28-12-2009
VV.AA.
"Slavs Part 1"
(Scythian Horn)
Time: (76:04)
Rating : 9
La letteratura narrativa del '900 più volte ha viaggiato verso est, a bordo d'itineranti treni densi di fascino. Dall'Orient-Express al Trans-Siberian: in questi viaggi, insieme al narratore, anche noi sulle nostre comode poltrone potevamo incontrare popoli a pochi passi dai nostri confini, ma così lontani nell'immaginario. Popoli agli antipodi dell'Europa anche tra loro, dal sud-ovest bulgaro al diagonale siberiano, tra steppe, deserti, catene montuose, ma soprattutto popoli. Etnie multiculturali anche sotto l'egida 'falce-martello', ma con un sentimento genetico comune: l'essere slavi. Ora insieme alla rumena Scythian Horn possiamo viaggiare tra i suoni di questi Paesi: tale etichetta (o meglio, centro multiculturale per la divulgazione della cultura musicale slava) ha legato tra loro le molte sapienze musicali di un universo per noi fascinoso e conosciuto almeno in parte tra certe release della Prikosnovénie, le depressioni sinfoniche di Romowe Rikoito, le industriali rivendicazioni dei Laibach e persino Les Mystère Dex Voix Bulgares, proposte così tanti anni fa da Ivo Watts nella sua 4AD, o ancora, sempre parlando di bulgari, le misteriose contaminazioni etno-gotiche di Irfan e Svarrogh. Non molto di più, eppure l'est dell'Europa è un patrimonio soprattutto nella consapevolezza che, al di là di confini e governi, l'identità slava lega tra loro milioni di persone e, caduta la cortina di silenzio e plagio, questo antico sapere canoro e strumentale, pagano e tradizionale, emerge dalla Storia in tanti fermenti che nella loro tradizione creano un futuro nuovo ma legato alle radici d'appartenenza. Una lezione che dovremmo apprendere pure noi che viviamo nel caotico ovest comunitario, fallito proprio nel non voler cercare il catalizzatore negli antichi geni culturali che ci accomunano. Un viaggio stupendo nelle venti tracce che i molti progetti del sampler ci offrono, aprendo i loro confini tra canti, danze, cori e dolori, tra rituali legati alla Terra e matrimoni cantati per e dal popolo. Subito l'apertura si concede familiare nel ricordo di due act che noi amiamo: Afion con "Dei Mi, Boe", ballad croata che ha lo stile doloroso di Flëur e Caprice nel suo folk neoclassico. Le voci malinconiche struggono tra flauto e chitarra, e quando la sei corde è arpeggiata veloce a mò di balalaika... beh, ascoltate attentamente questo brano. Slovacchia per il canto corale di bimbi: "Mass Carols" del gruppo Korniča è come un nordico coro natalizio, lontano dal presepe ma festoso nell'onorare l'albero pagano ricco di gioia e doni. Sempre Slovacchia per l'ensemble Muzička con il brano "Čo Som Ti Urobila", in cui la polifonia 'a cappella' è dapprima diatonica nel gioco dualistico di voci di donna acuto e mezzosopranile, per poi svelarsi nella sua veste totalmente polifonica. Un viaggio che lentamente arriva a quei suoni che noi conosciamo grazie agli Irfan: così la macedone "Flizo Mome" di Monistra, tra flauto e bodhran, ci avvicina alle magie quasi mistiche dei cancelli verso il Medio Oriente. Non si nega nemmeno il momento dedicato alle voci bulgare, con i classici, arcaici moduli vocali femminili: "Iana Ofchar Lagala" è arte suprema per il Trio Tzane, e nella sua doppia voce rende protagonista la donna in un mondo che in lei assapora l'eredità della Dea Madre e la custodia della tradizione popolare. Aggiungete flauto e piccoli cembali ed ecco la Russia dei Vedan Kolod: "U Nas Nyne" raffigura una Russia spostata nei suoni sui confini balcanici. Il viaggio continua, e nelle ultime tappe si vivacizza con quelle atmosfere tra bazar, gruppi zingari, fanfare carpatiche e popolari; in più tracce cornamusa di tipo slav bagpipe, fisarmonica, violini e voci maschie e mediorientali creano cori o danze vorticose, a volte sommesse. Viaggi che abbiamo già percorso insieme alla filmografia del maestro Bregovic o alle fanfare dell'Est (a tal proposito, scoprite l'ensemble rumeno Fanfare Ciocarlia). Quando la cultura Rom è onesta e artistica non fa paura, ed è bello scoprirla ed apprezzarla: per noi la musica è legame umano, non barriera ideologica. Il viaggio è compiuto: Scythian Horn per oltre un'ora e un quarto ci ha condotto nelle Terre in cui uomini hanno sofferto, lottato e creduto, ed anche quando, disillusi dai giochi umani, rialzano la testa, lo fanno con quell'orgoglio di essere Slavi che per loro è fondamentale. A noi che resta? Il fascino che da sempre ci avvicina a questo universo lontano dietro l'angolo della nostra Europa in declino.
Nicola Tenani