22-09-2008
ARTIFACT
"The Only Salvation"
(Spiralchords)
Time: (48:49)
Rating : 5
Mescolate i Paradise Lost più sperimentali ai Theatre Of Tragedy più danzerecci ed alle tentazioni 'industriali' che hanno fatto la fortuna dei Rammstein: otterrete l'esatta ricetta alla base di questo debutto targato Artifact. Tanto fumo e poco arrosto, insomma... A quattro anni dalla formazione, il quartetto di Stavanger (città norvegese che in passato ha dato i natali a svariati capisaldi del gothic metal quali Tristania, The Sins Of Thy Beloved e gli stessi Theatre Of Tragedy) esordisce con un album, "The Only Salvation", apparentemente accattivante (grazie ad un'appeal 'easy-listening' tutt'altro che disonorevole) ma ancora troppo fiacco e povero di contenuti per permetterci di parlarne in termini entusiastici: il loro extreme metal (di chiara derivazione gotica, soprattutto per quanto concerne certe vocals distorte e gutturali, reiterate fino alla noia per buona parte del disco), stracolmo di tastiere futuristiche ed arrangiamenti elettronici, strascica per oltre tre quarti d'ora una formula che tende a mostrare la corda sin dalle primissime battute. L'espediente delle vocals 'à la Dave Gahan' innestate su una buona base di metal elettronico, con la piccola ed unica variante del growl nei ritornelli, viene utilizzato a più riprese dai Nostri, senza però mai fare sfoggio di lampi di genio o di un'improvvisa e particolare ispirazione... Accade così che, tra un tributo alla storica ed ultra-citata band di Martin L. Gore, un fastidioso semi-plagio nei confronti del poderoso gruppo di Till Lindemann ed un fiacchissimo cantato estremo che farebbe sorridere i mediocri Sirenia, si fa strada, solitaria, una noia assassina, mentre le orecchie del povero ascoltatore sono costrette a reclamare pietà. Ora come ora, gli Artifact meriterebbero di essere accostati soltanto ai pessimi e deprimenti Jesus On Extasy, dai quali vi abbiamo già calorosamente invitato a tenervi alla larga, ma, visto che la loro proposta possiede il piccolo vantaggio di sembrare meno frivola e studiata a tavolino rispetto a quella dei colleghi tedeschi, non possiamo sottrarci alla speranza di vederli tornare con un disco che ci faccia ricredere totalmente sulle loro reali potenzialità, anche se per ora i presupposti sembrano mancare. Chi vivrà vedrà...
Marco Belafatti