31-08-2015
THE BLACK HOTEL'S DOORKEEPERS
"Dancing In The Shadow"
(Manic Depression)
Time: CD (41:47)
Rating : 7
Dopo aver militato nella scena coldwave francese durante gli anni '80 come bassista nei The Mind's Blur, il polistrumentista David Droz decide di intraprendere la carriera solista fondando, nel 2012, il progetto The Black Hotel's Doorkeepers (poi abbreviato in The B.H.D.). Il primo disco, "Nothing Is Colder Than You", vede la luce nel 2014, prodotto dalla tedesca Cold Insanity Music, mentre questo secondo album, "Dancing In The Shadow", è uscito ad aprile per la francese Manic Depression in confezione digipak a quattro pannelli senza libretto e senza testi. L'essenziale, lo scarno e il minimale sono le caratteristiche principali della musica di The B.H.D., un amalgama di post-punk e darkwave incrostati dai suoni acidi e sporchi di chitarra e basso, secchi e spogli accompagnamenti di drum-machine ed una calda ed oscura voce che predomina sull'intera strumentazione, per un album che destruttura il concetto stesso di editing e mastering per offrire invece sonorità primordiali, quasi fosse una demo di qualche band con pochi mezzi, e che ha proprio in questo suo atipico approccio la carta per farsi largo tra le produzioni di questo 2015. Se ad aprire sono le ritmiche occlusive e graffianti di "The Stranger In The Garden", che assieme al melanconico pianoforte e alla voce profonda di Droz ricordano molto i Cure di "Pornography", il seguito è affidato alle ipnosi sulfuree di "Nothing More To Give", con la sua chitarra dilaniata in perenne conflitto con una voce che tutto assoggetta e copre, interrompendo anche il flusso musicale d'insieme che riprende solo quando essa si interrompe, lampante esempio di quella rudimentalità sonora che diventa vanto dell'opera. Non mancano tributi ai Joy Division in pezzi come "Into The Shadow" o "Too Many People", così come approcci più accanitamente post-punk come in "My Egyptian" o "Too Late", la cui resa mantiene la carica serrata del genere corrosa da quella onnipresente ed ossessiva chitarra tagliente, che con il suo vorticare glabro e venifico, il suo insinuarsi tra bassi fumosi e rachitiche tempistiche da drum-machine, satura l'atmosfera già di per sé oscura dell'album, donandogli una sgraziata attitudine quasi punk che travalica la linearità per lasciar posto a ipnosi noise, vocalismi emozionali che finiscono per divorare qualsiasi altro suono e destrutturazioni ritmiche imprevedibili, come nelle accelerazioni di "Requiem" o nei voluti errori percussivi della conclusiva "The Love Of The Innocent". Droz, solitario viaggiatore che ripercorre in questo modo il suo passato musicale, confeziona un'opera dai toni nostalgici e grezzi, come fosse un secondo esordio volutamente scarno e malfatto, ma che ha in queste imperfezioni la sua perfetta resa generale.
Lorenzo Nobili
http://daviddroz.wix.com/the-bhd
http://www.manicdepressionrecords.com/