05-06-2010
ABSURD MINDS
"Serve Or Suffer"
(Scanner)
Time: (58:18)
Rating : 6
Dieci anni dopo "Deception", primo full-length inciso dal trio di Dresda che conteneva i singoli "Brainwash" e "Come Alive", la voglia di mettersi nuovamente in gioco per Stefan Großmann si completa con l'uscita di "Serve Or Suffer". Nessuna novità da quel 'corto' ultimo lascito del 2006, "The Cycle", anche sul frangente produttivo, di nuovo tra le file della Scanner, che ha sempre supportato gli Absurd Minds. Il nuovo album dei Nostri con le sue tredici tracce si offre pronto a gettarsi nella rissa dell'universo 'tanz' in un contesto in cui la stasi produttiva, unita all'involuzione ed all'eccessiva esposizione di act palesemente simili, determinano una selezione massiccia. Rispetto al passato, anche all'EP del 2006, grossi passi avanti il trio non ne ha compiuti, soprattutto sul fronte canoro, di nuovo fattore limitante per la band tedesca. Peccato, perché "Serve Or Suffer" si rivela capace di manifestarsi con buone idee nelle partiture ai synth di Tilo Ladwig, e lo stesso per la porzione ritmica, condotta magistralmente da Timo Fischer; la voce del frontman però si propone di nuovo con poca personalità, limitando il piacere di poter credere fino in fondo ai tre. Troppo statica, ed il confronto con Thomas Elbern, tentando la cover di "Somebody" che l'ex-Pink Turns Blue con gli Escape With Romeo rese celebre, è perso nel non riuscire a dare lo stesso pathos sul filo della drammaturgia vocale, nonostante il valore anche estetico della parte strumentale. Da parte sua, l'esempio lampante in cui il singer centra le linee vocali è "Pendulum Swing", ed il risultato rende nel globale charme dovuto alla ritmica, flessuosa tra giochi quasi 'breackcore' e morbida tra i tasti ed i beat incantevoli della parte elettronica: qui la voce meno ruvida è vincente per le sfumature altrove non impiegate, creando un ottimo esempio di electro-goth. Se lo stesso stile canoro avesse 'marchiato' anche tracce come "Countdown" o la stessa "Serve Or Suffer", se la medesima variabilità d'ugola avesse prevalso, il valore medio dell'intero album avrebbe determinato ben altre considerazioni. Il rammarico aumenta esponenziale proprio alla fine, quando, dopo dodici tracce in cui pochi sono stati i picchi esibiti, ecco la vetta che non ti aspetti, una cresta montuosa praticamente isolata in una pianura dolcemente collinosa, la canzone al limite della perfezione: "Holier Than Thou" non è perfetta, ma ci si avvicina molto nell'estremo bilanciarsi reciproco fra i tre contingenti, ballabile e 'ruffiana' nell'iniziare lenta e romantica con il pianoforte per poi attestarsi su un bel 4/4 ideale per lanciarsi sul dancefloor e godersela come merita, e funziona anche la voce, con quel sapore di ibrida ruvidità alla Tyske Ludder e languori tenebrosi alla Peter Spilles, assenti - "Pendulum Swing" a parte - nel resto dell'album. Immaginiamo "Serve Or Suffer" come articolo idoneo al mercato tedesco, un popolo gotico numeroso e dinamico che non ha le stesse nostre pretese da piccola realtà oscura italica, cresciuta però con il belcanto nel DNA e quindi esigente quando si tratta di vocalità. Se nel futuro i tre riusciranno a concentrarsi sulle buone cose che a tratti anche in questo nuovo lavoro hanno creato, allora non sarà scandaloso annoverare gli Absurd Minds tra le 'stelle' del cupo cielo dell'EBM più oscura, anche per amore della Scanner, etichetta storica che può permettersi di schierare un piccolo pezzo di storia della musica: The Eternal Afflict.
Nicola Tenani