26-07-2014
AABZU
"It Came From Outer Space"
(Zoharum)
Time: (65:12)
Rating : 7
A circa due anni da "There's No Other God Than Rambo!", rivisitazione live del debut album "Rambo" (del 2010) da noi trattata su queste pagine, il duo di sperimentatori polacchi formato da Maciek Szymczuk (Another One, Terminus) e Lukasz Szalankiewicz (Zenial, Palsecam, Zendee) torna con l'atteso secondo album, nuovamente licenziato dalla Zoharum nel bel formato ecopack a tre pannelli in edizione limitata a 300 esemplari. Con una concettualità fortemente legata ai film sci-fi raffazzonati, kitsch e poveri di mezzi di metà del secolo scorso (di quelli che oggi farebbero più che altro sorridere per via di improbabili alieni ed 'effetti speciali' al limite del comico), gli Aabzu spingono con forza verso un'elettronica sinuosa e legata al groove, votata ad un'impronta dub e mai pretestuosamente retrò nel suo risultare 'cosmica'. Un sound ben prodotto, rifinito e nitido che, a fianco degli onnipresenti ritmi e di qualche sporadico sample vocale (preso quasi sicuramente da qualche film), svela melodie e suoni carichi di un fascino che nei fatti mancava alle bislacche colonne sonore delle pellicole cui facevamo riferimento poc'anzi. Ridotti al minimo gli arzigogoli, che fossero IDM, glitch o breakbeat, i vari brani assumono una forma più lineare che non guasta, fra ritmi ora più nervosi ("Shambhala Vril", la concitata e industrialoide "Stellar Converter"), ora più lenti ed avvolgenti (la cadenzata "Reptilian Eyes" e la misteriosa "The Greys"), toccando realmente lidi ambientali solo con la più cosmica "Deep Secret". Fra i picchi dell'opera vi sono senza dubbio sia "It Came From The Sky", capace di farsi via via più intensa e satura, e la cosmica "Bohemian Grove", nella quale spunta dal groove crescente una gustosa melodia dal sapore tanto antico quanto mistico ed orientale. Due remix chiudono il dischetto: quello di Phylr, che apporta variazioni ritmiche e melodiche a "Reptilian Eyes" , e quello di Echoes Of Yul, che trasforma "Bohemian Grove" in un pezzo ruvido e pachidermico in chiave doom. Un buon ritorno per un progetto che, grazie all'esperienza dei suoi protagonisti, sa come rendere interessanti soluzioni non certo popolari o 'facili'.
Roberto Alessandro Filippozzi