08-10-2016
STEVE ROACH & ROBERT LOGAN
"Biosonic" / "Second Nature"
(Projekt)
Time: CD (70:19) / CD (71:18)
Rating : 8.5
La Projekt di Sam Rosenthal torna ad occuparsi delle uscite del pioniere Steve Roach, questa volta confezionando una doppia uscita che vede la sua collaborazione con la giovane promessa dell'IDM inglese Robert Logan. Due lavori distinti, venduti separatamente ma con un piano concettuale ed un messaggio intrinseco che possono permetterci di annoverarli in un'opera unica, i cui tratti sono sì palesemente diversificati nell'uno e nell'altro, ma anche perfettamente in armonia, creando un circolo sonoro che si autoalimenta e si amalgama inesorabilmente all'interno di entrambi. Se pensiamo al background dei due artisti, l'esperimento è dei più azzardati e curiosi: da un lato abbiamo una leggenda dell'ambient come Steve Roach con i suoi 61 anni suonati, dall'altra un giovane compositore IDM di 28 anni con all'attivo tre album ed una manciata di EP basati principalmente su sonorità schizofreniche e d'impatto, tutt'altra cosa rispetto ai soundscapes dilatati ed astratti del primo. Eppure, nonostante il divario generazionale, sonoro ed anche geografico (Roach è americano e Logan inglese), nasce una delle collaborazioni più azzeccate e coinvolgenti che possiate mai avere occasione di ascoltare, un trait d'union tra due universi differenti che riescono ad incastrarsi e a combaciare perfettamente nonostante i loro tratti così opposti. Il tutto nasce da una stima reciproca tra i due artisti, elemento fondamentale per comprendere a quanto ammonti il rispetto delle parti in gioco sia ovviamente da parte di un esordiente verso un maestro dell'elettronica, ma soprattutto nel caso contrario, dove viene dimostrata un'apertura mentale ed un'umiltà artistica non da poco. Sembra sia stato il padre di Logan a far conoscere Roach al figlio, che si è successivamente innamorato dei paesaggi oscuri di "The Magnificent Void". Sempre grazie al padre - insegnate che ha avuto la suggestiva idea di far ascoltare la musica di Roach ai suoi studenti mentre disegnavano, spedendo poi tutte le opere così ottenute all'artista assieme ad un demo di musica ambient composto dal figlio - inizia una corrispondenza tra i due, alimentando una sinergia sempre più crescente e culminata proprio nella doppia ibridazione contenuta in "Biosonic" e "Second Nature", usciti in contemporanea nell'aprile dell'anno corrente. Ciò che stupisce in entrambi i lavori è soprattutto la capacità da parte di entrambi gli artisti di piegare le proprie sonorità al servizio della creazione di due mondi ben precisi, costruiti con una totale immersione dell'uno e dell'altro nel proprio ambito compositivo. Ecco quindi che in "Biosonic" si lascia maggiore spazio al contributo di Logan attraverso cervellotici ritmi IDM, in questo particolare frangente rivestiti da una condotta fluida e pulsante, imbastita su glitch e beat in sordina, quasi a rappresentare uno scorrere incessante di tante piccole forme di vita votate ad alimentare le funzioni vitali di un organismo biologico. Sullo sfondo o più direttamente coadiuvati all'insieme, i fumosi ed impalpabili tappeti ambient di Roach rafforzano questo senso di scorrimento, di laborioso microuniverso brulicante di vita, assieme a ritmiche schizoidi di natura elettrica della sua controparte richiamanti vivide connessioni neurali. C'è anche spazio per variazioni sul tema, come accade con i beat IDM più marcati e robotici verso il finale di "The Biomechanoid Lifecicle Revealed" e di "Biosense", che fanno pensare ad un possibile connubio uomo-macchina incastrato alla perfezione all'interno di un concept che fa del suono la rappresentazione della vita stessa, un viaggio tra i meandri oscuri e misteriosi di un microcosmo bio-meccanico complesso e pulsante, brulicante marasma perfettamente organizzato e scorrevole in ogni sua parte, tra tessuti e giunzioni. Completamente all'opposto si presenta invece "Second Nature", dove l'anima ambient di Roach tocca livelli emozionali ed avvolgenti di rara bellezza. Ancora più bello è ritrovare Logan, che lascia la drum-machine per annodare fugaci note di un piano elettrico agli astrattismi sonori del suo compagno di viaggio. Quattro suite di lunga durata (la seconda delle quali supera la mezz'ora, quella che di più omaggia la kosmische) compongono questa seconda collaborazione - naturale proseguimento della chiosa del primo album "Amniotic Universe", che già faceva presagire un deciso cambio atmosferico - , simbolo del doppio che diventa uno, momento topico in cui entrambe le parti si amalgamano indissolubilmente, tra tangibile ed impalpabile e viceversa, in quel circolo ridondante e strepitoso di cui si parlava all'inizio. Viene così travalicato anche il concetto stesso di collaborazione, portandoci a pensare ad una vera e propria fusione perfetta tra i due compositori, una dimostrazione di stima tradotta in suono emblematica e straordinaria, una prova di amore e rispetto per ciò che si fa e si è fatto dove non si deve parlare del classico incontro fra maestro e allievo, ma di due artisti che, nonostante l'enorme differenza di esperienze e la distanza geografica, si sono messi sullo stesso piano, riuscendo a toccarsi, contaminarsi ed esprimersi all'unisono con un doppio lavoro unico e di rara bellezza.
Lorenzo Nobili