22-10-2013
[DE:AD:CIBEL]
"Globalized"
(Echozone)
Time: (63:04)
Rating : 7.5
A tre anni dal valido esordio sulla lunga distanza "Klondike", i due veterani della scena tedesca Daniel Galda (Das Ich, kAlte fArben, Skorbut) ed Armin Küster (Skorbut, Carlos Perón, The 3rd Culture) tornano per l'atteso seguito - dopo un paio di singoli introduttivi - del progetto [de:ad:cibel], nato sulle ceneri di quegli Skorbut in cui i due avevano già collaborato attivamente. "Klondike" ci aveva colpiti per la sua solidità e per la credibilità con cui i Nostri avevano saputo far rivivere i suoni della dark-electro e dell'EBM di fine anni'80/inizio anni '90, segnando una netta linea di demarcazione fra quanto fatto da due musicisti che in quegli anni c'erano e sperimentavano e tutta quella schiera di nomi nuovi che scimmiottano un passato illustre senza averlo vissuto. Con Daniel ben saldo nella sua postazione dietro al microfono, dalla quale offre una prestazione onesta e dai tratti realmente oscuri come di questi tempi se ne sentono poche, il duo prosegue dritto per la strada tracciata col debut album, costruendo una sorta di concept sulle nefandezze del mondo globalizzato che, anche graficamente, riprende temi cari a chi lotta contro il virulento Nuovo Ordine Mondiale. Subito cupo ed apocalittico con l'intro "Transnational Network", il disco s'infiamma col singolo "Vanitas", pura EBM old-style e minacciosa in grado di fare una strage sul dancefloor, così come non faticheranno a deflagrare nei club altri poderosi momenti danceable quali la ruvida e nervosa title-track, il serrato strumentale "Beat Plastique" e la penetrante "Self-Fulfilling Prophecy" (l'altro singolo pre-album). Ovviamente i Nostri non hanno una visione limitata al solo dancefloor, e mostrano tutta la qualità che li contraddistingue (a braccetto con una produzione rocciosa e mai pretestuosamente anacronistica) anche con le cadenze severe di "Stimulation", la serpeggiante dark-electro di "Solar Plexus", la maggior raffinatezza melodica di "Rain Of Gold" ed i toni da electro-ballad con crescendo elettrico di "Disconnected Child", inanellando diversi refrain decisamente azzeccati. Molto bene anche il carisma dell'incisiva "Interculturality" e le suadenti soluzioni della più morigerata "My Whole Life Is An Error Message", come ottime si rivelano le strutture ritmico/melodiche della conclusiva "Fuzzy Pictures", mentre forse uno strumentale come "Russian QI", per quanto verosimilmente ironico, poteva essere lasciato fuori senza rimpianti. A parte questa piccola e opinabile sbavatura, "Globalized" ribadisce quale sia il livello di compattezza di un duo molto ben affiatato, sottolineando come sia ancora perfettamente possibile fare electro 'con gli attributi', se ci passate il termine. Dinamismo e solidità a piene mani: non a caso i fans li hanno ribattezzati 'The German Bass Machine', e va da sé che chi non ha scoperto ieri le meraviglie della dark-electro/EBM più granitica non dovrà farsi sfuggire questa nuova fatica dei [de:ad:cibel].
Roberto Alessandro Filippozzi