25-08-2008
GENRE PEAK
"Preternatural"
(In-Code Music)
Time: (66:34)
Rating : 7.5
Se del debutto del progetto di Sacramento (California) "Ends Of The Earth" del 2006 non vi fu molta eco dalle nostre parti, verosimilmente per questo follow-up le cose andranno diversamente, poiché a fianco del mastermind Martin Birke (già in Sandbox Trio e Casualty Park) e dell'amico e producer Christopher Scott Cooper (qui alle prese anche con chitarre e samples) troviamo ospiti quali il bassista Gustaf Fjelstrom (Maximum Indifference), la cantautrice Tara C. Taylor e soprattutto Mick Karn, storico membro dei seminali Japan, molto amati anche dai nostalgici del Bel Paese. Completa la lista dei guest Stephen Sullivan, qui alle prese col guitar synth, in un disco che si dimostra ben più poliedrico del suo predecessore proprio per il più ampio assortimento di musicisti coinvolti. Quello di Genre Peak è un sound dove l'elettronica fredda, setosa, melodica e inebriante si fonde coi chiari tratti organici dal retrogusto prog apportati dalla strumentazione, idealmente adatto a chi si diletta con cose più raffinate e 'cerebrali' come Conjure One, i sempre fondamentali Kirlian Camera o - perché no? - i nostri ottimi Act Noir, ma capace di coinvolgere anche chi di sola electro non si nutre, grazie a sfaccettature intriganti che emergono a più riprese ed all'assenza di casse dritte et similia. "Hell On The Surface" apre spigolosa e pulsante, mentre nella successiva "Wear It Well" Martin lascia il microfono a Tara, per un brano marchiato a fuoco dal fretless di Mick Karn (anche coautore delle musiche); tra frangenti strumentali sempre molto pertinenti (la cosmica "Rama" e la raggelante ambient di "Ethersleep") ed un paio di remix tutto sommato apprezzabili per la più rilassata "Wear Your Ruin" (specie quello ipnotico curato da Stereoskop) trovano spazio brani di spessore come le eleganti e raffinate "Different Dangers" e "Blue Filter", la nervosa e sconnessa "Amena" e soprattutto "People Go Missing All The Time", vero apice del dischetto col suo crescendo d'intensità e le sue trame avvincenti, prima che le atmosfere cupe e polari di "Etherdream" chiudano l'opera. Un ritorno in grande stile (a partire dalla confezione digipack) per un progetto sicuramente ambizioso, ma anche in possesso delle qualità necessarie per soddisfare un pubblico di palati fini non necessariamente legati alla musica oscura.
Roberto Alessandro Filippozzi