21-12-2009
THE DIVISION
"Mantras"
(Lens Records)
Time: (54:17)
Rating : 8.5
Ci sono artisti che scrivono parti importanti di storia della musica, spesso da dietro le quinte, ma fondamentali per l'evoluzione del suono: nella wave psichedelica ed industriale uno di questi è Matthew Schultz. Oltre trenta album prodotti fin dai primi anni '90 e mente logistica di vari act (tra cui il più famoso Lab Report da lui formato, progetto in cui si sono affacciati anche Lydia Lunch, Genesis P. Orride e Chris Connelly). In questa fase artistica, con il monicker The Division, Matthew esplora ed elabora un territorio di rara bellezza estetica ed introspettiva: l'oriente. Nove mantra per potenziare il suo genio compositivo tra avviluppate strutture elettroniche e tribalismi strumentali che guardano dritto al cuore dell'esoterico universo Indù, ma non solo. Già dall'opener "Protection" o in "Life", in cui la trance dei droni si vela di enigmatici aloni individuabili in quella fascia sub-himalayana in cui filosofia, religione e tradizione si uniscono in musica e danza per rinnovare da millenni la nostra attrazione. Non a caso noi europei, nelle camere più antiche delle nostre cellule, in quelle zone del pianeta abbiamo più volte cercato le nostre origini culturali. Il senso di ipnosi che Schultz evoca è attraente come un mandala tibetano, il suono di tutto l'album potrebbe essere la struttura perfetta di una coreografia contemporanea di danza bharatanatyam. Sensazione ancora più forte in "Breathe", dove trova spazio anche la voce come canto vibrazionale, mistico nel coro che evoca sensazioni di morte e vita, funereo e cupo nel cantilenante monotimbro. "Mantras" ha il vigore di un viaggio iniziatico e lentamente ci trascina nel dogma più viscerale: le percussioni, i flauti, il sitar di "Incantation 2" sono ritmi che il corpo conosce nei meandri più ancestrali del DNA, atavismi che le tecnologie non possono cancellare. Da Chicago verso i nostri lettori, Lens Records produce il primo album di una trilogia che bisogna assolutamente avere nella propria CD-teca. Rivolta a coloro che tra i propri culti sonori hanno Dead Can Dance o Arcana per il loro misticismo gotico, o Rajna ed Irfan se spostiamo il baricentro verso paganesimi di matrice più europea. The Division, tra questi riferimenti, si inserisce prepotentemente con sonorità più pure nelle contaminazioni orientali: non è difficile allora rimanere abbagliati dai colori dei suoni arabescati come mandala nepalesi o sensuali come danze femminili nel profondo Kerala indiano, ma, ancor più arcano, tra le memorie del nostro istinto, che forse davvero in quelle lande ha visto nascere l'europeo di oggi.
Nicola Tenani