26-02-2011
IN VIRO
"Gehorche! Fühle! Glaube!"
(Echozone/Masterpiece)
Time: (49:12)
Rating : 6.5
Il progetto In Viro nasce nel 2006 dalla mente di Dante Frost, che dopo un paio di anni trova in Joey Six il proprio stabile partner. I due si dividono la totalità delle incombenze: il primo alla voce, chitarra e programmazioni, il secondo alla batteria e programmazioni. "Gehorche! Fühle! Glaube!" è il loro album di debutto in forza alla Echozone, più che mai attenta al continuo proliferare di band industrial/gothic nel cuore dell'Europa, a partire dalla Germania (da cui provengono anche i Nostri). I riferimenti sono evidenti, e sono quasi sempre i soliti: Rammstein su tutti, qualche accenno a Fear Factory e Secret Discovery (da "Slave" in poi), ma anche più di un legame con l'heavy metal degli anni'80 e '90, con un suono ruvido che ricorda in primis i Carcass, ma anche quello corrosivo di Venom e Slayer. Quindi, oltre alle chitarre dal suono ruvido e dai ritmi serrati, le altre caratteristiche le conosciamo già: synth che alle volte si limitano ad armonizzare sinistramente i potenti riff di chitarra, altre volte saltellano con diabolica esitazione sul pattern, scandendone il tempo quando la dinamica è in calo e in attesa del nuovo imminente riff; cantato duro e spigoloso, per la totalità in lingua tedesca. E questo è a mio parere l'altro limite dell'album, soffocato da liriche troppo ripetitive e monocorde basate esclusivamente sull'aggressività, senza lasciar spazio ad alcuna melodia o variazione che attiri l'attenzione dell'ascoltatore non fanatico del genere. Con questo non voglio dire che i brani non siano ben composti e suonati, anzi: la professionalità è evidente sotto tutti i punti di vista, dalla produzione alla grafica, a grandi intuizioni compositive e armoniche che sbocciano qua e là tra i brani nel bel mezzo di riff da headbanging, ma che onestamente non portano nulla di nuovo. E poi, sinceramente, non se ne può più di introduzioni come "einz, zwei, drei...": sembrano una parodia di sé stesse... I brani più ispirati restano quelli con delle intuizioni che vanno al di là degli schemi circoscritti dal genere: "Kuss Mich!" parte con la veemenza e la semplicità che i Carcass avevano sapientemente dosato in "Swansong". "Vaterland, Oh Vaterland", grazie a una maggiore rotondità nell'approccio vocale e a linee di synth molto atmosferiche, segna un momento di stacco e riflessione, dopo il tiro forsennato dei primi cinque brani. "Seemannsgrab" ricorda vagamente il tema di "Mission Impossible" e "Virus", a mio parere il brano migliore, si discosta dai precedenti per un refrain con voce femminile in stile orientaleggiante. In sostanza, se di sicuro non avevamo proprio bisogno di un nuovo gruppo-clone dei Rammstein, perlomeno possiamo dire che "Gehorche! Fühle! Glaube!" risulta più gradevole della maggior parte della recente produzione tedesca. Gli In Viro, senza grosse pretese di originalità, potrebbero dare grandi soddisfazioni agli amanti del genere e a chi ascolta un certo tipo di heavy metal datato e non si intimorisce di fronte ad un uso moderato dell'elettronica. Una maggiore varietà di soluzioni e una ragguardevole ricerca di nuove melodie vocali potrebbe far fare al duo un ulteriore salto di qualità. Ma il problema è ormai trito e ritrito: se in Germania quello che si definisce 'Neue Deutsche Harte' è un genere venerato e seguito da molti, nel resto del mondo quanti potrebbero vivere tranquillamente facendo a meno di un prodotto di questo tipo?
Silvio Oreste
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