19-12-2017
VELVETINE
"Crematorial Dance"
(Facthedral's Hall)
Time: CD (38:05)
Rating : 6.5
Un'ondata di oscurità sembra aver colpito la Francia, vista la frequenza di uscite gotiche provenienti dalla terra d'oltralpe. Ultimi in ordine di apparizione arrivano questi Velvetine, band dalla storia particolare. Nati come Septembre Noir a metà dei '90, hanno realizzato con questo monicker un solo miniCD dal titolo "Stigmates". Nel 2005 avviene il cambio di nome che coincide anche con l'arrivo del terzo membro Marc Reina, che affianca il nucleo storico composto da Pierre-Henri e Stéfan Mandine. Si devono attendere un paio di anni per poter apprezzare il debut album "Septembre". Successivamente la band dimostrerà una certa pigrizia, pubblicando appena tre EP in fra il 2009 ed il 2015. Il nuovo full-lenght, infatti, esce nel 2016 e porta il titolo di "Crematorial Dance". Nonostante i molti anni di intervallo, le coordinate sonore non sono cambiate: gothic rock e batcave sembrano essere i punti fermi attorno ai quali si muove il mondo dei Velvetine. In "Crematorial Dance" vi sono brani paradigmatici in questo senso. Pensiamo a "Ulan Bator", dove in un crescendo drammatico si erge, monumentale, la voce di Stéfan, così simile a Peter Murphy eppure così particolare. L'omaggio ai Bauhaus prosegue con pezzi come "L'Immeuble", "Broken Harp" e "The Shuttle", ricchi di pathos anche se forse troppo allineati con i maestri britannici. Rispetto a loro però i Velvetine propongono un suono più aggressivo e massimalista, in cui è preponderante il ruolo della chitarra. Questo però tende ad appiattire il sound del gruppo: la tracklist infatti procede senza troppe sorprese, e anche se brani come "Resolution" o "Far Away" si attestano su livelli qualitativi alti, con il passare dei minuti l'ascolto tende a diventare un pochino monotono. Solo con l'ultima traccia i Velvetine cercano di dare una svolta: "Maha Mritunjaya" si basa su un raga indiano che, ripetuto ciclicamente, tende a ricreare un effetto mantra potente ed ipnotico. Si tratta però di un episodio, visto che difficilmente la musica indiana potrà diventare il futuro di questa band. "Crematorial Dance" è quindi un buon disco, non molto originale ma ben suonato e gradevole. Ora vedremo se la band si sbloccherà, oppure se continuerà nel suo lento e pigro incedere.
Ferruccio Filippi