20-12-2015
HEARTS OF BLACK SCIENCE
"Signal"
(Progress Productions)
Time: CD (54:57)
Rating : 9
Nato nel 2005 e sin qui autore di due di validi album come "The Ghost You Left Behind" (2007) e "The Star In The Lake" (2009), cui si aggiunge una manciata di singoli, il duo svedese si è fatto attendere ben sei anni prima di tornare col terzo full-length, ma questa sua prima uscita sotto l'egida della sempre ottima Progress vale ogni minuto dell'attesa. Tomas Almgren (synth e ritmi) e Daniel Änghede (voce, chitarra e basso) avevano già raccolto meritati consensi coi lavori di cui sopra, ma con "Signal" cesellano divinamente una formula dark-pop atmosferica che ha saputo far confluire il meglio delle influenze shoegaze, gothic e (synth)pop in una serie di canzoni dal taglio indie/post-rock semplicemente superiori per ispirazione e pathos, oltre che per la fattura ed il suono. Guidato da una voce quanto mai ideale e sempre puntualissima all'appuntamento con dei refrain da applausi, il songwriting risulta assolutamente impeccabile da cima a fondo, dalla tensione drammatica della carismatica opener "Faces" alle belle movenze cinematiche della conclusiva title-track, passando per tutta una serie di autentici gioielli dove non si ravvisano cali di alcun tipo. Dal groove cadenzato della magnetica "Protector" alla sognante ballad "Falling Away", passando per potenziali hit come le ritmate ed ariose "Until Morning" ed "Icon" (quest'ultima già apparsa sull'EP digitale del 2013 "We Saw The Moon", dal quale viene ripresa anche la title-track), fino a momenti che mostrano di quale classe - compositiva e realizzativa - sia capace l'act svedese come "Unfolding" (con ospite alla voce Chrysta Bell, nota per aver lavorato con David Lynch) e "Wolves At The Border" (con Heike Langhans dei Draconian a duettare con Daniel), il viaggio attraverso melodie e parole tocca le corde giuste e seduce in maniera irreversibile. Il duo ha giocato una mano pesantissima in termini d'ispirazione e di forza espressiva, oltre che di qualità globale, tanto che non deve sembrare un azzardo definire "Signal" - fatte le debite proporzioni, specialmente in termini di visibilità e di frangente temporale - 'il "Disintegration" dei giorni nostri'. Non serve aggiungere altro: se cercavate grandi canzoni in una chiave ben precisa, in questo superbo ritorno ne troverete ben 11 su 11. Di diritto fra i migliori lavori del 2015: che 'segnale'!
Roberto Alessandro Filippozzi
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