06-11-2012
IN FOLK NOCTIS Act II
DERNIÈRE VOLONTÉ + ROME + Rose Rovine E Amanti + Oniric
The Theatre, Rozzano (MI), 06/10/2012
di Roberto Alessandro Filippozzi
foto Ilaria Mariotto
Era da parecchio - per vari motivi che vi risparmio - che il sottoscritto non aveva il piacere di vivere una serata di musica live, e questa seconda edizione del mini-festival "In Folk Noctis" (che segue di un anno esatto la prima, tenutasi in altra sede con protagonisti Ordo Rosarius Equilibrio, Spiritual Front, Egida Aurea e Roma Amor) era un'occasione troppo ghiotta per lasciarsela sfuggire. Di qui la scelta deliberata di provare a raccontare questa serata ponendo l'accento sulle emozioni vissute, piuttosto che su mere elencazioni di brani eseguiti. Per fortuna è una serata quasi insolitamente calda ad accogliere me e gli altri astanti, in questo locale - funzionale e adatto all'evento proposto - nella periferia industriale del comune di Rozzano, appena fuori Milano. Il discreto silenzio delle piccole aziende chiuse per la notte è a suo modo rilassante, e sedie e tavolini esterni sono l'ideale per rilassarsi nell'attesa che la serata entri nel vivo.
Fortunatamente l'afflusso di pubblico è già dignitoso al momento in cui, poco dopo le 21:15, sale sul palco il primo dei due gruppi nazionali ad esibirsi: i campani ONIRIC, di cui ancora si attende il seguito dell'interessante debut del 2009 "Cabaret Syndrome". Non certo un titolo casuale quello dell'esordio della band guidata da GianVigo, perché senza dubbio le atmosfere da (malinconico) cabaret d'antan sono la linfa vitale che scorre nelle partiture folk-oriented dei vari brani, completati puntualmente dalla fisarmonica. La mezz'oretta a disposizione del combo scivola comunque via senza lasciare ricordi indelebili, vuoi per una presenza scenica da rivedere (anche per quanto riguarda la controparte vocale femminile), vuoi per una partecipazione emotiva visibilmente al di sotto delle aspettative. Ci si attende molto dal loro prossimo album, ma urgono correttivi per presentarlo a dovere in sede live, quando sarà il momento di farlo.
Si apportano le dovute modifiche al palco, ed a seguire arrivano i romani ROSE ROVINE E AMANTI, appena tornati sul mercato lo scorso agosto col nuovo album "Giorni Di Splendore E Sole", prodotto in proprio dopo gli anni trascorsi nella scuderia dell'inglese Cold Spring. Ho sempre apprezzato l'approccio personale e sopra le righe alla materia (neo)folk da parte di Damiano Mercuri, leader indiscusso e mente del progetto laziale, e confesso che ero davvero curioso circa la natura delle sue esibizioni dal vivo. Con piacere vedo proprio nel mastermind Damiano, intenso nella sua performance vocale e strumentale, una figura carismatica che guida le varie esecuzioni con impeto indomito e forza d'animo, trascinandosi dietro un violino fondamentale per completare determinate sfumature. Ancora in pochi conoscono bene i nuovi brani, che comunque si rivelano di alto valore (a breve parleremo anche della prova in studio) e coinvolgono; c'è spazio anche per un estratto dal prezioso split con Sol Invictus ed Andrew King del 2006, mentre è "Demian" a chiudere uno show di sostanza e trasporto emotivo. Una bella conferma, anche dal palco.
Esaurita una prima parte giocata 'in casa', tocca ai grossi calibri europei salire sul palco del The Theatre, ed il penultimo act ad esibirsi in questa serata è ROME, nome molto apprezzato anche nella nostra ristretta scena, grazie ad una discografia già fitta e ricca di album ammirevoli. Sul palco come quartetto (con tastiere, percussioni e contrabbasso), rigorosamente guidati dalla voce e dalla chitarra del leader e fondatore Jérôme Reuter, i musicisti danno vita a circa un'ora di musica di grande pathos ed intimismo folk melanconico/romantico. Il songwriter lussemburghese, che ha costruito attorno alla sua persona una band di tutto rispetto, è divenuto di album in album la 'penna' più in vista del terzo millennio in ambito squisitamente folk, ed il trasporto emotivo che guida il suo lirismo acustico ha già regalato perle a non finire che hanno travalicato il confine di quella scena più legata al grigiore apocalittico ed alle derive industriali, seducendo ascoltatori di altri ambiti. Lo struggente intimismo della musica di Rome ha impietosamente messo in evidenza, purtroppo, i limiti di una 'scena' (per quella italiana le virgolette sono il minimo) che se a livello numerico stasera ha fortunatamente offerto un responso accettabile (non sbalorditivo, ma il locale non dava certo il senso di vuoto), a livello di capacità di fruizione dell'evento live si è ancora una volta dimostrata un 'terzo mondo' nel cuore dell'Europa. Passi per la moltitudine di gente che, complice il clima mite per una serata d'ottobre, ha preferito stazionare ai tavolini esterni per bere e chiacchierare (di quando in quando anche il sottoscritto è andato a prendere più d'una boccata d'aria), ma che all'interno debbano ripetersi le solite scene per cui sei-sette file si godono il concerto stando il più vicino possibile al palco, mentre almeno altrettanta gente - se non di più! - resta indietro a parlottare con quel senso di indifferenza e snobismo, generando un fastidiosissimo e incessante brusio di fondo, è la solita diapositiva che fotografa impietosamente il (basso) livello del pubblico nostrano. Non può non accorgersene Jérôme, che inevitabilmente lo fa notare dal palco, sottolineando come a molta gente interessi di più parlare che seguire il concerto... Viene da chiedersi quale tipo di rivoluzione culturale serva per gente che si ritiene 'alternativa', ma poi nei momenti topici fruisce l'arte come persino un fan di una boyband si vergognerebbe di fare... Disgustoso pensare che un concerto pop venga vissuto con molta più intensità da quel tipo di pubblico, mentre questa scena, con l'alto valore artistico espresso da interpreti come Rome, dovrebbe essere il tempio del pathos e del trasporto emotivo, e invece non capisce e/o ignora l'importanza di rispettare e ricambiare chi dal palco regala emozioni forti... Tornando a quei pochi che si sono goduti l'appassionata ed impeccabile performance del quartetto, questi possono dirsi soddisfatti da una scaletta che pesca con una certa equità da tutti i lavori di Rome, anche se non sembrano scorgersi anticipazioni dal nuovissimo "Hell Money" e se si ha l'impressione che, causa lieve ritardo nel programma, uno o due brani siano stati tagliati: poco male, perché intensità e pathos hanno toccato livelli altissimi, nonostante l'inaccettabile brusio di cui sopra. Ottimi.
È praticamente l'una di notte quando sale sul palco l'ultimo act della serata, il francese DERNIÈRE VOLONTÉ, con il mastermind Geoffroy D. accompagnato da un percussionista. Non nuovo a calpestare i palchi italiani, Geoffroy porta sui medesimi i brani del nuovissimo "Mon Meilleur Ennemi", coi quali ha spinto ancor di più verso un synthpop algido e dal taglio retrò, guadagnando tutto sommato punti sul precedente e un tantino scialbo "Immortel". Che stasera più d'un neofolker si aggiri per il locale ci sta, vista la succitata trasversalità di Rome, ma per quel che concerne DV l'impressione è che chi si muoveva a ridosso di aree 'brune e grigie' possa essere venuto stasera solo per il legame passato con un nome che, nel primo periodo, ha appassionato i cultori delle sonorità marziali fino a colorarsi di tinte più accessibili, facendo coniare etichette fantasiose ma calzanti come 'martial pop' o 'military pop'. Sì, perché la svolta verso il glaciale pop elettronico di metà carriera non ha conosciuto ripensamenti, ed in tutta onestà il DV odierno sembra la versione dark-oriented di certi singoli electropop francofoni degli anni '80, mentre la prova più riuscita e che meglio ha sintetizzato l'esperienza del primo periodo con le nuove tendenze rimane a tutt'oggi quel "Devant Le Miroir" datato 2006. Con l'esigua formazione a due, dove Geoffroy fornisce anche un contributo percussivo e le basi di tastiere sono campionate, il suono di DV risulta ancor più algido e distaccato, e la proverbiale freddezza on stage del longilineo frontman francese (che, come da copione, guarda dritto davanti a sé e mai verso il pubblico) rende il concerto simile ad una di quelle performance da studio televisivo vuoto di certi videoclip degli anni '80, movenze del corpo incluse. Nella risicata scaletta (circa un'ora, che per un headliner ci pare un po' poco...) non mancano i bei momenti, specialmente dalla seconda parte della carriera del Nostro, ma il fascino retrò non basta a sopperire alla mancanza di pathos dopo che si è esibito un gruppo della caratura di Rome, il che fa pensare che forse questi ultimi avrebbero meritato di chiudere la serata, ma tant'è...
A conti fatti, il bilancio è positivo: ben assortita la scaletta dei gruppi partecipanti, un buon numero di astanti e finanche qualche gradito incontro, come quello inatteso con l'amico Simone Salvatori (Spiritual Front) e - finalmente - quello previsto con Damiano Mercuri di Rose Rovine E Amanti, ottimo personaggio anche fuori dal palco. Onore a chi ha avuto la forza ed il coraggio di organizzare il tutto così bene, nella speranza che l'anno prossimo ci possa essere una terza edizione, magari con :Of The Wand And The Moon: in formazione completa come headliner, assieme a qualche altro bel nome della scena folk-oriented...