19-10-2008
REQUIEM ETERNAM
"Medieval Times"
(Blood Divine Records)
Time: (30:43)
Rating : 5.5
I Requiem Eternam provengono da Sion, piccola cittadina del Canton Vallese svizzero, tra monti e rovine, fortezze e reminescenze romanico-cristiane: in quest'ambiente la propensione verso il medioevo non può che essere spiccata. Phil R.XP, leader della band svizzera, dopo aver evocato i dolori e le sofferenze di Cristo e della passione paleo-cristiana con il debut "In Memorium", sposta il proprio orologio spazio-temporale in un'altra epoca dove sangue e oscurità regnavano accanto a reggenti principi di dolore ed angoscia. Secoli bui in cui la Chiesa, vittima dei dolori specifici del primo dischetto, è protagonista di un'epoca di grandi dolenze protratte per secoli; persecuzioni, roghi, inquisizioni, guerre nel nome del Signore che da bibliche pietà diventa carnefice per mano dei suoi apostoli terreni. È il medioevo più classico e presente nell'immaginario collettivo, rappresentato sulle tele da Goya o Bosch, cantato nelle corti e riproposto in chiave parzialmente filologica da un crescente numero di band oscure. Il luogo di nascita come condizione di crescita artistica, quindi: non riuscirei ad immaginare Francesca Nicoli nel suo essere dama rinascimentale, se non fosse figlia di terre in cui Matilde, signora canossiana, seminava leggenda ed arte tra Emilia e Toscana. Le premesse ci sono tutte, quindi, per avere da Requiem Eternam nuova linfa nel genere, ma i problemi nascono ascoltando le sette tracce dell'album. Ha la grandezza della maestosità il suono pomposo creato da Phil (musico di tutti gli strumenti), è ricco di suoni appartenenti all'epoca e rivisti in chiave contemporanea, mentre la voce eterea di Claudia si fonde bene con il substrato d'apocalissi da battaglia ed i cori di Santo Domingo impreziosiscono il contesto generale, ma il limite è la ripetitività. I trenta minuti di durata del disco si limitano alla semplice variazione dello stesso tema, che, seppur gradevole e fastoso, non si discosta mai nelle trame complessive. Non bastano l'inserimento di cori, campane a lutto e corvi a cambiare l'humus sonoro: lo arricchiscono, ma manca la quiete, la parte riflessiva, l'introspezione umorale. Un altro limite è la mancanza di cantato: il sussurrato, sebbene con voce greve e decisa, alla fine determina un 'paletto' che andrebbe superato. Le basi culturali ed artistiche sono valide, ma i Requiem Eternam sono da rivedere in futuro, sperando che decada un po' l'epicità tipicamente metal del progetto ornata da introspezioni musicali e vocali, come i vicini Weltenbrand insegnano. Sono caparbio e mi segno il nome del duo svizzero, lo attendo al varco... senza imboscate.
Nicola Tenani