17-07-2012
SAGITTARIUS
"The Kingdom Come"
(Cold Spring)
Time: (64:53)
Rating : 7
Si chiude con l'album "The Kingdom Come" la triade discografica che il progetto teutonico Sagittarius aveva iniziato nel 2003 con "Die Große Marina" (sold-out in LP, ma disponibile in formato file scaricabile) e proseguito nel 2008 col CD "Songs From The Ivory Tower". Il ciclo trova le sue fondamenta in testi letterari di autori tedeschi ed europei dell'800 e del '900, con un'attenzione particolare per il romanzo "Sulle Scogliere Di Marmo" di Jünger (alla base dell'album "Die Große Marina"), e quindi per gli scritti di Stefan George nei due CD a seguire. Il titolo del nuovo disco è infatti la traduzione inglese di "Das Neue Reich", uno dei cinque poemi di George musicati per l'occasione; a questi fanno da illustre corollario liriche ricavate da nomi come Baudelaire, Hölderlin e Goethe (giusto per citarne alcuni), al fine di comporre il quadro di un'Europa intellettuale, concettualmente oscura e perduta per sempre. A dar vita ai ben diciotto brani concorrono come sempre Marcel P. (già noto come membro di progetti quali Allerseelen, Miel Noir e Svarrogh), ma soprattutto il polistrumentista Cornelius Waldner, a cui si deve il fitto reticolo letterario sotteso ai suoni; a ciò va aggiunta l'entrata in pianta stabile del vocalist Herr Twiggs (già in Kammer Sieben) e di Theresia W. all'oboe, oltre ad alcuni sorprendenti special guest canori come Josef K. (Von Thronstahl) e Dev (While Angels Watch). I brani sono tutti costruiti su basi di chitarra acustica arpeggiata o su temi di piano, che vanno a sostenere sia le voci maschili e femminili che l'oboe, quest'ultimo protagonista assoluto della scena. Tale strumento a fiato, decisamente propenso ad attirare l'attenzione su di sé grazie ad un suono piangente ed affabile, risulta essere una scelta vincente, capace di fornire vitalità e pathos ad un album superiore se paragonato alle precedenti pubblicazioni della band. In assoluto si ha l'impressione di essere davanti ad una musica da camera dal taglio minimale, priva di archi e di magniloquenza sonora, ma dotata di una struggente carica malinconica in grado di dare la giusta vitalità a testi tutt'altro che occasionali. "The Kingdom Come" propende più verso toni neoclassici manierati che verso il folk noir di cui è comunque in parte figlio, assumendo le forme geometriche di un antico giardino, metafora eloquente per un lavoro raffinato e lontano dal chiasso underground. Alcuni momenti possono ricordare i Current 93 più riflessivi o gli ultimi Death In June di "Peaceful Snow", ma - se vogliamo mantenerci nell'ambiente - è forte la vicinanza con le soluzioni più neoclassiche di H.E.R.R., Von Thronstahl e Days Of The Trumpet Call. Toccante per chi ha nostalgia del romanticismo europeo.
Michele Viali