03-12-2007
MANDRAKE
"Mary Celeste"
(GreyFall/Audioglobe)
Time: (59:02)
Rating : 6
Volendo fare i prevenuti a tutti i costi potremmo liquidare in un batter di ciglio un disco simile, dicendovi, come in molti probabilmente faranno, di essere capitati di fronte all'ennesimo minestrone riscaldato corredato da copertina affascinante e pittoresca, grossolanamente condito da profusioni di voce femminile, tematiche legate a viaggi e liriche incentrate su sentimenti contrastanti (l'album è chiaramente ispirato alla famosa storia di una nave fantasma, quella del Mary Celeste, brigantino canadese trovato nel 1872 senza equipaggio e senza vele nello Stretto di Gibilterra), da intermezzi recitati tra un brano e l'altro (presi anch'essi in prestito da un bel concept dei Silentium, il sottovalutato "Sufferion - Hamartia Of Prudence" del 2003) ed altri immancabili cliché tragico-romantici. Allo stesso tempo è pur vero che negare il fatto che questi ingredienti, da soli, non facciano più presa nemmeno sull'abituale fruitore del metal in gonnella, che si è visto propinare la stessa formula nelle più svariate salse (Xandria e Leaves' Eyes sono l'esempio più calzante), sarebbe alquanto inutile. Ascoltando "Mary Celeste", successore del catastrofico "The Balance Of Blue", la cui uscita è stata fissata per il 30 novembre dalla GreyFall, si ripresenta poi un problema da anni insito nella musica dei Mandrake: l'incapacità di fare un definitivo salto di qualità nell'ormai sempre più gremita scena metallica europea. A voler ben guardare, questo sembra essere un problema comune a molti musicisti: se After Forever, Within Temptation ed Epica sono riusciti ad emergere dalla massa, imponendosi con lavori sempre al di sopra della media, una ragione ci sarà (i Nostri sono ancora parecchi passi indietro rispetto alle band citate). Eppure questo disco lo dobbiamo pur sempre salvare, almeno con una sufficienza, visto che vi sono parecchi aspetti positivi nel come-back dei Mandrake e che, stavolta, questi riescono ad essere in vantaggio rispetto alle lacune. Innanzitutto dobbiamo constatare il miglioramento dell'incantevole vocalist Birgit Lau (non si può davvero resistere ai suoi occhi dolci in copertina!), che ha deciso di risparmiarci dal solito mugugno zuccheroso che tenta di emulare l'immortale Liv Kristine, corredando parecchi refrain con un'aggressività tutt'altro che fuori luogo (esplicativa da questo punto di vista è la title-track posta in apertura) e, quando il brano lo richiede, avvolgendoci con una temperata malinconia. La sezione ritmica si fa più incisiva e slanciata rispetto al passato, senza cercare di divagare in territori musicali forestieri come accadeva per "The Balance Of Blue", e, grazie al suo apporto, possiamo godere di alcuni episodi dal piglio 'catchy' (ascoltatevi, ad esempio, la sensuale "Crystals Of Forgiveness"), veramente azzeccati in un contesto che altrimenti sarebbe sicuramente risultato indigesto. L'immancabile tastiera ha deciso di andare a farsi una passeggiata: il suo contributo in questo disco è infatti puramente ornamentale (se escludiamo la conclusiva "Paralysed", riuscitissima ballad in cui un dolce pianoforte fa la parte del leone); questo aspetto contribuisce a distanziare i Mandrake dal modus operandi caro alla maggior parte delle band colleghe capitanate da una frontwoman. Apici di pathos vengono raggiunti col passionale trittico composto da "Fragile", "Forgiven" e "Adore", condito da un feeling leggendario e spettrale che ben si adatta alla storia narrata, e soprattutto con la delicata "Sweet Desolution", parentesi pop-rock tutt'altro che inadatta in un album carico di chitarre distorte. Anche la solare "Masquerade", con il suo ritornello pulsante e melodico, fa la sua bella figura; peccato solo per gli altri episodi che, alla fine dei conti, non sono che semplici filler. Sebbene i Nostri non ci facciano trovare nulla di nuovo sotto l'albero, "Mary Celeste" sa come farsi apprezzare grazie alle canzoni sopraccitate, frutto di una personalità oggigiorno piuttosto evidente che in futuro potrebbe veramente fare scintille, se solo questi ragazzi si decidessero a smussare alcuni angoli del proprio sound ancora troppo ruvidi. I Nightwish, che di brani riempitivi e scialbi nella loro carriera ne hanno scritti veramente pochi, sono ancora una chimera per i Mandrake, ma, per questa volta, non ce la sentiamo proprio di essere cattivi: se colpiti dalla voglia di metal al femminile non saprete più a che porta bussare, provate a dare una possibilità anche a questo disco... potrebbe fare al caso vostro.
Marco Belafatti