13-10-2012
STEVEN SEVERIN
"Vampyr"
(Cold Spring)
Time: (57:04)
Rating : 5
L'interesse per le colonne sonore ha segnato profondamente la carriera solista di Steven Severin, musicista britannico noto ai più per il suo ruolo centrale nei Banshees, la band capitanata da Siouxsie Sioux capace di incidere in maniera indelebile su sound e look dell'era post-punk. Dopo lo scioglimento del gruppo, Steven ha iniziato - tra i tanti progetti messi in atto - a nutrire una certa passione per la composizione di soundtrack: tale interesse ha portato in tempi recenti alla compilazione di una serie di album intitolata "Music For Silentes", di cui "Vampyr" rappresenta il terzo capitolo dopo "Music For Silents" del 2009 e "Blood Of A Poet" del 2010. Tutti i lavori sono incentrati su pellicole sperimentali e vagamente surrealiste del cinema muto: "La Coquille Et Le Clergyman" del 1928, "Le Sang D'Un Poète" del 1930 ed infine "Vampyr", film di Dreyer datato 1932. Il disco è diviso in 15 tracce che potrebbero anche essere una sola, considerando la loro particolare funzione: hanno strutture lineari e decisamente tenebrose, basate su spunti e accenni che ne giustificano la breve durata e la complessiva somiglianza. Strumentazione elettronica e atmosfere tetre potrebbero essere i presupposti per un lavoro complessivamente dark ambient, ma l'esperienza di Severin gioca un ruolo chiave e all'ascolto ci si trova dinnanzi a tutt'altro, riuscendo ad evitare una rischiosa caduta nel calderone post-industriale. I suoni sono minimali, spesso appena accennati e perfettamente in linea con lo stile del film; si parte di norma da ombrosi tappeti di synth, i rumori assumono forme para-melodiche e le stesse melodie fanno capolino in più punti ("Allan's Theme", "Giselle's Theme" e "Poison/Aftermath") con andamenti ripetitivi e ossessivi. Le partiture prossime al noise (si veda in particolare il finale dell'album) ricordano vagamente quelle ascoltate in diversi film di Lynch o in lavori di musica classica sperimentale, immerse nel vuoto e votate alla riflessione piuttosto che alla negatività. Come in ogni soundtrack che si rispetti hanno la loro parte i sali-scendi tonali e le alternanze tra suoni forti e tenui, nonché alcuni temi portanti ripresi più volte nel corso del disco. Nell'ambito di una struttura uniforme brillano gli inserimenti orchestrali di cabaret d'antan, che rimandano ancora una volta a Lynch e che sanno dare un minimo di diversità ad un disco fin troppo uniforme, orfano sino in fondo delle immagini a cui si riferisce. "Vampyr" rimane una curiosità per chi segue Severin o progetti analoghi (si veda ad esempio quanto fatto dagli In The Nursery in dischi come "The Man With A Movie Camera" e "The Passion Of Joan Of Arc"), o ancora il cinema d'epoca. Nulla più di un vezzo artistico dunque, che nasce come tale e muore specchiandosi in sé stesso: d'altronde chi ha alle spalle una carriera di gran livello può permettersi questo ed altro. Estremamente spartana la custodia in slipcase di carta riciclata, senza troppe informazioni al seguito.
Michele Viali