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Room 107

03-07-2009

FERRARA SOTTO LE STELLE

EDITORS + Klimt 1918

Cover FERRARA SOTTO LE STELLE

Piazza del Castello Estense, Ferrara, 24/06/2009

di Nicola Tenani

foto Valentina Bonisoli

Setlist EDITORS:

Bricks And Mortar
The Racing Rats
Lights
Bullets
Eat Raw Meat-Blood Drool
Munich
When Anger Shows
Camera
Bones
An End Has A Start
The Big Exit
Smokers Outside The Hospital Doors
You Are Fading
Fingers In The Factories
Papillon

Esistono location attraenti per proporre concerti, ma la Piazza del Castello Estense di Ferrara va oltre il suggestivo: la metafisica rinascimentale dell'ala sud e del suo fossato ed il ciottolato antico che pavimenta l'area sono una delle più incantevoli cornici che il nostro Paese offre agli appassionati della musica dal vivo. In questo contesto la tecnologia, tra luci, riflettori e strutture tubolari in acciaio del palco della consueta kermesse musicale di inizio estate, si esalta nel contrasto rinascimentale unito al 'futurismo'. DNA, organizzazione capitolina che copre gran parte del territorio italiano nell'organizzare i propri concerti, unita al comitato 'Ferrara Sotto Le Stelle', nato e cresciuto sotto l'egida dell'ARCI ferrarese, ha avuto l'onore di proporre l'esibizione degli Editors nell'unica data italiana della band inglese. Una serata importante nel proporre sia i brani che in un passato recente hanno già creato un piccolo mito dell'indie, sia per il fatto che i presenti hanno avuto la possibilità di ascoltare in anteprima alcuni nuovi estratti dell'album di prossima uscita. Ma andiamo con ordine, perchè le sorprese sono state più d'una. Innanzitutto i KLIMT 1918 come band di supporto, non previsti ed annunciati solamente tre giorni prima: divertente lo stupore delle persone ignare che chiedevano chi fossero i Nostri; dopo di stasera, nonostante la loro presenza in scena sia stata poco più di una testimonianza per le sole sei canzoni proposte, più ragazzi si avvicineranno alla band romana, perchè sincera è stata la calorosa accoglienza. Il limite è stato quello di un settaggio al mixer in favore degli Editors: la voce e la chitarra di Marco Soelnner, come pure la chitarra di Francesco Conte, sono stati fortemente penalizzati nei suoni, ma i quattro (ricordiamo anche Paolo Soellner alle percussioni e Davide Pesola al basso) sono usciti a testa alta da uno stage difficile. Piazza gremita, ma non come ci si aspettava: oltre le mille presenze ad una mia personale stima, ma potevano essere di più. I Klimt hanno principalmente proposto materiale dal nuovo album, ed avendo una disponibilità di tempo limitata, ovviamente hanno dato risalto alla parte promozionale del live; in un concerto più lungo sicuramente più tracce del loro passato avrebbero avuto luce sul palco. La nuova vita artistica dei romani, mantenendo in parte il loro sound underground di matrice darkwave, guarda con occhi reverenziali le nuove tendenze indie, soprattutto di stampo shoegaze: Giardini Di Mirò, Baustelle o My Bloody Valentine sostituiscono in parte riferimenti più simili a Cure o U2, comunque alla radice che ha reso illustre nel nostro ambito musicale il nome Klimt 1918. Sempre con classe e tecnica: attenzione però a non rincorrere il fenomeno del momento per raggiungere un successo immediato, perdendo la propria propensione naturale. Bello in ogni modo l'inizio: magico e psichedelico nei lunghi riverberi di chitarra ed il gioco costante dei piedi dei due axemen sul pedale dei loop. La voce mal settata prima è poco captabile, poi il microfono cade in un glitch distorsivo, ma alla fine il tono diventa ottimale. Più o meno tutto il live ha vissuto di questo tono: riverberi lunghissimi, impennate furiose, stasi introspettive, feedback di matrice Jesus & Mary Chain. Auguro loro che la nuova strada che hanno intrapreso sia sempre piena della genuina classe avuta fin dall'esordio, e nel caso diventassero piccole 'stelline italiche' dell'indie commerciale, che Baustelle e Giardini Di Mirò per loro rimangano esempi di come si può essere 'commerciali' senza scadere gratuitamente. I tempi stringono, e per la giusta legge di un concerto en plein air che deve finire entro la mezzanotte, tocca ora agli EDITORS. Il successo dei quattro inglesi di Stafford è incredibile se si pensa che dal 2003 (anno del debutto) in soli sei anni hanno scalato le vette del rock, superando anche gli Interpol per popolarità ed aspettative. La matrice di ciò risiede principalmente in due aspetti: l'immediatezza della musica unita alla tecnica sopraffina in tutti gli elementi, ma soprattutto il richiamo a 'qualcosa d'altro' che ogni song implicitamente in sé racchiude. Raccontando della loro performance è d'uopo più di un riferimento, per dare un'idea anche solo aleatoria delle sensazioni che si hanno nell'ascolto degli Editors. Chi proviene da un substrato indie avrà i propri rimandi, così come chi invece ha il proprio background affondato nella wave britannica. Giusto quindi identificare il genere come neo-wave: matrici psichedeliche che si sporcano di post-rock. Il concerto inizia con "Bricks And Mortar", primo dei cinque brani in anteprima: onirico e malinconico come una canzone degli And Also The Trees. La musica delicata, connotata da un uso delle tastiere maggiore rispetto al passato, regge sulla voce stupenda, potente nel porgersi, ma anche delicata di Tom Smith. Un po' tutto l'assaggio del prossimo lavoro in uscita si connota in questa direzione: meno rabbia anche negli strumenti e maggiore ricerca negli arrangiamenti verso ambienti sonori introspettivi. Come pure la conclusiva "Papillon", dove l'elettronica in certi punti raggiunge echi techno-pop simili agli Eurythmics, oppure industriali nelle ruvide campionature di "Eat Raw Meat-Blood Drool". Per questi motivi anche chi tra le nostre pagine non ama il sound degli Editors è invitato ad attendere con noi, con curiosità, il nuovo album della band, perchè sono davvero interessanti i temi proposti in questo piccolo e significativo assaggio. Ovviamente il tutto intervallato dai classici successi cantati assieme al pubblico, come "Munich" o "An End Has Start". Tripudi di plettrate sulle corde della chitarra di Chris Urbanowicz, che sullo stage 'ruba' in più momenti la mansione di frontman di Smith. Per gli stessi motivi le tre generazioni presenti nel pubblico (questa è la forza degli Editors: riunire padri e figli insieme ad una generazione intermedia...) sulle note di "Bones" o di "Smokers Outside At The Hospital Door" possono trovare i loro riferimenti, i loro miti del passato recente, fino a volare con i ricordi verso quegli anni '80 che tanti dei presenti hanno vissuto. Ho personalmente trovato interessantissimo l'ennesimo momento di anteprima nella song "The Big Exit", che rammenta tra le righe l'elettronica cupa ed introspettiva dei Diorama, temi simili in certe soluzioni anche agli Einstürzende Neubauten, e l'attesa per ascoltare il nuovo album in questo caso è davvero salita; dopo l'estate voglio verificare in studio le ottime impressioni avute dal vivo. Un ottimo concerto: gli Editors sono musicisti che senza ombra di dubbio hanno provato a lungo il loro sound, ed è piacevole lasciarsi travolgere dalla loro potenza e schizofrenia artistica, in questo figli di Echo & The Bunnymen per ciò che è psichedelico o, nelle sfaccettature più tendenti al post-rock, guardando direttamente ai Radiohead... ed aggiungerei anche agli Yeah Yeah Yeahs, che anche se spariti dalle scene, almeno nel nostro paese, hanno nella fine degli anni '90 esaltato questo tipo di suono, rafforzato dalle cerebrali cornici sonore tipiche di New York. Città 'substrato' culla dei Velvet Underground, giusto per chiudere il cerchio. Unica nota negativa di una serata indimenticabile (e di ciò ringraziamo DNA Concerti per l'ospitalità ed il supporto e l'ARCI di Ferrara) è stato il finale: tutti, me compreso, si attendevano quella che forse è la song più bella - o comunque più amata - degli Editors, "Escape The Nest", ma così non è stato. Non è ben chiaro se per scelta di setlist della band o per motivi di tempo, visto che l'ordinamento comunale sugli orari dei concerti all'aperto è giustamente rigido nel rispetto di chi vive a ridosso di una kermesse che si protrae per più giorni; in ogni caso chiudere con "Papillon" è stato un saluto rivolto al loro futuro, ed è bello pure così. Tutto questo a 'Ferrara Sotto Le Stelle', evento dove negli anni si sono ammirate le stelle più luminose del rock mondiale (e non solo), e che quest'anno ha brillato della luce degli Editors, dei coriandoli metallici lanciati sul pubblico e dell'arancio che metafisico illumina il castello Estense, simbolo di una città che annualmente si sveglia dal proprio torpore.