09-03-2009
PANIC LIFT
"Witness To Our Collapse"
(Hive Records)
Time: (54:38)
Rating : 7
L'intraprendente label americana Hive, che di recente ci ha regalato l'ottimo debut di genCAB, ci presenta ora il primo lavoro sulla lunga distanza (che segue l'EP d'esordio "Dancing Through The Ashes") di questo duo del New Jersey, uscito la scorsa estate ed anticipato di un paio di settimane da uno split in formato free-download in compagnia proprio di genCAB. I Panic Lift si vanno a collocare nella nutrita frangia harsh del settore elettronico, fortunatamente con risultati migliori dei troppi cloni dei soliti noti oggi in circolazione: dopo la brevissima intro tocca ad "Everything I Have" e "Failsafe" sferrare l'attacco a suon di groove, buone melodie, la consueta voce iper-distorta e malvagia e dei beat pensati per i club, ed anche se l'originalità latita, l'intensità e dei validi arrangiamenti fanno la loro parte. Buona per il dancefloor anche "Hold On", dotata di pregevoli melodie techno e di vocals pulite all'altezza del refrain che, se migliorate e sfruttate di più in futuro, potrebbero aiutare non poco la causa; con "Shelter" i ritmi si fanno più cadenzati ('variante' ormai immancabile nei dischi harsh) esaltando la durezza di fondo, ma la title-track sa fare di meglio: le ritmiche rallentano ulteriormente per un incedere ipnotico di buon effetto, e fra i soliti samples tratti dai discorsi di Bush (la 'fantasia' dei gruppi americani sembra arrivare solo fin qui...) irrompono esplosioni chitarristiche estremamente dure ed incisive. Ovviamente i frangenti danceable prevalgono nel dischetto, come ribadiscono la pompatissima e vorticosa "Remnants Of A Dead Age", la groovy "No Trace To Love" e l'ariosa "Dawn Of Fate"; c'è però più posto del solito per momenti differenti (solitamente ridotti all'osso in dischi del genere), e così spazio al rilassato e melodico strumentale "Seasons Change", al bel rallentamento repentino (con tanto di chitarrone granitico) della poderosa e velenosa "Save Yourself" e, soprattutto, alla traccia conclusiva: la sofferta e triste "Butterfly Wings (My Only Hope)", ben costruita attorno alla voce pulita, ma capace di infiammarsi con autentiche scariche harsh al vetriolo a base di vocals dilanianti e chitarra distorta, per quello che risulta essere il picco qualitativo di un album adeguatamente prodotto. Panic Lift si rivela quindi un act magari non particolarmente originale, ma di certo più coraggioso e capace di qualche variante in più rispetto ai troppi colleghi bravi solo a fare il compitino. Se nell'immediato futuro James Francis e Dan Platt comprenderanno l'importanza di osare di più, liberandosi dai logori schemi del genere, potranno fare il vero salto di qualità; diversamente sarà inevitabile finire nel mucchio, ma questo debut album concede delle speranze concrete da non sottovalutare.
Roberto Alessandro Filippozzi