11-11-2008
BELLA MORTE
"Beautiful Death"
(Metropolis/Audioglobe)
Time: (38:22)
Rating : 6
Bella Morte è una di quelle band che non hanno mai contribuito a rovinare la lente del mio lettore, però ogni tanto album come "Where Shadows Lie" o "Remains" hanno fatto sporadiche comparse tra i miei ascolti, magari senza glorificazioni, però con quel sottile gusto di death-rock elettronico tipicamente americano. Il loro approdo in Metropolis avvenne nel 2002 con l'album "The Quiet", e coi successivi tre full-lenght è stata un'escalation verso il sound attuale, votato al commercio senza discriminanti, complici forse i cambi di formazione, con la dipartita di tre elementi della band originale e relativo cambio progressivo del sound. Che cosa troverete in "Beautiful Death"? Un crossover di generi che vanno dal goth-rock a qualche residuo d'elettronica oscura, fino allo pseudo-nu-metal tipico dei Linkin Park, e non è uno scherzo! La delusione è grande, considerando che gli elementi della band hanno un'ottima prerogativa di tecnica strumentale: il risultato è nell'insieme una mera operazione di mercato, col fatidico tour eterno in varie città degli States, il che garantirà sicuramente ottime vendite, vista anche e soprattutto l'immediatezza di una musica rivolta ad un pubblico adolescenziale, mentre ancor più certo sarà il calo di stima di chi aspettava da sempre il disco da incorniciare di una band con ottime peculiarità. Evidentemente una label che racchiude nel proprio roster Apoptygma Berzerk (anche loro reduci da una decadente virata di stile nelle ultime uscite su disco), Combichrist o gli ultimi arrivati (solo in questo) Rotersand esige il tornaconto economico dai propri stipendiati, concetto molto statunitense ma che nella sua logica (non nella mia) ci può anche stare. Nello stesso modo in cui ci può stare il mio disappunto: il trio di Charlottesville (la formazione a cinque è morta nel 2006 con l'album "Bleed The Grey Sky Black") ha chiuso con il goth, ed oggi questi 'cugini' di Crüxshadows o The Last Dance frequentano ben altri lidi. Peccato, perché il dischetto offre momenti a tratti piacevoli (per questo la sufficienza la merita, alla fine) come nell'opening track "Find Forever Gone", con la sua romanticità dovuta ad un buon accordo di pianoforte violentato dai riff di chitarra e da una corposa base di synth, oppure "The End Of The End" per gli stessi motivi della precedente e l'ottima prova vocale di Andy Dean, che a tratti ricorda un po' Leviathan nell'ultimo album firmato Ostara... Il problema nasce in tracce come "Can't Let This Die" o "In The Dirt", dove l'accostamento ai Linkin Park è all'estremo, o nel resto del disco in generale, dove certi richiami al metal da soundtrack di horror adolescenziali sullo stile Lacuna Coil si rivela di pessimo gusto. Se cercavano la notorietà, credo saranno accontentati: il prezzo lo paga il suono, ma nelle logiche di mercato qualcuno deve pur pagare...
Nicola Tenani
http://www.metropolis-records.com/