23-03-2009
PURE REASON REVOLUTION
"Amor Vincit Omnia"
(Superball/Audioglobe)
Time: (45:28)
Rating : 6.5
"A lasciar la strada vecchia per la nuova..." potrebbe sentenziare qualche saggio, ma in tal caso andrebbe immediatamente zittito dalla cronologia delle news. Prima ancora di stupirsi per l'inversione di rotta del sound che aveva fatto la fortuna del discreto "The Dark Third", bisogna fermarsi a riflettere circa la dipartita dalla line-up del polistrumentista Jim Dobson, che si era costruito le proprie fortune tramite un prog cerebrale di vecchio/nuovo stampo con calde armonizzazioni vocali di gente come Fleetwood Mac e The Four Freshmen. Portandoli poi alla corte di Sir Wilson in un lungo tour, mentre la critica ne tesseva le giuste lodi. L'evoluzione musicale è netta e marcata: il songwriting sposta il proprio raggio d'azione verso forti contaminazioni elettroniche legate a trame che si respirano in forma certamente più easy listening, e l'iniziale "Les Malheurs" presenta algide trame synthpop dal drumming granitico alla Christian Eigner. Questo porta la stessa band a tentar la carta della linea vocale efficace da montare a spirale intorno alla base, come fosse l'elica che faccia decollare il brano. Nei casi più brillanti, i brani si librano in cielo con delicatezza e discreto appeal AOR ("Victorious Cupid"). Nei punti in cui la melodia appare opaca o comunque scontata, inevitabilmente la longevità subisce crolli non indifferenti. È il caso del confuso tentativo daftpunkiano di "Disconnect", con tanto di talk box per dar spessore alla traccia vocale: ne viene fuori una nenia priva di mordente. I problemi maggiori nascono quando si provano a costruire le sembianze di una vera e propria canzone, così risultano più convincenti le fughe verso lidi più psichedelici, tra accordi fatati ("The Gloaming"). Magari con qualche destrutturazione dei tasti bianchi e neri del pianoforte ("Bloodless", con il finale depechemodiano). Quella "Deux Ex Machina" (echi di Deadwing) sembra far capolino a metà disco paradossalmente in maniera beffarda, come a ricordare al nostro quartetto quanto il passato sia un buon padre, da cui bisognava emanciparsi con dovuta gradualità. Perchè senza dubbio è un bene che al secondo disco una formazione cerchi di formarsi un proprio trademark, soprattutto nell'affollato campo alternative. Purtroppo in una manciata di mesi si è impossibilitati a far miracoli (chiedere a casa Radiohead quanti ne passarono prima di terminare "Kid A"/"Amnesiac") partendo solo da delle buone idee di tastiere da addizionare alle chitarre; se poi si moltiplica il tutto con la fretta (tutta la seconda parte di "Amor..." sembra una demo in loop ), l'equazione che ci si presenta dinnanzi appare distortamente confusa. Quasi impressionista: c'è chi la vedrà coraggiosa, chi un suicidio. La verità cade nel mezzo. Si fa male. E la band con lei.
Federico Francesco Falco
http://www.purereasonrevolution.co.uk/