14-09-2013
MARTIN HALL
"Phasewide, Exit Signs"
(Panoptikon/VME)
Time: (45:40)
Rating : 8
Dopo ben sette anni lo storico musicista danese, attivo dal 1979 in svariate formazioni dei generi più disparati, torna a pubblicare un album da solista, sempre per quella Panoptikon che già aveva curato il brillante "If Power Asks Why", realizzato dal Nostro assieme alla mezzosoprano Andrea Pellegrini ed alla pianista Tanja Zapolski e da noi entusiasticamente accolto qualche mese fa. La fama dell'eclettico e talentuoso artista (liricista di assoluto spessore, attivo con successo anche come scrittore ed attore) è recentemente cresciuta proprio per l'impegno da lui profuso verso sonorità più classico/sinfoniche, che ha fruttato grandi riscontri e collaborazioni importanti a livello nazionale ed internazionale. In questa sua nuova fatica solista Martin, oltre ovviamente ad essere il compositore (spesso e volentieri a quattro mani, di volta in volta assieme ad uno dei prestigiosi nomi coinvolti), veste principalmente i panni del cantante, dedicandosi solo sporadicamente a qualche strumento (tastiere, nastri, chitarra) e lasciando l'incombenza delle parti strumentali a tutta una pletora di eccelsi collaboratori, fra cui il pianista Othon Mataragas, già noto per il suo lavoro a fianco di Marc Almond, Current 93 e Peter Christopherson, oltre a nomi di spicco della scena musicale danese come il pianista Linus Carlsen, i The Vista Dome Ensemble e la Funeral Tag Brass Band. Registrato magistralmente in svariate città (Montreal, Londra, Bialystok, Amburgo, Bruxelles, Sainte-Maxime e Copenhagen) in situazioni molteplici (inclusa una stanza d'albergo in Polonia, tanto per rendere l'idea), l'album vive principalmente della passione profusa tanto dalle ottime vocals di Martin quanto da quel vero cardine dell'assunto strumentale che è il piano, suonato a turno da più artisti. Queste le prerogative delle iniziali "Emblematic" e "Muted Cries", con la prima capace di un crescendo d'intensità memorabile e la seconda più malinconica e dolce, mentre la scena è lasciata completamente agli archi dei The Vista Dome Ensemble ed al violino di Karoliina Koivisto nella strumentale "L", tenue ed impalpabile soffio sinfonico che carezza con grazia. Anche "Tin Music" si muove nel solco della musica sinfonica con fare oscuro e sfuggenti toni quasi ambientali, laddove il gioiellino "Meth" recupera una dolcezza così intima da toccare nel profondo; bene la malinconica "Retrograde", che prelude ai due momenti più estrosi dell'opera: la teatrale, cupa e sperimentale "Forgetting The Details" e l'istrionica e bizzarra "Red Lips, Marble Eyes", che coi suoi fiati proietta l'ascoltatore in qualche fumoso club d'altri tempi. Decisamente più tenue la chiusa, con la misteriosa "Site Specific" e l'appassionato e soffuso atto conclusivo "Phasewide", in un lavoro che nel suo apparente minimalismo ha in realtà moltissimo da offrire, specie in termini di recondite emozioni e dettagli produttivi. L'ennesima riprova della perfezione formale del songwriting di un artista che, oltre alle indiscutibili abilità pratiche, può contare su di un livello di scrittura superiore che solo i migliori riescono a raggiungere, affinato in oltre trent'anni di carriera e determinante in ogni cosa da lui firmata: inchinarsi di fronte ad un simile artista è un atto dovuto, godere della sua arte un piacere da non negarsi.
Roberto Alessandro Filippozzi