01-01-2021
THEODOR BASTARD
Il respiro delle foreste nordiche
di Di Roberto Alessandro Filippozzi (foto principale di Anna Rozhetskaya)
Da queste nostre pagine non abbiamo mai mancato di tributare i dovuti onori alla musica dei Theodor Bastard, collettivo di San Pietroburgo guidato dalle figure di Fedor Svolotch e Yana Veva che, dopo dei primordi più sperimentali e criptici risalenti ad inizio millennio, ha sviluppato un sound unico e prezioso, in grado di unire con risultati semplicemente eccezionali la modernità di certo raffinato trip-hop con una musicalità arcaica dal respiro secolare. Se già col precedente "Vetvi" il combo aveva dato prova della sua innata maestria nel tessere trame ricche di particolari e d'immane fascino, col nuovo "Volch'ya Yagoda" i Nostri si sono superati, dando vita ad un autentico capolavoro in cui ogni brano è un vero e proprio prodigio. Di conseguenza, non potevamo esimerci dall'indagare più a fondo gli aspetti salienti di un'opera di tale livello, e nel farlo ci siamo trovati a vivere un ulteriore viaggio: non soltanto quello indotto dall'arte di questi grandi musicisti, ma anche quello suggerito dalle parole del mastermind Fedor, che ci ha accompagnati per mano attraverso suoni, strumenti, luoghi, paesaggi e culture molto distanti dal nostro quotidiano, ma che attraverso le note di "Volch'ya Yagoda" abbiamo potuto toccare con mano, ricordandoci di come la musica possa trasportarci verso mondi sconosciuti con la forza del suo respiro e dell'immaginario evocato. Come finire in bellezza questo 2020, se non con questa lunga, piacevole ed esaustiva chiacchierata con il disponibilissimo Fedor? A lui la parola, dunque, invitandovi ancora una volta a scoprire il meraviglioso mondo musicale di questa straordinaria ed assolutamente unica band.
"L'intero album è dedicato alla foresta. Ovviamente le prime associazioni sorgono con la foresta del Nord, che è quella che conosciamo. Ma la foresta è da dove tutti siamo venuti, ed anche quando vi facciamo ritorno per poco tempo dalla città, lo sentiamo. La foresta è casa nostra."
(Fedor Svolotch, foto di Alexander Corvus)
"Il nostro suono è come una scatola col doppio fondo: c'è molto da scavare e ci sono segreti da scoprire. Penso che i nostri più fedeli ascoltatori siano come dei ricercatori, paleontologi o archeologi del nostro universo sonoro, che trovano manufatti nascosti da noi. Ciò trasforma l'ascolto non in un atto passivo, come avviene con la musica pop, ma in qualcosa di più grande: un'esperienza condivisa di viaggio e di vita."
(Fedor Svolotch, foto di Natalia Rybakina)
"Non è chiaro il perché menzionare la nazionalità o le radici di qualcuno sia diventato negativo, come se ce ne dovessimo vergognare, ma il futuro non può crescere senza radici e senza la conoscenza di esse. Come potrebbe crescere un albero senza le radici? La Tradizione per noi è il fondamento, la terra su cui poggiamo."
(Fedor Svolotch, foto di Alexander Corvus)