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22-09-2009
DJINN
Neri silenzi
di Michele Viali
L'avventura di Alex Vintras nelle vesti di Djinn iniziava nel 1999, tenuta a battesimo, di lì a poco, da quel Marco Corbelli che ha saputo scoprire e valorizzare una quantità immane di progetti industrial, e che anche in questo caso aveva avuto buon fiuto. Incontriamo adesso, a distanza di dieci anni dalla nascita del progetto, il misterioso Alex, che di questi tempi ci consegna un nuovo piccolo lavoro ("Mind Evolution", uscito per la svizzera Show Me Your Wounds Prod.), in concomitanza con la pubblicazione del bel lavoro retrospettivo "Suicide Box": un vero e proprio tuffo nel nero totale. L'aspetto più evidente di Djinn è l'aver saputo rinverdire i fasti del death-industrial senza scimmiottare i nomi più celebri, costruendo un mondo sonoro chiuso e asfittico che non chiede consensi o dissensi: è unicamente l'espressione - dura - di uno stato emozionale negativo, nonché la reazione ad una pessima realtà che si vuole tenere lontana. Quella di Alex è una voce che scaturisce dal silenzio, la si sente solo quando c'è bisogno di dire qualcosa, fatto che ha reso ogni sua uscita tagliente e incisiva... sebbene forse ancora troppo pochi conoscano il suo operato. Qui di seguito emerge dunque il profilo di un autore che sembra non voler lasciare nulla al caso...
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Iniziamo dall'alba del progetto: quali ragioni ti hanno spinto a dare vita a Djinn? Cosa significa questo nome e quali motivi ti hanno portato a sceglierlo?
"Nel lontano 1999 ho cercato di creare un qualcosa di reale del mondo che mi ero creato. Un qualcosa che, anche se invisibile, potesse essere guardato, toccato, percepito... e tutto ciò si è materializzato nel progetto Djinn. I Djinn erano gli antichi demoni che portavano alla follia e il significato di questo nome è: 'colui che si nasconde'."
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Quando e come hai iniziato ad interessarti di musica elettronica?
"L'interesse per la musica elettronica è nato in corrispondenza con la nascita del progetto Djinn, prima di allora l'unico nome che mi legava a questa scena era quello degli MZ 412. Subito dopo la realizzazione del mio primo demo, dal titolo "Ritual", iniziai ad interessarmi a questa realtà, e ricordo che rimasi sorpreso nell'ascoltare certe sonorità molto vicine alle mie, ma allo stesso tempo molto soddisfatto del fatto che le basi del progetto Djinn non siano mai state condizionate da altre sonorità, per il semplice motivo che ignoravo l'esistenza di tali progetti."
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I tuoi album sono stati stampati inizialmente dalla Slaughter Productions del compianto Marco Corbelli. Come nacque il rapporto artistico con Marco? In che modo vi siete conosciuti?
"Dopo la realizzazione del demo iniziai a lavorare sulle tracce che avrebbero composto il primo album "Katharos", e iniziai a inviare dei promo a varie etichette. Marco fu il primo a contattarmi per complimentarsi del mio progetto e mi propose di farlo uscire per la sua etichetta. Rimasi subito colpito dalla 'politica' della Slaughter e da quel malsano alone che aleggiava attorno a tale etichetta. Marco entrò subito nella mentalità del mio progetto, e la cosa fu reciproca da parte mia per quanto riguarda la sua etichetta. Ricordo che a quei tempi non sarei uscito per nessun'altra etichetta, il legame che mi legava era troppo forte, e così fu fino alla sua scomparsa. Incontrai Marco di persona dopo due anni dall'uscita del primo album e solo allora capii il perché di questo legame... era una persona chiusa nel suo mondo e difficilmente sarei riuscito ad entrarci, come difficilmente sarebbe riuscito lui nel mio. Ma proprio questo ci legava."
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Il "Suicide Box", che contiene i tuoi tre album e un mini con materiale inedito, è dedicato proprio a Marco. Cosa ti ha insegnato la vicinanza e la conoscenza del fondatore della Slaughter? E cosa credi abbia lasciato in eredità alla scena musicale industrial?
"Posso dire di aver ottenuto delle conferme, più che degli insegnamenti. Molti di questi non riguardano l'ambiente discografico, ma più che altro la 'semplice' esistenza in tale ambiente. Marco era proprio l'antidivo per eccellenza, per quanto avrebbe potuto permetterselo, a differenza di chi mette sul piatto della bilancia la sua immagine prima di tutto. Credo di aver avuto la conferma sul fatto che ogni cosa deve nascere/evolversi/finire per volontà di chi l'ha creata. Restare in silenzio se non si ha nulla da dire e fare il più rumore possibile se si ha la voglia di farlo. Mettere su carta, su tela o in musica qualsiasi pensiero, senza pensare a come verrà preso dal mondo esterno. Tutto ciò mi ha lasciato Marco, e lo ha lasciato alla scena musicale insieme ai suoi lavori, che credo, sinceramente, siano ineguagliabili per carica emotiva."
"Credo di aver avuto la conferma sul fatto che ogni cosa deve nascere/evolversi/finire per volontà di chi l'ha creata. Restare in silenzio se non si ha nulla da dire e fare il più rumore possibile se si ha la voglia di farlo. Mettere su carta, su tela o in musica qualsiasi pensiero, senza pensare a come verrà preso dal mondo esterno. Tutto ciò mi ha lasciato Marco, e lo ha lasciato alla scena musicale insieme ai suoi lavori, che credo, sinceramente, siano ineguagliabili per carica emotiva."
(Alex Vintras)
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Come è nata la collaborazione con Rodolfo Protti della Old Europa Cafe per la produzione del "Suicide Box"?
"Per quanto il "Suicide Box" sia uscito in questo periodo, l'idea di collaborazione è nata circa tre anni fa, ma i tempi si sono allungati per ciò che ho detto prima: "restare in silenzio se non si ha nulla da dire". L'idea di rendere reperibile ciò che ormai non lo era più è piaciuta subito a Rodolfo, che ha avuto la pazienza di aspettare e allo stesso tempo di trasformarla in realtà nel giro di poco tempo."
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Come mai hai scelto di stamparne solo 111 copie? Non credi che in questo modo il "Suicide Box" diventi quasi da subito un oggetto per collezionisti, mentre chi ha un interesse può rischiare di trovarlo già sold out e a prezzi maggiorati?
"Arrivo da una etichetta come la Slaughter Productions, che ha sempre prodotto edizioni limitate, e questo nel corso degli anni si è quasi trasformato in una regola per me. Per quanto riguarda le 111 copie del box, è una scelta che arriva da parte della Old Europa Cafe. Non mi sono mai soffermato troppo su questo 'problema'. Anche perché considero le mie sonorità come un qualcosa di troppo personale per poter pensare che necessitino di una divulgazione massiccia. Forse il concetto si semplifica in questo modo: "chi sarà davvero interessato... riuscirà a reperirlo". Sarà scontato che qualcuno potrà 'mangiarci' su rivendendo copie a prezzo maggiorato. Io stesso convivo con questa realtà di prezzi 'esagerati' nel momento in cui voglio far mio quell'oggetto di culto che tanto cercavo, dopo tutto il prezzo lo fa chi possiede tale oggetto... e spesso vale la pena strapparlo via ad una persona che arriva a fare un prezzo, perchè credo non meriti di restarne in possesso. Io non rivenderei mai certi titoli in mio possesso... come anche non ho mai guadagnato oltre sulle uscite del progetto Djinn, preferendo regalarli o scontarli nel prezzo alle persone più vicine a me."
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Pressoché in tutte le foto appari con un'inquietante maschera stilizzata, spesso con armi al seguito: perché hai scelto questo genere di 'iconografia'?
"Se avessi amato ciò che il mondo ci offre, non avrei sentito la necessità di questo progetto e della figura che mi rappresenta. La maschera è quel filo sottile che mi separa dalla realtà, e spesso viene vista come una debolezza proprio da coloro che vivono 'solamente' in questa realtà... non rendendosi conto che spesso tutte queste stesse persone si conoscono tra di loro solo attraverso la propria maschera. Ognuno conosce la 'maschera' delle persone che frequenta, e difficilmente conosce ciò che ci sta dietro. Non per niente uno dei mali del mondo è proprio l'ipocrisia. Ciò che ho cercato di fare è proprio evitare tutto ciò... distinguere le due cose. Essere ciò che sono nella vita reale con i miei pregi e difetti, senza sentire quell'obbligo di 'piacere' per forza e nascondermi dietro la maschera nel mio mondo, nel mio progetto, laddove in pochi possono arrivare. Un po' come scriveva Nietszche: "Le persone con la maschera, i cosiddetti caratteri che non si vergognano di mostrare la maschera"."
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Il tema del suicidio aleggia in ogni tuo prodotto, arrivi a definirlo "un'uscita di sicurezza per pochi". Che valore assume il 'suicidio' nell'ottica del progetto Djinn?
"Il tema del suicidio è da sempre una componente molto forte nel progetto Djinn, non come forma di induzione, ma forse come una semplice 'difesa' su questo argomento, che spesso viene menzionato da troppe persone. Non ho mai sopportato frasi del tipo: "..ma perchè l'ha fatto!?" o cazzate del genere. Ciò che si nasconde nella mente del suicida è un qualcosa di troppo grande per la mente di queste persone. Chi crede che il suicidio sia una 'facile' via di fuga dalle difficoltà, dovrebbe a volte soffermarsi sui piccoli dettagli... non sappiamo come la morte ci abbraccerà, ma di una cosa si può essere certi: un suicida troverà la morte in totale solitudine, e credo che morire da soli non sia poi così facile. Da sempre ho cercato di affrontare queste tematiche, a volte semplicemente come forma di libertà... libertà di scegliere e decidere cosa fare della propria vita."
"Ognuno conosce la 'maschera' delle persone che frequenta, e difficilmente conosce ciò che ci sta dietro. Non per niente uno dei mali del mondo è proprio l'ipocrisia. Ciò che ho cercato di fare è proprio evitare tutto ciò... distinguere le due cose. Essere ciò che sono nella vita reale con i miei pregi e difetti, senza sentire quell'obbligo di 'piacere' per forza e nascondermi dietro la maschera nel mio mondo, nel mio progetto, laddove in pochi possono arrivare."
(Alex Vintras)
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Nella tua musica si avvertono echi della scena death-industrial, in particolare ho trovato il tuo album di debutto "Katharos" assai vicino ai Megaptera di "Songs From The Massive Darkness" e ad altri grandi nomi del post-industrial scandinavo (da Brighter Death Now ad Archon Satani). Quanto ti senti legato a questa scena?
"Se devo pensare a quella scena nel momento della realizzazione, e comunque sia nella composizione di ogni mio lavoro, non mi sento assolutamente legato. Anche perchè, come dicevo prima, non sono stato influenzato in modo considerevole da nessuno. Naturalmente a lavoro finito molte affinità ci legano, e molti dei miei momenti di pace li passo ascoltando tali progetti. Adoro le sonorità dei primi Raison D'Être, Letum, Ildfrost e gli altri progetti da te menzionati."
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Quanto invece incide su di te l'esempio artistico di Atrax Morgue, con le sue tematiche legate al corpo, al dolore e al suicidio, nonché il suo modo quasi istintivo di comporre musica?
"Incide molto e niente allo stesso tempo. Nel senso che per me ciò che ha fatto Marco con il suo progetto ha un qualcosa di 'profetico', una macabra e reale poesia della vita che tutti quanti potrebbero vedere, se avessero la voglia e la volontà di farlo. Non incide per quanto riguarda le sue idee, nel senso che sono solo sue... e sorrido sconsolato nel vedere certi soggetti che ripropongono il suo modo geniale di comunicazione. E la cosa mi disgusta abbastanza, se non si fosse capito. Per quanto riguarda il suo modo di comporre musica in modo istintivo, non rientra nella normale procedura di realizzazione del progetto Djinn, che ha bisogno di una lenta composizione. Cosa che però non avviene in alcuni altri miei side-project."
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Quali realtà o situazioni ti influenzano di più nella composizione dei brani? La tua musica sembra scaturire da una natura filmata in bianco e nero, sempre in bilico tra la morte concreta e un latente desiderio di morte che ci mantiene in vita...
"Le mie influenze principali sono quelle di tutti i giorni, o meglio, ciò che mi ha sempre tormentato in tutti i giorni da me vissuti. La vita è come un virus che lentamente subisce una mutazione e ti contagia delle esperienze più crudeli. Ciò che nella realtà mi ferisce, nel mio mondo diventa una forma di propaganda per coloro che ancora non se ne fossero accorti, o per chi avrà voglia di percepirli."
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Nel tuo ultimo album "Goodbye" appare una cover di un brano originariamente firmato da Progetto Morte, duo composto da Marco Corbelli e Walter Piano: perché hai scelto di reinterpretare una traccia così ricercata?
"L'idea di riproporre "Dissekt Mind" mi venne in mente durante la realizzazione di "Goodbye": le tematiche legate a quell'album andavano a braccetto con le parole contenute in quella canzone. Parole che trasudavano una crudele verità. E per me era anche un sogno che si realizzava, visto che da sempre adoravo Progetto Morte. Quando incontrai Marco gli proposi la mia idea... Era orgoglioso di questo, e ricordo che mi guardò e mi disse: "sai... non è stato capito da molti quel progetto". Da lì capii il suo entusiasmo per un qualcosa che a quanto pare non venne apprezzato, ma che a lui interessava molto. Fu entusiasta del lavoro finale."
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Quest'anno è uscito un tuo nuovo lavoro: il mini "Mind Evolution", il primo lontano dalla Slaughter. Cosa c'è alla base di questa nuova produzione?
"Questa nuova collaborazione con la Show Me Your Wounds Prod. è stata come una rinascita. Sono stato contattato da Nebo che mi ha proposto questo mini, e non ci ho pensato due volte. Un'altra cosa positiva è la stima che Nebo aveva per la Slaughter Productions, e infatti la sua etichetta richiama molto la creatura di Marco Corbelli. Avevo del materiale quasi definitivo e i minuti a disposizione erano perfetti per questo concept: ciò che ne è uscito è un lavoro diretto e malsano. Il tutto reso perfetto dalle veste grafica realizzata da Aimaproject."
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Come si colloca e si differenzia stilisticamente "Mind Evolution" rispetto ai tuoi lavori precedenti? In che modo credi si sia evoluto il tuo modo di fare musica negli ultimi dieci anni?
"Credo che "Mind Evolution" possa essere percepito in modo più diretto dall'ascoltatore, e anche a livello compositivo è un pò come un flash che ti abbaglia la mente. Una ricerca della verità tra i meandri della follia. Non credo che sia cambiato molto nel progetto Djinn a livello compositivo... se non dal semplice punto di vista tecnico. Ogni singola traccia viene concepita da un secondo di ansia e terrore che lentamente si propaga come il peggiore dei mali."
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Hai in programma di ristampare anche il mini autoprodotto "Multiple Personality Distorted"? Come mai non lo hai incluso nel blocco di ristampe del "Suicide Box"?
"Ritornando al discorso di prima sugli oggetti da collezione, credo che "Multiple Personality Distorted" rientri in questi: è stato l'unico lavoro autoprodotto (in 66 copie) e non è stato inserito nel box per questioni di spazio. Abbiamo preferito usare il miniCD all'interno per inserire brani inediti. E comunque non credo che verrà ristampato."
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Appare curioso il fatto che la tua esistenza artistica sia stata finora limitata alla sola Slaughter, al punto che non compari (stando a quel che ne posso sapere) nemmeno in compilation o come special guest in qualche album di altri autori. La tua sembrerebbe quasi un'esistenza all'insegna di un'oscurità voluta... c'è una volontà particolare alla base di questa scelta?
"Ti porgo i miei complimenti per questa domanda, che denota la tua capacità intuitiva... Da quando è nato il progetto Djinn, non sono mai andato in cerca della 'notorietà'. Anche il semplice fatto di apparire in qualche compilation richiede da parte dell'autore una minima 'ricerca' o 'richiesta', cosa che non faccio. L'unica compilation a cui ho partecipato risale al 2004, se non ricordo male, quando ho ricevuto una richiesta di partecipazione per un tributo a Koji Tano, padre della scena noise giapponese, intitolata "Arte Noise". Questo aspetto del mio progetto rispecchia certi aspetti della mia personalità nella vita. Per farti un esempio stupido che ti possa far capire, posso dirti che odio chi nella vita si invita da solo... Ho sempre pensato che riuscire a farsi sentire nel silenzio sia una delle cose più grandi e soddisfacenti, sia da parte mia che da parte dell'ascoltatore. Dopotutto quanto fascino può avere una 'voce' che tutti possono sentire?"
"Chi crede che il suicidio sia una 'facile' via di fuga dalle difficoltà, dovrebbe a volte soffermarsi sui piccoli dettagli... non sappiamo come la morte ci abbraccerà, ma di una cosa si può essere certi: un suicida troverà la morte in totale solitudine, e credo che morire da soli non sia poi così facile."
(Alex Vintras)
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Quali sono i tuoi progetti futuri? Stai lavorando alla produzione di un nuovo album? O hai in programma side-project?
"Al momento sto lavorando sempre per la Show Me Your Wounds Prod. per uno split in collaborazione con Aimaproject, che ritengo un'artista di notevoli potenzialità, il tutto supportato dalla ottima mentalità dell'etichetta. Molto probabilmente si potrebbe concretizzare anche una collaborazione con il progetto israeliano Kadaver. Per quanto riguarda l'unico che considero side-project, e che al momento è solo a disposizione di alcuni 'addetti ai lavori', si chiama Y-Incision, e qualcosa si sta muovendo. Mentre al di fuori di Djinn ho un progetto abbastanza particolare dal nome Necro Nihilist Nausea, che io e il mio socio amiamo definire 100% Death Electronics. E un ulteriore progetto con due ragazzi da Washington dal nome Arcane Diabolus."
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Per concludere, vorrei chiederti un'opinione riguardo 'l'esterno'. Hai definito la vita sociale come caratterizzata da regole e abitudini patetiche: qual è l'esatta visione che hai della società contemporanea e in che modo questa va a incidere su quell'oscurità totale espressa tramite i brani di Djinn?
"Se mi avessi posto questa domanda un po' di anni fa, credo che avresti dovuto censurare la mia risposta. Non che le cose siano cambiate, forse è cambiato semplicemente il mio modo di pormi... usando il silenzio come l'arma più tecnologica in mio possesso. Non per niente un album come "Tecnological Death" racchiudeva nel suo titolo la voglia di sottolineare che l'arma più tecnologica per uccidere è la vita stessa... un'arma silenziosa che non lascia tracce e che lentamente può trascinarti nel desiderio della morte, di quella morte che profuma di liberazione. L'esterno? È quello che vedo dalla mia finestra, e ciò che passeggia per le strade e che ti giudica, e lo fa solo perchè non comprende. E ciò che non viene compreso spesso spaventa. L'esterno è ciò che tengo lontano dal mio mondo, quel mondo parallelo in cui preferisco dormire."
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