16-02-2009
PAUL ROLAND
"Nevermore"
(Syborgmusic/Masterpiece)
Time: (49:25)
Rating : 8
Nell'era delle reunion che rivangano antichi fasti, Paul Roland festeggia trent'anni di carriera (e una lunga serie di album pubblicati) con un nuovo full-lenght edito dalla Syborgmusic (etichetta che vanta nel proprio roster anche gli In My Rosary), ma la stanchezza artistica è ancora lontana per il menestrello inglese. È il secondo album per la label tedesca, dopo la stampa in CD per "Re-Animator", uscito in edizione in vinile per l'italiana Black Widow. "Nevermore" è il giusto seguito di una carriera che, seguendo il filone letterario più tipicamente gotico, ha sempre trovato nelle note di Roland la giusta esaltazione. Artista estemporaneo e sempre relegato alla nicchia del folk oscuro inglese, Paul ha però il merito di creare gioielli di poesia musicale in modo moderno ed affine ai suoi miti di sempre: Poe, Byron, Lovecraft. Apre l'album, appunto, "Edgar Allan Poe", piccola ballata vivace che porta subito l'ascoltatore tra assenzi e nebbie della Londra romantica e notturna in cui l'inverosimile è norma, e l'assurdo coerenza. Poi comincia il viaggio vero e proprio che l'artista, in "Nevermore", vuole condurre al fianco di Jules Verne e del capitano Nemo: l'ultimo viaggio del Nautilus. Se con "Captain Nemo" la musica è deliziosamente folk, in "Last Voyage Of The Nautilus" l'abisso è torbido e minaccioso, la chitarra acustica tace e Roland tesse sulle tastiere cupe macchinazioni ambientali. Pochi artisti hanno un simile potere evocativo: in ciò il Nostro, per lirismo e minimalismo psichedelico, ha le capacità per poter trovare posto tra Tibet e Bolan; tra la musica dei Current e quella dei T. Rex, infatti, può starci tutta la gamma del suono che "Nevermore" esprime. Esoterico come nell'ultimo viaggio di Nemo, psichedelico con rimandi oscuri e malinconici quasi simili a Romowe Rikoito per i cori e il classicismo in "Wreck Of The Nautilus", quasi country nella successiva "Leatherface". Difficilmente un artista così eclettico può trovare nuovi ammiratori nelle nuove leve, troppo schematiche e settoriali nelle scelte. Deliziosa la ballata "Eight Little Whores", dove le 'otto piccole puttane' possono tranquillamente vivere nella Londra in cui Jack lo squartatore uccideva: questa è l'atmosfera che Roland crea nei suoi album, ed in questo brano la sua scuola è così simile per incanto estatico, contrapposto a squallore decadente, a ciò che nei momenti migliori Tibet ha espresso, tra archi e sapori classici supportati dai gentili accordi di chitarra. Stessa dolcezza in "Ghost Dance": delicata la chitarra elettrica in sottili arpeggi di supporto al flauto, mentre lo stile è lunatico e sornione come fosse sospeso nelle nebbie letterarie. Un gatto nero come quello di Poe, crepuscolare e discreto come negli anni ha saputo essere Ka-Spel e i suoi 'leggendari puntini rosa' che a volte amiamo ricordare, perché ci piace dare valore ad una memoria tuttora presente e produttiva. In questo il valore di "Nevermore" acquista consistenza, testimone attuale di una musica che nasce da lontano, che trae linfa dal romanticismo letterario più eccelso e che, nella realizzazione su disco, non si chiude tra stereotipi ma si apre a tutto ciò che, dal profondo stato dell'Io, vuole uscire verso il pubblico; tra le ultime tracce trovano spazio anche due ballate dal sapore di vecchia Irlanda, ebbra di Guinness e quadriglia: "Sam Hall" e "Foggy Dew" sono tradizione, la stessa che Paul Roland rivendica, e non importa che sia nato nel Kent e non a Dublino, poiché il folk passa da qui e da questi suoni...
Nicola Tenani