10-11-2009
LISA HAMMER
"Dakini"
(Projekt/Audioglobe)
Time: (72:47)
Rating : 7
Chiunque si sia dilettato con le sonorità gothic/dark approfondendone i nomi più significativi degli ultimi 20-25 anni, sicuramente avrà apprezzato le indiscutibili qualità vocali di Lisa Hammer tanto nei Requiem In White quanto, soprattutto, in quei Mors Syphilitica che l'hanno vista protagonista assoluta assieme al marito Eric Hammer. L'artista newyorchese, oggi apprezzata cineasta, torna ad occuparsi di musica in questo suo primo album solista, ripartendo proprio da quella Projekt che nel 2001 diede alle stampe l'ultimo lavoro firmato dai Mors Syphilitica "Feather And Fate". Lisa, eccezion fatta per tre brani del dodicesimo secolo e qualche testo 'preso a prestito' da Poe e Shakespeare, è l'autrice di musiche e testi, nonché incaricata di tutte le parti vocali e di gran parte del tessuto strumentale (la lunga lista di strumenti da lei suonati include piano, sitar, percussioni, dulcimer, basso, organo a canne, synth etc...), coadiuvata da cinque ulteriori musicisti. Una dakini, nella cultura buddista, rappresenta il flusso sempre mutevole di energia su cui chi pratica la meditazione deve lavorare per arrivare alla realizzazione, ed un soggetto simile non poteva che essere sviscerato attraverso musiche la cui natura squisitamente orientale, spirituale ed etnica si presta perfettamente al tema trattato. Fra le prime quattro tracce dell'opera troviamo subito quei tre brani del dodicesimo secolo di cui sopra, tutti rigorosamente in latino: "In Taberna Quando Sumos" apre seducente con suoni appena accennati che lasciano spazio al grande talento vocale della Hammer, laddove "Kyrie Orbis Factor" ricorda da vicino i gioielli della Gerrard nel suo incedere arcano e sontuoso, mentre "Ave Nobilis" pone l'accento su melodie sottili e morbidezza del canto. Gli stilemi etnici s'impongono a più riprese, come nella mistica "Samsara", fra le magiche melodie di "Vajra", nell'oscura "Mara" o nella misteriosa "Electric Tamboura", ma l'album vive anche di eterea delicatezza, come dimostrano "Eleison", "Be Not Afraid", "The Valley Of Unrest", "The Muses", "Bardo" e "The Saddest Day Of All". L'apporto strumentale, sempre controllato, viene impiegato unicamente quale supporto alle grandi doti vocali di Lisa, protagonista assoluta di tutta l'opera, come rivelano anche momenti differenti quali "Chant No. 5", dove i vocalizzi s'intrecciano magicamente, o la spettrale ed intensa "Yaksha". Nonostante si possa soltanto godere di simili capacità vocali e sebbene le trame strumentali siano indubbiamente costruite con gusto, il limite del disco sta nella sua eccessiva lunghezza: il tutto avrebbe sicuramente funzionato meglio con qualche traccia in meno (momenti come le conclusive "Lullaby" e "Trekcho", ad esempio, si potevano tagliar fuori senza remore), magari caratterizzando e variando maggiormente fra loro i molti episodi positivi di un lavoro altamente professionale (ma a tratti ridondante) che, come sottolinea la Projekt, potrà risultare appetibile per i fans di Lisa Gerrard, This Mortal Coil, Enya e Sheila Chandra. Nel rinnovare la nostra massima ammirazione verso Lisa e le sue indiscutibili doti canore, ci auguriamo che la sua prossima prova risulti più snella e meglio bilanciata di questo pur valido esordio solista.
Roberto Alessandro Filippozzi