21-04-2017
RAPOON
"The Kirghiz Light"
(Zoharum)
Time: CD 1 (69:47); CD 2 (70:18); CD 3 (58:04)
Rating : 7
La grande operazione di ristampa della discografia di Rapoon, avviata dalla label polacca Zoharum, ha proposto alcuni mesi or sono (nel settembre 2016) il recupero di "The Kirghiz Light", album uscito nel 1995 per i tipi della storica Staalplaat e da allora mai ristampato. Come da copione, anche in questo lavoro Robin univa strumenti e partiture elettroniche, nonché campionamenti atti a ricreare la tipica atmosfera à la Rapoon dove mistero, tribalismi e loop vengono sapientemente intrecciati. Il titolo stesso rimanda ad ambientazioni orientali e paesaggi naturalistici relativi ad un'Asia visionaria e sognata, tematica che percorre gran parte degli album di Storey, in particolar modo quelli relativi agli anni '90. Di fatto il tutto viene rivisto con i canoni creativi occidentali e post-industriali, forti di una ripetizione circolare di elementi molteplici per mezzo dei quali viene generato un mood ritualistico ed ipnotico unico. Gli stessi spunti tonali portano allo sviluppo di mantra ritmici che da un lato guardano al passato e a mondi perduti e dall'altro alla modernità sperimentale ed illbient che pervadeva - e pervade ancora - l'underground mitteleuropeo. Voci salmodianti, drones dilatati, soffici cenni melodici non fanno che amplificare quanto già detto, grazie anche ad un dosaggio e ad un assemblaggio delle parti a dir poco esemplare, come di norma nei lavori firmati Rapoon. Un album forse troppo lungo, fatto che non ne sminuisce la qualità ma che lo rende dispersivo, soprattutto laddove si lascia la strada madre per ricercatezze di marca più rumoristica. I due CD che componevano originariamente l'opera mantengono una forte compattezza stilistica caratterizzata parimenti da spunti etnici e architetture elettroniche, quest'ultimo aspetto appena più marcato nel secondo dischetto. La presente ristampa viene arricchita dal terzo CD "Our Calling Light", caratterizzato da alcuni remissaggi del materiale originario e da nuovi brani: in tutto 12 tracce che approfondiscono il lato esotico del disco, svecchiando gli standard compositivi di un tempo in favore di un approccio libero da schemi precisi e capace di mettere in mostra la sterminata vena creativa di Robin. Eccellente la confezione in digipak a 8 pannelli e buona l'operazione di remastering. Decisamente più di una semplice ristampa.
Michele Viali