19-02-2011
INERTIA
"Deworlded"
(Cryonica Music/Audioglobe)
Time: (51:35)
Rating : 6.5
Dopo il singolo "Repeat & Follow", ecco finalmente la nuova uscita full-length per gli Inertia. Il gruppo di Reza Udhin e della virago Alexys B dà alle stampe, dopo 3 anni, questo "Deworlded", undici tracce nuove di zecca nella tradizione dell'EBM più dura e pura, senza compromessi e concessioni a contaminazioni di vario genere. Punto di forza questo, ma anche di debolezza, vista l'altalena qualitativa a cui il gruppo ci ha abituati. Cresciuto nella grande scuola Killing Joke, Reza Udhin sembra averne ereditato la coerenza stilistica e la rudezza delle frasi sonore, ma anche la tendenza alla ripetizione meccanica di ritmi, melodie e più in generale quadri sonori che, se nel gruppo di Jaz Coleman e soci diventava la tetra rappresentazione dell'alienazione nella società moderna, negli Inertia si traduce spesso in ripetitività e monotonia. Nonostante sia un estimatore della band, avendoli anche conosciuti personalmente e avendone ammirate le doti on stage, per onestà intellettuale devo ammettere che quelle caratteristiche che hanno in parte macchiato la proposta artistica del gruppo, ovvero ripetitività e monotonia, sono presenti anche in quest'ultimo lavoro discografico, nonostante le buone impressioni lasciate dal singolo che ha preceduto questa uscita. Non che il disco sia da buttare, anzi, fra le undici tracce presenti vi sono brani che avranno sicuramente buon successo nei club, come "Repeat & Follow" e "Fallout", già presenti sul singolo, e ottimi brani EBM a forte impronta industrial come "Deworld" e "Feed". E poi la violenta "Feline Fantasy" con la bella linea vocale tracciata da Alexis B (forse il top del disco), o l'atmosferica "Alien", che fa tornare in mente il periodo aureo del synthpop anni '80 con i vari Visage e Human League, così come la new wave-oriented "Gone" mi ha riportato alla mente i New Order del periodo "Blue Monday". Il problema, però, è che in tutti i brani manca la scintilla di originalità e soprattutto la voglia di creare cose nuove che spiazzino l'ascoltatore, tipo un intermezzo particolare, un cambio di ritmo o un finale che spezzi l'andamento del brano. Si ripete quindi questa tendenza a non stupire che sembra ormai diventata un trademark per una band che avrebbe tutte le carte in regola per essere un punto di riferimento della scena. Viene il dubbio che vi sia quasi una sorta di premeditazione in tutto questo, che Reza e compagni abbiano scelto in maniera cosciente la via della monotonia come modo d'espressione, alla stregua di grandi cantautori come Cohen e Cave. Allora, per non infierire nella valutazione negativa, preferisco tenermi questo dubbio senza indagare oltre, consigliando però "Deworlded" solo allo zoccolo duro degli appassionati del gruppo inglese.
Ferruccio Filippi