30-07-2012
FORREST FANG
"Animism"
(Projekt)
Time: (60:24)
Rating : 8.5
L'act giapponese Forrest Fang, accasatosi da ormai oltre 10 anni anni presso l'etichetta Projekt, dà alla luce il suo album più ambizioso, unendo l'ambient minimale dei primi lavori ad una vasta gamma di suoni etnici ed esotici. Gli otto brani di "Animism" sono infatti sempre caratterizzati dall'unione/sovrapposizione dei synth elettronici a singolari strumenti tradizionali che vanno dalle percussioni ai più ricercati latva, baglama, kulintang, marxolin, bandurria e dan bau, tutti oggetti di cui la gran parte del pubblico ignora forse l'esistenza, ma che di fatto sono in grado di farci fare un virtuale giro del mondo usando solo l'udito. Già l'apertura di "Tailing Wind" ci propone atmosfere da sogno tra new age ed immagini di terre inesplorate, unione esemplare di calma e panorami naturalistici. La successiva "The Chameleon's Paintbox" è il momento più distante dalla classica musica di Fang, grazie alle tonalità di uno strumento a corda che di fatto fa sua la scena della traccia. "Islands In The Sky" alterna soluzioni molteplici partendo con un mood da cosmic-music variato con l'aggiunta di rintocchi percussivi, violino, tribalismi etnici ed ulteriori strumenti arpeggiati. Ad eccezione di "A Tributary Unwinds", in cui ritornano i toni tribali e gli archi, i restanti quattro brani godono di una compattezza esemplare, i suoni diventano tutt'uno muovendosi sinuosi con tocchi di oscurità nella conclusiva "Resting Point" e architetture circolari e riflessive nella magnetica "Sleeping Snakes": sono questi i passaggi che tendono maggiormente a riallacciarsi ai precedenti dischi di Fang, dove le pulsioni etniche vengono assorbite in uno stile preesistente al fine di variarlo e amplificarne l'effetto uditivo. Indubbiamente in "Animism" si sentono ancora forti le influenze di gente come Brian Eno e Steve Reich, nonché della musica minimale di Riley e La Monte Young, tutti musicisti cari all'artista nipponico, che riesce però a variare la formula con un'abbondante iniezione di world music, ovvero di influssi provenienti dalle sonorità tradizionali non occidentali. In pratica due anime sognanti, una elettronica e l'altra strumentale, sfociano nello stesso mare, dando vita ad una commistione affascinante che a tratti si fonde a meraviglia ed in altri vede il sopravvento di una delle due correnti. Rispetto ai precedenti lavori di Forrest si avverte un aumento della carica sperimentale, con brani meno ossessivi che lasciano più spazio alla spiritualità. I maggiori punti di contatto si sentono col penultimo album "Phantoms", in cui iniziavano ad emergere delle necessità compositive diverse, ma non ancora così radicali rispetto al passato. Lo stesso Fang parla di questa sua creatura come di un ibrido nato dalla sintesi di tre fonti diverse: sicuramente un'evoluzione stilistica imponente che sta dando risultati importanti. Difficile non esserne rapiti.
Michele Viali