28-04-2010
VEDAN KOLOD
"Tribes"
(Panfiloff Music)
Time: (48:33)
Rating : 8
Esiste una terra lontana dagli spazi immensi dove la Natura è ancora regina del paesaggio. Terra dove i viandanti, uscendo dai villaggi, trovano ancora alberi propiziatori a cui lasciare doni agli spiriti locali per chiedere fortuna e protezione durante il viaggio. Terre dove, al confine con la Mongolia (la Tuva), il popolo locale ha chiesto al governo russo di non giungere con le nuove linee ferroviarie per rimanere in un isolamento che li mantenga fedeli alla propria matrice terrena, tra medicina e culti sciamanici, animali totemici e canti millenari. Una Terra dove il martello soffocante dello stalinismo non è riuscito a piegare, ma solo a creare un velo di occultamento sotto il quale le braci hanno sempre mantenuto vivo un bagaglio di nozioni straordinari. È la Siberia: terra dei nostri Vedan Kolod (albero della profezia), quattro ragazzi che rappresentano quella brace ancora viva che alimenta il fuoco sopito. Il fatto che siano anche giovani è ancor più esemplificativo dell'amore di un popolo per il proprio territorio. Un Paese lontanissimo, ma se chiudete gli occhi, i Vedan Kolod vi trasporteranno nella loro incantevole e complessa arte; non stupitevi se a volte troverete affinità con suoni tipici nativo-americani, non dimenticate quale splendido ponte di culture sia rappresentato dallo stretto di Bering tra la vecchia Europa orientale ed il Nuovo Continente. Attenti però, perché il canto dei Vedan Kolod si colloca tra le tecniche puramente sciamaniche riconducibili a quelle zone prima citate, segnatamente al tuvan throath singing (di cui vi abbiamo già parlato recensendo l'ultimo lavoro di Soriah), tecnica diplofonica in cui il suono nasce nella gola tra vibrati e note profonde. "Tribes" è il primo album ufficiale dei Nostri e risale al 2007 (la nostra recensione è quindi un recupero che ci è parso doveroso), ma la musica di cui stiamo parlando è molto più arcaica, suonata con strumenti antichi e spesso frutto di ricerche su testi in antica lingua slavonica, madre di tutte le lingue del mondo Slavo. In apertura troviamo subito protagonista il tamburo sciamanico in "Tribes", tra due voci di donna e una caduta verso gli abissi del greve vocale maschile grazie a Valery Narishkin, voce e studioso della genesi degli strumenti impiegati. "In The Garden" e "Makosh" non hanno tempo ed in esso si perdono: solo la memoria le può riportare così vive, e qui il tamburo è simile al bodhran celtico in un'evoluzione solo apparentemente lontana. Stupenda la prova polifonica rappresentata da "Pigeon Book", in cui Valere, insieme a Tatyana, Polina e Daryana, dà vita ad un intarsio vocale in cui il vibrato gutturale, tecnica difficilissima, diventa qui naturale e spontaneo. Le voci possono diventare strumento come in "Peroon-God And The Skiper-Beast" o, al contrario, lasciare la scena libera agli strumenti come in "Boya", autentico reame strumentale in cui governa il suono della cornamusa slava, compagna di tutti quei piccoli strumenti 'marginali' in realtà simili a quelli di vari Paesi (il vargan come l'italico scacciapensieri ed il fuyara che, sebbene sia un flauto, per lunghezza ed aspetto ricorda il didgeridoo). Questo a testimonianza di come l'uomo nel mondo abbia sviluppato tecniche simili, perché nel ricreare - o nel tentativo di farlo - i suoni della Natura ha dovuto cercarne le forme, i materiali, le ispirazioni, universali e quindi convergenti. Da sottolineare pure come nella bellissima "Pigeon Book" il gusli pizzicato con maestria da Valery non sia così diverso dallo yang ch'in pizzicato con le piume da Lisa Gerrard: la Cina non è lontana, le antiche vie della seta legano le culture anche tramite la musica. Per questi motivi ogni tanto parlare di suoni etnici ci dà autorevolezza, nel momento in cui spostiamo il baricentro su canoni più consoni al goth etnico, celtico o folk senza tagliare il cordone con le Madri di suoni a noi visibilmente più legati. Ed anche se occulti, i sentimenti ci portano ad amare un fiore all'occhiello della cultura siberiana: i Vedan Kolod, già incontrati nella compilation "Slavs Part 1" assemblata dalla piccola Scythian Horn, label in cui Valery investe energie nel rilancio culturale e musicale del mondo slavo. In questo modo esaltiamo tutto ciò che ruota intorno a Dead Can Dance, Rajna etc., e su questo treno ci vogliamo salire per arrivare, tramite la musica, nei territori magici dei Vedan Kolod, e porgere omaggio a quell'albero della profezia a cui offriamo la magia della parola, divulgandola in un mondo che sa vivere di magia, quando vuole. La musica sa rendere popoli lontani sempre più vicini, soprattutto se nel farlo non chiede ai musicisti di cambiare globalizzandosi, ma anzi, li esalta nel loro minimale esistere nei territori d'origine.
Nicola Tenani
http://www.vedan-kolod.org.ru/
http://www.panfiloffmusic.com/