19-02-2011
PLEQ
"Sound Of Rebirth"
(Impulsive Art)
Time: (73:35)
Rating : 7.5
Pleq, solo-project del polacco Bartosz Dziadosz, è sicuramente un act che possiamo definire giovane: le prime pubblicazioni risalgono infatti al 2008, ma nonostante ciò, il Nostro vanta già qualcosa come quindici uscite (due delle quali datate 2011, con la sedicesima già annunciata per l'anno in corso) fra CDr, split, singoli, collaborazioni, album e release in download. Segno di una iperproduttività fortunatamente supportata da una qualità lentamente ma inesorabilmente crescente, anche se Bartosz farà bene a darsi una regolata, onde evitare di inflazionare soprattutto uscite come quella in esame, prima in solitaria ad essere realizzata nel formato CD e penultima fra le sette (!) rilasciate nel 2010. Iperproduttività a parte, la greca Impulsive Art mette a segno un bel colpo realizzando - nel gradito formato digipak - "Sound Of Rebirth", senza dubbio l'opera più matura dell'artista polacco fra le molte sin qui rilasciate, e questo grazie anche al sapiente innesto di svariati ospiti, chiamati a completare le visioni di un suono che il suo stesso creatore definisce come 'glitch & malinconia'. Certi lievi spigoli di natura IDM del recente passato vengono smussati all'interno di brani dalle notturne cadenze downtempo sempre più minimali e dalle melodie sempre più soffuse ed evanescenti, ed oggi il suono di Pleq, grazie ad una buona produzione in grado di far risaltare anche i più flebili dettagli, si presenta più completo e focalizzato che mai. La cosa mostra di funzionare particolarmente bene quando vengono chiamate ad intervenire belle voci femminili, come nelle jazzate "Black Dog" e "A Very Gentle Death" (ottime le presenze di Emi Hosokawa e di Chihiro Butterfly) o nell'infinitamente tenue gioiello "Raindrop", con una Natalia Grosiak delicatissima e soave come è difficile anche solo immaginare. Permane qualche episodio più legato ai retaggi IDM ("Hackneyed Words", "Integral"), dove la qualità degli arrangiamenti messa in campo riesce a fare la differenza, ma il vero fulcro attorno al quale ruota il songwriting di Bartosz è l'imperante glitch di fondo, sul quale si innestano molto bene tanto i sottili arrangiamenti sinfonici ("Swell Bliss") quanto le sparute ma determinanti note di piano ("On Your Way" e la title-track); godibili anche i tre remix conclusivi, firmati rispettivamente da Nebulo, Spyweirdos e Tapage (coi i primi due che si producono in riletture ben più interessanti di quella operata dal più noto act di casa Tympanik), e quello curato da Pleq per "The Robot Can't Swim" di Magnitophono. Un album piacevolmente maturo, raffinato e completo che non mancherà di fare proseliti fra i seguaci della downtempo più rarefatta e dell'IDM più sottile e impalpabile, anche se, come detto poc'anzi, la speranza è che l'artista polacco riduca la sua mole di uscite, concentrando i propri sforzi in lavori ancor meglio focalizzati e lasciando all'ascoltatore un adeguato lasso di tempo per metabolizzarli.
Roberto Alessandro Filippozzi