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Room 105

08-07-2012

ORCHIS

"A Thousand Winters"

Cover ORCHIS

(Infinite Fog Productions)

Time: (47:12)

Rating : 7

Torniamo volentieri su di una ristampa uscita già da un po' (oltre due anni), ma che per qualche motivo avevamo mancato di analizzare all'epoca in cui uscì: trattasi della riedizione del secondo album della cult-band inglese Orchis, trio pagan folk autore di tre lavori di lunga durata fra il 1994 ed il 1999, ormai scioltosi da tempo, ma ancora presente sul mercato nel terzo millennio con un paio di raccolte di materiale edito e raro (una per il mercato russo nel 2001 e "Phoenix Trees" nel 2011, quest'ultima per quella Cryptanthus che a lungo si è occupata delle uscite dei Nostri) ed un EP in download gratuito - "Other Days" - datato 2006. Bene ha fatto la russa Infinite Fog a recuperare questo piccolo pezzo di storia del pagan folk, che trovò una sua degna collocazione in una scena importante - quella inglese - pur senza ospitare quel nugulo di collaborazioni che animava le uscite di stampo dark-folk, idealmente più vicino a certe cose di quegli Ordo Equitum Solis che avevano gettato basi importanti solo pochi anni prima. Rispetto al debut del '94 "The Dancing Sun", acerbo ma non privo di fascino, "A Thousand Winters" - uscito nel 1997 - mostrava già evidenti segnali di crescita a livello strumentale e compositivo, pur preoccupandosi più della veicolazione del pathos che non della perfezione formale, come spesso ci è capitato di pensare riguardo alla scena dark-folk ed ai suoi interpreti (grossi calibri inclusi). I toni scuri, fra citazioni poetiche e letterarie, suggeriti più dalla mesta e dimessa produzione che non dagli intrecci melodici, conferiscono all'opera un carattere umbratile ed uggioso, anche quando l'approccio folk si propone arioso ("Blood Of Bone", la conclusiva "From The Iron Wood") o dolcemente delicato ("The Hare/Jennet", "Winter"); piace riscoprire i toni ruvidi di "Blackwaterside", il gentile flauto di "Arcadia", l'intensità evocativa di "He Walks In Winter" (che nel '96 era uscita sotto forma di singolo in vinile 7"), la splendida melodia ed il relativo canto di "Megæra" (bell'adattamento di un traditional medievale inglese) e via dicendo, in un disco sicuramente non fondamentale, ma che ai tempi della sua uscita seppe coniugare piuttosto bene versatilità ed ispirazione. Certo all'epoca non era impresa da poco svettare all'interno di una scena fondamentale come quella britannica, né a livello internazionale era una bazzecola giocarsela con calibri come i già citati Ordo Equitum Solis e gli Ataraxia (giusto per citare due esempi di grandezza nostrana): fattori che all'epoca limitarono l'ascesa del trio, il cui nome non è finito nell'oblio solo grazie alle raccolte di cui sopra. Onore dunque alla Infinite Fog, che recupera questo piacevole pezzo di storia del pagan folk (si leggano le note interne, datate 2009, dove il gruppo specifica che il tema portante dell'opera era un viaggio storico e mistico nel cuore dell'antica Europa, ossia quella pagana e precedente all'oppressione cristiana) regalandogli una sontuosa veste digipak a sei pannelli; qualche traccia rara in qualità di bonus ed una seria opera di rimasterizzazione non avrebbero affatto guastato, ma ciò non toglie che questa resti una buona opportunità per aggiungere un tassello di pregio alle vostre collezioni.

Roberto Alessandro Filippozzi

 

http://www.infinitefog.ru/