20-12-2010
WOODLAND CHOIR
"Serenity Rise"
(Epidemie Records)
Time: (42:28)
Rating : 6
Attila Bakos è un musicista ancora giovane: questo concede a lui tutta la nostra benemerenza, che in altri contesti si tramuterebbe in critica più spietata con penna acuminata come un dardo d'acciaio. Non abbiamo altre notizie che non siano i luoghi dove i suoi natali appartengono, cioè l'Ungheria, terra di progetti magnifici nel dar corpo e spirito al neofolk o a sonorità celtico-rievocative come Scivias o The Moon And The Nightspirit. Altra notizia fondamentale per capire la sfera emotiva del Nostro è che ad Attila piace la solitudine, fin da quel 1998 in cui decise di dare vita a Woodland Choir. È un punto di partenza, ed è ciò che ci serve per intendere meglio cosa chieda Bakos da sé stesso, ma soprattutto dalla chitarra, protagonista ed anima di ogni brano composto. È un mondo di favola quello che si apre con il dischetto, che già nel secondo brano, "Spring", cerca di possedere con grazia l'ascoltatore usando le belle orchestrazioni di un folk gentile e popolano in cui proprio la sei corde, i tamburellanti ritmi ed il flauto ancestrale nel suono creano il sentore di un villaggio in pace, in cui si vive e si coltivano sentimenti. Oppure tribale nel cercare austro-ungariche reminescenze ancestrali ed apocalittiche, che ricordano Allerseelen con il brano "The Tavern", e questa materia che nasce nel folk-fairy si avvicina alla psichedelica musica di un grande, sottostimato eroe del songwriting e delle ballate che è Duncan Patterson (Anathema, Antimatter ed ora Íon) nel suo nuovo mondo compositivo: "Traveller" ha quell'ipnosi e quelle sofficità che ritroviamo nelle ultime prove del grande artista inglese. Il resto dell'album è però anonimo e tre brani ottimi non bastano a mantenere alto un pathos che nella pratica, nell'isolamento come nella ricerca di partner ideali, deve tramutarsi in incanti duraturi, in sonorità totalmente ispirate, perché tecnica e voce sono dalla parte di Attila, ma manca ancora quel tocco di malizia necessario nel 'costruire' l'intera struttura di un album di lunga durata. Lui stesso dichiara che per diversi anni non ha quasi per nulla suonato (ne sono trascorsi otto tra il debut "For You" ed il follow-up in esame), mantenendo però allenata una voce che è davvero bella, dolciastra di sapori di miele nobili e corposi, confidenziale, a cui si uniscono dita felici nel giocare con le corde della chitarra. Epidemie Records, con il suo rispettabile catalogo, cerca conferme dalla Repubblica Ceca a quell'Europa a cui appartiene di diritto nella storia e nella cultura: Woodland Choir, come altri artisti proposti, è lo specchio di una realtà difficile a cui noi ci affidiamo con fiducia e con un pizzico di tifo, perché nei luoghi dove è ancor più difficile far emergere la propria voce spesso affiora la qualità, quella che Attila nel suo progetto esalta in alcuni brani su cui credere fin da ora. È una forma di incitamento quella che vi stiamo manifestando? Assolutamente sì, almeno per il tempo di un ascolto.
Nicola Tenani
http://www.attilabakos.com/langswitch_lang/en/