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Room 103

31-08-2009

MONOZID

"Say Hello To Artificial Grey"

Cover MONOZID

(Major Label)

Time: (46:05)

Rating : 7.5

Sembra che un po' tutto il sottobosco post-punk tedesco, o comunque il frutto di quella wave che attinge al sound ricco di colpi di plettro in chiave goth, abbia ben usufruito di alcune situazioni createsi negli ultimi anni, soprattutto nell'area che gravita tra l'ex-DDR ed il Nord del paese. Il trasferimento berlinese degli americani Frank The Baptist ha messo molte band locali a stretto contatto con musicisti che tra death-rock e punk-wave dirigono il loro mordente artistico. Non che sia fondamentale la nuova patria di Frank Vollman dopo la sua dipartita dalla natale San Diego, però è sintomo di nuovi interessi che da oltreoceano spostano la propria influenza verso l'Europa, in particolar modo quella centro-orientale. Non vuole essere una lezione di geografia musicale questa, però è doverosa per capire al meglio i confini del suono dei Monozid, articolato e di non immediata e specifica collocazione. Sicuramente una band da performance live: riff, sudore e lunghi tour. Non è difficile vedere dal vivo i Nostri (comparsi anche recentemente in Italia), e di ciò pure il sound in studio ne beneficia. Fatta questa premessa, l'ascolto di "Say Hello To Artificial Grey" (che nonostante la fama conquistata sugli stage è il vero debutto in studio per i Monozid, proposto anche in versione LP) è rivolto ad un vasto pubblico che si 'nutre' dei graffi death-rock come delle acidità no-wave USA, così come del post-punk anglosassone più classico con rimandi ai classici ed orientabili affinità a Sound e Minimal Compact, ma anche echi di Durutti Column per certi velati angoli psichedelici. Nelle loro prime comparse, timide, pure band ora affermate e non più di nicchia (leggi Interpol, Editors ecc.) appartenevano a questo piccolo universo, ed i Monozid la loro identità acustica la esibiscono già nell'opener "Let's Shake Hands And Wonder", brano in cui il basso di Daniel si ritaglia i propri spazi tra le chitarre di Franz e Ralf o la batteria suonata da Max. Proprio in questa semplice formula sviluppano la loro alchimia, ed in questo brano esaltano tecnica e stile maturata proprio sui tanti palcoscenici calcati (fondamentale per un gruppo di questo tipo). A volte anche la sensazione di trovarsi davanti ad un derivato più radicato nel post-rock può insorgere, ed in effetti ascoltando la strumentale "Stanislawa Popielska" le piccole arpeggiate di dita sulla chitarra, 'invase' dalla seconda e distorta sei corde, rallentata in più momenti introspettivi, danno veramente la sensazione di post-rock, pur senza quell'alone 'tragico' più consono alle band tipiche del genere. Rischia di essere spesso il dazio che pagano coloro che, eclettici, si pongono al giudizio del pubblico con coraggio, e in questo i Monozid decisamente non peccano! Allora, nel pieno delle nostre 'open mind', seguiamo passo a passo il dischetto fino alla scura e tribale "Supergrau", esaltata dall'ossessiva percussione e dalle piogge di note in punta di plettro, unite all'ottima crudezza del cantato, in questo caso su testo in madrelingua. Ognuno avrà le proprie simpatie: davanti alla possibilità di dover estrarre un singolo che faccia da testa d'ariete all'intero album, "Supergrau" avrebbe sicuramente molti favori. L'augurio che facciamo ai quattro ragazzi di Lipsia è quello di continuare a credere che la palestra di un musicista è il palco, e l'accademia, di conseguenza, lo studio; ci riserviamo di seguire con occhi paternamente critici il futuro di una band che ha grandi potenzialità di riscontro anche al di fuori dei confini 'dark', visti i successi dei già citati Editors, Interpol o recentemente i White Lies, con la volontà però di perseguire la loro ricerca senza abbandonarsi al fatuo successo immediato, bensì arroganti nel guardare sempre al di sopra del presente.

Nicola Tenani

 

http://www.myspace.com/monozid

http://www.majorlabel.de/