26-01-2009
GPKISM
"Atheos"
(Darkest Labyrinth)
Time: (67:03)
Rating : 6.5
A soli pochi mesi di distanza da "Sublimis" il combo androgino capitanato di Kiwamu (già membro dei blasonati Blood, nonché titolare della label produttrice) torna in sala d'incisione con GPK per un nuovo full-lenght. In realtà è inesatto parlare di 'nuovo', perché le dodici tracce di "Atheos" sono la riproposizione fedele del precedente "Sublimis" con l'aggiunta di cinque nuove creazioni. Per chi non avesse letto l'antecedente recensione, è doveroso fare un piccolo passo indietro e capire chi siano i Nostri: il giapponese Kiwamu, chitarrista dei Blood (piccola leggenda del j-rock), incontra l'australiano GPK (acronimo di Gothic Prince Ken), ed insieme decidono di unire le loro visioni barocche mescolandole con suoni in stile EBM e lunghi riff di chitarra dal vago sapore death-rock. Unito a ciò, il grande senso dell'estetica gotica crea due figure votate all'apparenza fine a sé stessa nell'esaltare l'androginia dell'australiano, fusa con la teatrale maschera di Kiwamu. Ai nostri occhi il risultato è una mera ostentazione di sembianze in stile cosplay, tanto cara alle nuove generazioni goth nipponiche con il serio rischio che si diffonda anche in Europa (che vive il goth come antico lascito culturale radicato nel profondo). Vi invitiamo a visitare il loro myspace per ispirarvi al carnevale oramai alle porte... Nello specifico dell'economia del disco, le song derivanti da "Sublimis" sono riproposte fedelmente e senza remixaggi; sulle nuove tracce non c'è molto da aggiungere rispetto al precedente album. Lo stile è il solito: su basi di clavicembalo digitale s'inseriscono i riff selvaggi di Kiwamu e le ritmiche elettroniche veloci in chiave dance, a volte anche piacevoli come nel caso di "Infernum", dalla musicalità affine ai Blutengel. Il rammarico nasce nell'ascoltare una singola traccia che salva il disco per la sua bellezza e, allo stesso tempo, per l'essere il contrario di tutto ciò che i GPKISM solitamente sono: "Abaddon". Smessi i panni dell'eccesso di fronzoli sonori barocchi, nel proporre questa song il duo punta sulla semplicità lineare, sull'ordine e su un arrangiamento di grande caratura in stile old-wave, allineata con i suoni proposti da Psychedelic Furs o Lloyd Cole & The Commotion per le basi elettroniche ripetute per tutta la durata, unite ad ottimi arpeggi di sei corde e di basso, con la batteria gradevolmente nelle retrovie del suono. Il tutto condito dalla voce di GPK, che si tinge di dolci toni melliflui su canoni tipici del miglior Sylvian o dei The The di Matt Johnson (artista ingiustamente scomparso dalla memoria rievocativa dei primi anni '80). Se tutto l'album vivesse di questi suoni, potrebbe essere artefice della rinascita di un genere difficilmente ripetibile, anche perché in ogni caso l'uso aggraziato del clavicembalo s'inserisce nel computo generale senza alterare la bellezza malinconica del brano. Il disco ritorna poi sui suoi soliti canoni industrialoidi ed eccessivamente arricchiti da fronzoli, che lo appesantiscono rendendolo ostico alle orecchie abituate a forme artistiche diverse. Con un lavoro corredato da un buon booklet e supportati da una grossa capacità distributiva, i Nostri stanno impadronendosi di una fetta importante di mercato globale che già è uscita dai confini nipponici, per approdare con un tour in terra statunitense e messicana. Il cosplay-look piace a livello mondiale, cavalcare l'onda estetica non può che portare fans al combo: noi non possiamo che punzecchiare questo tipo di scena goth, con il rammarico che forse "Abaddon" rimarrà un episodio isolato...
Nicola Tenani