08-03-2015
MACHINECODE
"Samurai"
(Ad Noiseam)
Time: (70:45)
Rating : 7.5
Giunto al suo quarto full-length (cui si somma una nutrita lista di EP - soprattutto digitali o in vinile - che porta il computo ad una ventina di uscite in circa sei anni di attività), il progetto di Tim Eliot (Current Value) e Dean Rodell approda infine alla corte della Ad Noiseam, etichetta che ha già rilasciato i due album dell'eccelsa super-band Underhill dove i due militano al fianco di altri nomi di grande prestigio ed esperienza. Un approdo naturale, dunque, per un progetto che si è sempre prefisso di coniugare il fervore ritmico della drum'n'bass con un approccio più innovativo e ricco, che con "Samurai" - ben confezionato nel pregevole formato digifile a sei pannelli - aspira a più alte vette melodico/cinematiche. Con un approccio alla materia drum'n'bass decisamente più moderno della media, il duo con sede operativa a Berlino lavora di fino senza rinunciare alla solidità ritmica, evidente da subito tanto nella solenne e a suo modo introduttiva "It's Time" quanto in una "Wires" che verso la metà deflagra letteralmente. MC Coppa, singer hip-hop già noto in casa Ad Noiseam e membro degli Underhill, fornisce la consueta caratteristica prova vocale a supporto della tesa e nervosa "Urban Drums", mentre Ivan Shopov (meglio noto nei panni di Balkansky e anch'egli negli Underhill) dà una mano per stemperare la tensione in "Labyrinth", favorendo la creazione di strutture suadenti e gustose ambientazioni oscure. Non solo energia ritmica in chiave dancefloor dunque, come ribadiscono con forza momenti squisitamente più cinematici e di grande classe nelle costruzioni melodiche come "Seraphic", "Headphone Eden", la sinuosa e fascinosa "City Lights" ed il bel remix conclusivo per "Requiem" firmato Huron. Tuttavia la forza d'urto non difetta e l'impeto drum'n'bass trova il suo culmine nella concitata "Gatling" come fra le scudisciate tecnologiche ad alta tensione della title-track, oltre che nella ficcante "Mining", anche se l'episodio più roccioso si rivela essere "Red Nova", ruvido al punto di inglobare un granitico chitarrone distorto sullo sfondo di un beatwork piacevolmente macchinoso. MachineCode non si siede sugli allori di una carriera già ricca di realizzazioni importanti, ma continua ad adoperarsi per ridefinire i confini del suono drum'n'bass sfruttando le molte abilità di cui due autori esperti come Rodell ed Eliot dispongono. Consigliato a chi cerca una boccata d'ossigeno tra le frange più alternative dell'elettronica a tinte scure.
Roberto Alessandro Filippozzi