02-04-2011
:WUMPSCUT:
"Schrekk & Grauss"
(Beton Kopf Media/Audioglobe)
Time: (49:10)
Rating : 8
Com'è d'uopo ormai da tanti anni, l'arrivo della primavera coincide col nuovo annuale album di :Wumpscut:, e dopo l'apprezzato ":Siamese:" dello scorso aprile, quest'anno tocca a "Schrekk & Grauss" tenere alto il vessillo dello progetto tedesco nel suo ventennale. Il buon Rudy Ratzinger si è preso negli anni più critiche di quante ne meritasse, realizzando fra alti e bassi una serie di validi dischi non apprezzati a dovere ("Bone Peeler" su tutti), spesso a causa di autentiche campagne distruttive messe in atto da chi ha visto nell'uscita con cadenza annuale il male assoluto. Di ciò abbiamo già parlato anche troppo, e sappiamo quanto poco importi a Rudy, il quale tira dritto per la sua strada, sotto sotto magari rinfrancato da qualche meritato parere positivo in più riscosso con ":Siamese:". Dopo tante sperimentazioni - pur sempre contestualizzate in un'ottica inconfondibile - che hanno fatto storcere il naso a chi amò i capolavori degli anni '90 (soprattutto "Embryodead" e "Bunkertor 7", picchi artistici della più ferale e malvagia harsh-EBM, electro-industrial e dark-electro), col precedente full-length si è avuta la netta impressione che il Nostro abbia voluto tornare sul luogo del delitto, macchinando suoni che non avrebbero affatto sfigurato su di un ancora significativo passo successivo come "Wreath Of Barbs" (2001), nonché rispolverando un feeling che mancava da quei dorati anni. Quella piacevole sensazione diventa certezza ascoltando la nuova fatica, a partire dall'opener "Rudolf Wolzek", subito tagliente, feroce e ritmata, ma soprattutto forte di suoni incisivi che rimandano direttamente alle cose migliori del passato, così come la più groovy ed intensa title-track, hit annunciata dell'album: due colpi ottimamente assestati che mettono subito in chiaro quale sia lo spirito del :Wumpscut: targato 2011. "Muselmann" si presenta più melodica e profonda, fra interventi di vocoder e l'inconfondibile pathos canoro di Rudy, semplicemente il migliore nel suo ambito, sia quando le vocals fluttuano appassionate come in questo brano, sia quando si fanno violente e laceranti; il piglio dark-electro è proprio quello dei giorni di gloria, come svela una cadenzata e marziale "Elende Buben" il cui crescendo d'intensità è roba forte, e se ciò ancora non bastasse a gelavi il sangue nelle vene, l'inquietante "Patient A." completerà l'opera con magistrali atmosfere horror e campionamenti ad hoc che ricordano i passaggi più lugubri e spettrali di "Wreath Of Barbs" ("Dr. Thodt"). Non di soli muscoli e rasoiate vive Herr Ratzinger, dunque, e così la drammatica "Jiddisch Is A Zwillink", giocando con le parole, incastra tromba, samples e le performance vocali di Gaë Bolg ed Aleta Welling (già collaboratrice di Rudy in passato) in soundscapes che rompono le regole con fare para-sinfonico, funzionando appieno nel dispensare emozioni e nel sorprendere l'ascoltatore; subito però la velenosa dark-electro che è l'anima del disco torna prepotentemente nella penetrante e raggelante "Wumpelstilz", affilatissima e forte di arrangiamenti sublimi (in special modo a livello ritmico, ma è tutto il disco a sfoderare un beatwork avvincente), seguita dall'episodio che con più probabilità scatenerà le critiche, ossia "Kikeriki", strumentale dal piglio 'stomping' inondato di campionamenti stralunati che, a conti fatti, poco aggiunge all'opera. Non lasciatevi ingannare da un titolo che suscita ilarità come "Zombibikini", poiché trattasi dell'ennesima song a base di affilata dark-electro dal groove letale, laddove la conclusiva "Alles Aus", pur non lesinando quanto a ritmo, chiude i giochi con un taglio nettamente più malinconico. Tanta roba, alla faccia di chi da molti anni a questa parte si diverte a blaterare di un musicista finito: il sostanzioso ritorno alle sonorità dei giorni migliori e l'enorme intensità insita nelle nuove tracce sono la riprova di come Rudy sia vivo e vegeto, pronto ad affrontare la prova del tempo ed i dardi avvelenati dei detrattori con la forza di un suono che torna a splendere della ruvidità, della durezza e del gelo strutturale che furono peculiarità fondamentali nel consegnare per sempre il nome :Wumpscut: alla storia dell'elettronica oscura.
Roberto Alessandro Filippozzi