per aiutarla a volare, perchè nel nostro oscuro mondo marginale la possibilità di fantasticare è pane quotidiano di tanti artisti che amiamo. Con le domande a lei indirizzate possiamo volare nel suo mondo per capirlo un po' di più...
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Anzitutto ti ringrazio a nome del nostro magazine per averci dato la possibilità di poter parlare del tuo ultimo lavoro con Roedelius e di poter capire qualcosa di più del tuo 'essere' artista, in queste domande un po' tra le righe. Insieme a te vorremo gettare un ponte tra quella che è la tua musica, tra classicismi e ricerca, e quella che invece è la musica di cui si approfondiscono in maggior parte i temi qui: il mondo gotico. Sono così distanti?
"Non saprei... ma spero che lo capiremo nel corso di questa intervista."
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Hai dichiarato che tra i tuoi album preferiti anche Nick Cave è presente; cosa porti tra gli spartiti del tuo pianoforte del mondo 'maledetto' ed oscuro di Cave?
"Mi affascina la sua forza espressiva e la luce che ogni tanto filtra dalle sue atmosfere cupe."
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Ti paragonano a molti pianisti del panorama contemporaneo: Emerson su tutti, mentre personalmente trovo invece una grandissima vena romantica tra le tue note; ti senti vicina anche ad un grande musicista della wave 'colta' come Wim Mertens, forse nel periodo Soft Verdict?
"Trovo piuttosto interessante questo parallelo tra il mio mondo musicale e quello della musica progressive. Non saprei che dire, veramente... Quando suono e quando compongo non mi chiedo mai a chi somiglio o a chi vorrei somigliare, ma mi esprimo a modo mio senza seguire nessun modello. Comunque sia Emerson che Mertens che io abbiamo una cosa in comune: viviamo a cavallo tra il '900 e il 2000 e siamo immersi nella stessa modernità e nelle stesse contraddizioni."
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Ti definisci una pianista minimale e romantica: in cosa, esattamente, l'una e l'altra?
"Questa definizione me l'hanno un po' strappata a forza, in un'intervista in cui dovevo assolutamente definire la mia musica... in realtà ci sono molti altri elementi. Sono anche un po' punk, un po' classica, un po' leggera... e un po' disordinata. Comunque sono legata al minimalismo perché sono molto affascinata dalla ripetizione di moduli, ma al tempo stesso ho bisogno di colori e di emotività..."
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Cosa conosci di questo strano mondo di nicchia che è il 'dark'?
"Sarà per il mio legame con Praga che mi viene in mente Vladimir Hirsch, un musicista molto interessante della Repubblica Ceca. Oltre ai suoi lavori da solista è anche uno dei componenti (come tastierista e vocalist) del gruppo post-punk Der Marabu..."
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Ci sono tante sfaccettature in questo mondo musicale, anche se dall'esterno la maggioranza delle persone nemmeno prova a capirlo: elettronica estrema e reminescenze anni '80, ma anche un grande universo neoclassico e decadente che fatica ad uscire dalla piccola elite a cui appartiene. Tu, in quanto artista poliedrica e di successo, cosa consigli a questi artisti che portano avanti discorsi a volte anche simili al tuo, ma senza uscire dalla ristretta cerchia dei simpatizzanti?
"Penso che sia importante esprimersi sempre in modo autentico e senza fare compromessi. Ho sempre pensato che è bello anche avere un pubblico di quattro persone se queste ti amano e ti apprezzano per quello che sei veramente."
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Ti ho vista dal vivo in una location stupenda quale l'eremo tra i colli bolognesi e mi sembrava appartenessi ad un mondo fatato: il tramonto e tu, sulla scalinata della chiesa, creavate un connubio emotivo di grande impatto per il pubblico. Quanto è importante per te il luogo in cui ti esibisci?
"Sicuramente è importantissimo. In un concerto dal vivo tutto contribuisce alla creazione dello spettacolo e anche della musica stessa: è questo il bello. In un concerto non sono solo io con il pianoforte, ma sono io con tutto ciò che in quel momento è lì. E non è detto che una bella sala prestigiosa sia migliore di uno scantinato: dipende dall'atmosfera che si crea, dalla luce che c'è, dagli sguardi delle persone, dal calore. Un concerto è davvero un processo alchemico."
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Di questa alchimia fa parte anche lo strumento: puoi richiedere un modello di pianoforte particolare per le tue esibizioni o devi adattarti a ciò che ti viene concesso?
"Dico sempre che il pianoforte è un essere vivente... nel senso che ognuno è diverso e ognuno ha un carattere suo. Di solito provo ad esprimere delle mie preferenze, ma spesso mi devo anche adattare a ciò che è possibile avere a disposizione. Ed è comunque bello. Proprio come iniziare un dialogo con qualcuno che non conosci e con il quale hai il desiderio di instaurare una buona intesa..."
"In un concerto non sono solo io con il pianoforte, ma sono io con tutto ciò che in quel momento è lì. E non è detto che una bella sala prestigiosa sia migliore di uno scantinato: dipende dall'atmosfera che si crea, dalla luce che c'è, dagli sguardi delle persone, dal calore. Un concerto è davvero un processo alchemico."
(Alessandra Celletti)
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Mondo fatato che nel nostro ambiente musicale ha una parte rilevante: il fairy. Tante piccole band che dell'incanto strumentale e vocale fanno la loro vocazione, voci angeliche ed 'heavenly'. Conosci anche solo in parte questo angolo musicale, nel cui contesto alcune tue sonate apparterrebbero senza indugio?
"Prometto che mi documenterò, ma se devo essere sincera non conosco gruppi che fanno musica fairy... Però il mondo delle fate lo conosco, perché spesso mi ci perdo da qualche parte nei sogni..."
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Descrivici un tuo sogno in questo senso: al risveglio senti di dover trasporre in musica ciò che esso ti ha evocato?
"Non ricordo più chi ha detto che noi siamo i sogni degli dei... quello che io comunque sento è che i sogni sono una parte importante della realtà, magari proprio quella più vera... Nei sogni prende vita tutto un mondo che sta lì da qualche parte, che non possiamo toccare, ma che ci si presenta per qualche istante svelandoci dei colori, delle forme, delle emozioni. Al risveglio si può decidere di ignorare tutto questo, oppure di mantenere un filo con questo mondo incantato. Io penso che la musica sia un grandioso strumento per esprimere questo legame con il sogno..."
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A proposito di te e di un mondo fatato a cui puoi appartenere, ho visto sul tuo myspace che è in uscita un libro, sempre edito da Transparency: ce ne vuoi parlare? Dalle immagini che ho visto sembra così vicino al mondo delle fate...
"È vero: sono felicissima perché sembra quasi un libro di fiabe. E contiene anche un DVD con frammenti dei miei concerti e alcuni videoclip. Devo dire grazie a Massimo Marchini, l'autore, che ha saputo cogliere il mio modo di essere con profondità e delicatezza, ai fotografi CnS che mi hanno ritratto come una fata dei boschi, e a Michael Sheppard della Transparency... la collaborazione con lui sembra davvero avvolta in un incantesimo."
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Sei sempre positiva nella tua musica, anche quando la conduci su binari lenti e frammentati, senza mai compiere il passo verso romanticismi più funerei, come ad esempio Diamanda Galás esalta in ogni sua soluzione. Ti sfiora mai l'idea di voler tentare anche strade più drammatiche e figlie di inconsci spezzati, malinconici o sepolcrali?
"Credo che nella musica si esprima la propria essenza. C'è una componente malinconica anche in me, ma mi piace cercare sempre un po' di luce e mi piacciono troppo i colori per indugiare nel buio. Il mio album "Chi Mi Darà Le Ali" nasce sicuramente da un momento molto cupo, ma anche lì c'è il desiderio di uscire fuori e provare a volare. Il mio elemento è l'aria, e anche se sono triste sorrido sempre."
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Ti chiedo questo perchè nel tuo ultimo video, in cui suoni Baldassarre Galoppi, si avverte una forte volontà di trasgredire, rompere schemi, tentare soluzioni non composte... La avverto solo io?
"Ribelle lo sono sempre stata... Ma a volte la trasgressione viene interpretata come un atteggiamento rabbioso o di contrapposizione alle regole. Invece per me ognuno può seguire le regole che vuole. L'importante è sentirsi a proprio agio dove si è, e per quello che mi riguarda sono a mio agio solo se ho una sensazione di totale libertà rispetto al mio modo di essere. Non è facile perché le persone hanno bisogno di inquadrarti e di definirti... ma finalmente comincio a sentire che questa mia libertà artistica viene compresa e addirittura amata. E vorrei qui anche ringraziare Manuel Savoia e Ugo Malatacca che hanno realizzato il video."
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In parte ciò a cui penso è presente nelle musiche di "Way Out", stupendo in ogni suo manifestarsi: ti ripeterai in quella direzione?
"Ogni mio disco è una storia a sé, ma sicuramente nel prossimo futuro farò un nuovo disco di canzoni... ora che ho scoperto quanto è fantastico cantare non rinuncerò facilmente a questa possibilità. Ma oltre al piano e alla batteria ci saranno altri strumenti... penso ad un contrabbasso o ad un violoncello, che ha un timbro che amo molto."
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In questo album la tua voce si sposa bene con la musica: sono cresciute insieme?
"Diciamo che la musica è cresciuta prima... e la mia voce è ancora come un bambino che vuole conoscere ed esplorare. Suono il piano da quando ho sei anni, mentre l'idea di cantare è nata solo con "Way Out", quindi un paio di anni fa..."
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Ad esempio, tornando a ciò che ti dicevo prima, il famoso ponte estendibile tra i 'nostri' mondi potrebbe essere figlio di situazioni simili al sapore di "Way Out", osando magari qualche soluzione percussiva maggiormente etnica che può andare dal solo tumper fino al bodhran celtico, alle campane tubolari e tutto ciò che possa creare faville di neoclassicismo fantastico: è un'idea folle?
"Vedrai, vedrai... non voglio anticipare niente... ma ti porterò in un mondo che ti stupirà... ho in mente un concept album ...una storia davvero fantastica."
"Nei sogni prende vita tutto un mondo che sta lì da qualche parte, che non possiamo toccare, ma che ci si presenta per qualche istante svelandoci dei colori, delle forme, delle emozioni. Al risveglio si può decidere di ignorare tutto questo, oppure di mantenere un filo con questo mondo incantato. Io penso che la musica sia un grandioso strumento per esprimere questo legame con il sogno..."
(Alessandra Celletti)
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Non ci anticipi proprio nulla?
"E va bene. Ti dirò anche che sarà un album interamente dedicato ad una donna, indiana d'America. Una storia avventurosa, simbolo di coraggio e di libertà... Mi è stata suggerita dal mio amico giornalista Pietro Lanzara, che si sta dedicando a scrivere i testi."
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Ora parliamo un po' di "Sustanza Di Cose Sperata": come conosci Roedelius?
"Ho conosciuto Hans Joachim Roedelius grazie alla mia pagina myspace. Inizialmente ci siamo scambiati messaggi di stima e di curiosità... Poi lui mi ha invitata a Lunz, in Austria , a suonare Satie in un piccolo e bellissimo festival organizzato da lui. Qui abbiamo avuto modo di scoprire molte affinità artistiche, ma anche nel modo di essere e di intendere la vita... Così su queste basi abbiamo costruito una bellissima collaborazione che ci ha portato ad esibirci insieme dal vivo, e poi, grazie all'etichetta americana Transparency, a realizzare il CD "Sustanza di Cose Sperata". È un disco nato di getto, con soli due giorni in studio."
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È stato difficile trovare l'amalgama conciliante tra le vostre esperienze?
"No, anzi, direi il contrario. È come se avessimo trovato subito mille affinità. Entrambi amiamo la semplicità, la purezza espressiva. Entrambi amiamo la leggerezza e il gioco, ma anche la serietà e la sincerità. Entrambi amiamo la musica di Satie e tutti e due siamo curiosi come bambini. Tutti e due amiamo il suono del pianoforte, ma anche l'esplorazione elettronica..."
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Quanto c'è stato di studiato nella preparazione del disco e quanto invece è nato tra le mura della sala d'incisione?
"Quando siamo entrati in studio non avevamo niente di stabilito... devo ammettere che ero anche un po' preoccupata. Invece poi le note hanno cominciato a girare... c'era un'atmosfera serena e concentrata."
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Come ti sei trovata con un grande maestro dell'elettronica minimale come Roedelius, ma soprattutto cosa ti rimane dentro dopo l'uscita ed i concerti di "Sustanza Di Cose Sperata"?
"Sono felice e onorata di aver avuto l'attenzione e la stima di un musicista come Hans Joachim. Nonostante la sua esperienza, Roedelius ha conservato intatte purezza e curiosità. Non credo di essere cambiata dopo questa esperienza, ma sicuramente ho acquistato ancora più fiducia nelle possibilità espressive e comunicative attraverso i suoni."
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Ascoltandolo, da subito, ho avuto la sensazione che a comporre ed eseguire gli spartiti fosse un'unica mano... Quanto feeling si è creato tra voi per arrivare a questo risultato? È stato difficile raggiungerlo?
"È vero, in questo album ci scambiamo i ruoli con molta semplicità. A volte io al piano e Joachim ai suoni elettronici, a volte il contrario... Il feeling tra noi si è creato fin dal primo momento che ci siamo conosciuti. Abbiamo tante cose in comune nel modo di intendere la musica, ma anche la vita stessa. La stessa curiosità e la stessa voglia di giocare con i suoni."
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Quanto è importante mantenere la tua 'purezza' artistica? Ti aiuta a non far sì di perdere di vista l'eccitazione nel comporre, suonare, esibirti?
"Non potrei fare a meno della sensazione di gioco, sebbene il lavoro artistico (e in particolare la musica) richieda anche una notevole autodisciplina. Sembra un paradosso, ma la purezza è qualcosa che ha bisogno di una continua attenzione..."
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Sempre per tornare al discorso precedente, in "Rilke" ho avuto la sensazione di ritrovare certi temi cari a David Tibet dei Current 93: la contaminazione tra voce recitante e musicalità fragile, il flauto di Nagashima che porta tutto verso una world-music senza tempo, ma soprattutto uno strano senso di eternità romantica sublime e decadente...
"Adoro la voce di Joachim in questo brano, il cui testo è tratto da "Il Libro d'Ore" di Ranier Maria Rilke. C'è una frase in particolare che vorrei sottolineare: "Eppure, benché ciascuno si proietti fuori da sé stesso, come da un carcere che ha in odio e lo trattiene, - c'è un miracolo grande in questo mondo: lo sento: le vite, tutte, vengono vissute"."
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Cristalli: tutto l'album mi evoca cristalli. Impalpabili, luminosi e freddi, fragili ed austeri, colori sfumati e persi tra riverberi; ti ci riconosci anche solo in parte?
"Completamente! Ti ringrazio per questo bellissimo confronto."
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Stesse sensazioni che sento in "Way Out", album che mi riporta a Sakamoto e Sylvian, grandi esponenti del romanticismo anche doloroso: senti dolore in questi due album?
"C'è un momento magico, quando il dolore si scioglie e diventa colore..."
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Dichiari sempre il tuo grande amore per Satie: in lui stai trovando la forza ed il coraggio per avvicinarti a certe avanguardie, come nella tua collaborazione con Roedelius?
"Satie è stato davvero un musicista coraggioso. Per me è un vero esempio di libertà espressiva. Ti posso rispondere anche con le parole di John Cage: "Per interessarsi a Satie occorre cominciare non avendo interessi, accettare che un uomo sia un uomo, lasciar perdere le nostre illusioni sull'idea di ordine, di espressione dei sentimenti e tutti gli imbonimenti estetici di cui siamo gli eredi. Non si tratta di sapere se Satie è valido. Egli è indispensabile."."
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Cosa significa per te il termine 'avanguardia'?
"Vuol dire andare all' avanscoperta... avere il coraggio di esplorare qualcosa di nuovo con sincerità, anche rischiando di non essere capiti."
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Avvicinandoci alla conclusione e tornando al nostro ponte ideale, c'è un grande progetto inglese che per noi è fondamentale quando si parla di musica goth-eterea: gli In The Nursery. In te sento la stessa figurativa ricerca di musica che matura immagine, come tante soundtrack immaginarie. Anche tu, come i gemelli Humberstone (appunto gli In The Nursery), lentamente sei entrata nel mondo del cinema tramite le tue musiche: cosa ti aspetti da questa direzione in futuro?
"Sì, penso che la mia musica abbia un potere evocativo perché spesso, dopo un concerto, alcune persone mi dicono che ascoltarmi è stato come fare un viaggio per immagini. Una mia interpretazione di una Gnossienne di Satie è stata usata da Guy Ritchie in "Revolver" (un capolavoro di film! nota del Direttore) e delle mie composizioni sono state usate in due film indipendenti: da Jason Loya in "Elan Vital" e da Paola Romagani in "My Mother Fairy Tales". E poi la mia musica piace molto anche a pittori e poeti..."
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Esiste un film del passato che avresti voluto musicare?
"C'è un film muto che vidi tanti anni fa in una serata dell'estate romana. Si intitola "Il Vento"... questo è il film che mi sarebbe piaciuto musicare."
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Fatti un po' di pubblicità ed invita i nostri lettori ad approfondire la tua conoscenza, ascoltandoti dal vivo nei tanti concerti in giro per il Bel Paese (oltre al reperire i tuoi dischi ovviamente): quali date terrai in Italia nel prossimo futuro?
"Sono molto emozionata perché nella prima metà di dicembre suonerò a San Francisco, Los Angeles e New York... Poi il 22 farò un concerto a Palermo. Sicuramente da gennaio suonerò nelle principali città italiane, ma le date sono ancora da definire. Comunque aggiornerò puntualmente la mia pagina myspace e il mio sito."
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Ci sono città in cui torni volentieri, al di là dell'esibizione?
"A Bologna ho suonato tante volte, ma ogni volta ci torno con grande piacere. C'è un rapporto di grande affetto e calore... Ma ci sono anche tante città dove non ho mai suonato e dove mi piacerebbe portare la mia musica."
"Non potrei fare a meno della sensazione di gioco, sebbene il lavoro artistico (e in particolare la musica) richieda anche una notevole autodisciplina. Sembra un paradosso, ma la purezza è qualcosa che ha bisogno di una continua attenzione..."
(Alessandra Celletti)
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Alessandra, nel ringraziarti per il tempo concessoci, ti propongo una sorta di 'scambio': se da una parte noi abbiamo portato a conoscenza dei nostri lettori un piccolo spaccato sulla tua arte, per contro ci auguriamo che anche tu vorrai esplorare quel mondo musicale (il nostro) che, come abbiamo inteso sottolineare col discorso del 'ponte ideale', non è poi così lontano dal tuo...
"Te lo prometto!"
http://www.alessandracelletti.com/
http://www.myspace.com/michael_transparency