16-06-2008
AHRÁYEPH
"Marooned On Samsara"
(D-Monic)
Time: (53:45)
Rating : 7
Come alcuni di voi già sapranno, la D-Monic è una sottoetichetta della più nota label francese M-Tronic (che vanta nel proprio roster nomi come Mlada Fronta, Beefcake, Displacer, Mnemonic e tanti altri) dedita alla produzioni più goth/rock oriented, dal momento che alla 'casa madre' competono esclusivamente le sonorità elettroniche (soprattutto IDM e affini). La piccola sub-label transalpina, tenendo fede alle sue prerogative, tira fuori dal nulla questi Ahráyeph, quintetto belga guidato da quel Raf Jansen noto in passato per essere stato membro della longeva metal band Ancient Rites, qui alle prese col debutto ufficiale. Le note citano come influenze nomi altisonanti come Fields Of The Nephilim, Sister Of Mercy, God Machine, Paradise Lost etc., ma noi avvertiamo fortissima soprattutto l'influenza dei primi (mentre non sentiamo alcun accenno alla formazione di Holmes e Mackintosh, ad esempio...), coi quali Raf e soci devono letteralmente essere cresciuti, a giudicare dal tributo reso alla leggendaria band inglese ed al suo indiscusso leader Carl McCoy. Il disco, racchiuso in una pregiata confezione digipack completa di booklet, si apre in maniera esplicita con l'oscura e solenne introduzione "End I - Hindsight", che subito lascia spazio alle movenze gothic di "In Sickness", song che vede sugli scudi i cantati espressivi ed appassionati di Raf (anche chitarrista), i quali talvolta cedono alla pura emulazione di McCoy; "Misanthropia" ci fa respirare le atmosfere di una "For Her Light" e si fregia di valide melodie ed un buon tiro, prima della fiammata in doppia cassa tipicamente metal nel finale, mentre "Seele" riporta alla mente i Fields di "Submission" grazie alla sua profonda oscurità, prima dell'efficace refrain melodico. Alla sofferta ed enfatica "Memories" segue una "Distanced" palesemente ispirata ad un altro classico dei Nephilim, "Chord Of Souls", non priva di un'ulteriore galoppata metal sul finale, ma sia chiara una cosa: certa irruenza si fa sentire esclusivamente a livello di sezione ritmica, un po' alla maniera dei The Nefilim di McCoy, mentre le chitarre mantengono un'impostazione prettamente gothic/dark ben lontana dagli eccessi metallici cui si potrebbe erroneamente pensare. "The Rain Suite", coi suoi 12 minuti e le sue tre parti, è l'apice del dischetto e sa passare dalle atmosfere distese del proprio incipit sino ad una nuova cavalcata finale, con lo spettro dei Nephilim (tanto di quelli di un tempo quanto quelli targati 2005) che continua a guidare il songwriting dei Nostri; "Lilith" si mostra invece estremamente energica e tellurica, così come sprigiona forza la terremotante "End II - Insight", ma il finale è destinato a "Farewell", song atmosferica che si muove tra i ghiacci per approdare ad un crescendo sulla falsariga di capolavori come "Watchman" o "Last Exit For The Lost". Stando a quanto sin qui detto, si potrebbe pensare ad un autentico gruppo-clone degli immortali Fields Of The Nephilim, tanto quelli di "Elizium" quanto quelli di "Mourning Sun", con un cantante che cerca a più riprese di emulare McCoy, e se da un lato tutto ciò non è affatto lontano dalla realtà, è altresì giusto riconoscere alla band anzitutto una padronanza degli strumenti indiscutibile (ed anche Raf, 'muse' a parte, si rivela un valido singer), e poi la capacità di scrivere brani senza dubbio memori delle meraviglie di cui sopra, ma sicuramente ben costruiti e sorretti da una certa classe. Mancherà anche quella personalità che magari arriverà solo più avanti, ma quanti newcomers del gothic possono vantarne almeno un poca? Qui c'è un gruppo solido e coeso che, pur seguendo quasi ciecamente certe fondamentali lezioni del passato, sa fare il proprio mestiere ed ha messo insieme un album ben assortito, ben prodotto, ben confezionato e ben suonato che piacerà a chi ha amato le gesta dei mostri sacri di cui sopra, pur senza intaccare minimamente il primato di questi ultimi. Sapete cosa vi aspetta.
Roberto Alessandro Filippozzi