29-09-2020
FRETT
"The World As A Hologram"
(Ant-Zen/Gusstaff Records)
Time: CD (39:29)
Rating : 8
La prerogativa dei grandi musicisti e compositori è quella di saper prendere una materia data e plasmarla liberamente in base alla propria visione artistica, superando con agilità generi e vincoli per dar vita ad un suono personale e trasversale. Fra questi vi è sicuramente il polacco Maciek Frett, una delle due menti pensanti dietro al mirabile act Job Karma (di cui si attende con impazienza un nuovo album da ormai sei anni), nonché membro - assieme al suo storico sodale Aureliusz Pisarzewski - del notevolissimo progetto 7JK, che coinvolge anche l'apprezzato violinista inglese Matt Howden. Una carriera di assoluto rispetto e prestigio che vede oggi Maciek alle prese col suo primo lavoro solista, pubblicato dalla rinomata Ant-Zen assieme alla Gusstaff Records (la versione in CD digipack) ed alla Don't Sit On My Vinyl! (l'edizione in vinile limitata a sole 66 copie). Anche in questa sua avventura solista, supportato dalla sola Anna Frett per alcuni cori, Maciek elabora e modella a suo piacimento una materia sonora interamente analogica che guarda con favore alla vecchia scuola industriale, contaminandone le trame con la ricercatezza dell'IDM, la ruvidità del noise, il battito pulsante della techno più erudita, la didascalica funzionalità dell'ambient e la freddezza della dark-electro in un suono particolarmente teso ed ansiogeno (anche per l'impiego di una vocalità piacevolmente distorta), nonché carico d'intensità e foriero di intriganti atmosfere. Un risultato non lontano dalle conquiste dei Job Karma, eppure differente nella sua palpabile tensione sin dai beat pulsanti dell'opener "Dreams", subito sferzata da quelle scorie industriali che si prendono la scena nella dura e nervosa "Isolation", laddove invece l'apporto delle influenze dark-electro dona maggior classe alle atmosfere create con "Two Cups" e "Judge". La tensione è sempre alta e tangibile, anche fra i minimalismi retrò di "Trust" o fra le pieghe ambientali della conclusiva "Holy", e se le lente movenze notturne e vintage di "The Light" rappresentano l'apice di raffinatezza dell'opera, senza dubbio la severa, austera e minacciosa "Flag" incarna il lato più oscuro di una scrittura libera da limitazioni di sorta. Esaltata nei suoi gustosissimi dettagli da una produzione ammirevole e dal mastering del veterano Eric Van Wonterghem (Klinik, Absolute Body Control, etc.), questa prima fatica solista di Maciek non mancherà di esaltare quegli appassionati di elettronica old school più legati alle atmosfere che alla forma-canzone, raccogliendo quei consensi traversali che artisti di simile caratura meritano pienamente.
Roberto Alessandro Filippozzi
https://www.facebook.com/FRETTband