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Room 102

10-06-2008

RECENTLY DECEASED

"Cellardoor"

Cover RECENTLY DECEASED

(Mental Ulcer Forges/Audioglobe)

Time: (60:17)

Rating : 9

Chi ha seguito le gesta di scribacchino del sottoscritto ricorderà probabilmente la recensione del primo full-length di questo duo russo, composto da due enigmatici tizi all'epoca noti come Stefan Leibher e Wolfgang Nett... Difficile credere che tali nomi fossero quelli di due russi, ed infatti i due loschi figuri si ripresentano col secondo album sotto le spoglie di Stanislav Zak (musica) e Stanislav Maksimenko (voce), forse incalzati dall'ufficio dell'anagrafe di Omsk... Il succitato debut ci colpì in virtù di un electro-sound sicuramente bizzarro, ma capace di andare ben oltre le solite sterili definizioni e pronto ad esplorare nuove dimensioni senza porsi troppi limiti: per farla breve, uno di quei dischi creativi e fuori dagli schemi che tanti invocano, ma che poi quasi tutti tralasciano e/o sottovalutano, purtroppo. C'era davvero da aspettarsi molto dal geniale eclettismo del duo, che non per niente è uno di quei pochissimi act ancora capaci di scuotere il sig. Rudy Ratzinger al punto di spingerlo a produrne le gesta artistiche, come Mr. :W: fa attraverso la sua Mental Ulcer Forges anche con la sig.na Yendri, e già questo non è un dato di poco conto. Negli ultimi due anni questi due ragazzi russi sono maturati e cresciuti oltre ogni aspettativa, e tornano oggi con un secondo full-length capace di andare molto oltre il già coraggioso debut-album: il suono odierno dei Recently Deceased si è fatto ancor più acido, alienato e nervoso, un po' alla maniera degli Skinny Puppy più ossessivi, ed il songwriting è stato affinato al meglio per giungere al confezionamento di brani formalmente perfetti nella loro ombrosa paranoia, che dall'EBM prendono solo l'immane fisicità, tralasciando volutamente tutte le altre restrizioni del genere. C'è un groove rugginoso che rende letali e irresistibili i brani di questo "Cellardoor", autentiche esternazioni d'insofferenza, danze liberatorie di animi esasperati che necessitano di riversare nella musica una rabbia genuina, generata dal disagio interiore ed esteriore. Ed è ogni singola canzone a funzionare in questo follow-up, segno di una maturità artistica già pienamente conseguita dal duo: ce lo dicono momenti di elettronica acida eppure tremendamente catchy (diremmo quasi 'pop', se al grande pubblico non mancassero gli attributi per ascoltare roba così solida) come "The Aim Is Here", "Breathe Again" o "Every Little Song", semplicemente irresistibili, oppure episodi come la sinistra ed inquietante "Parabola Hominique" e la cupa "Hiding A Monster", o ancora l'esplosione rock (con tanto di chitarra) dell'intensa "Please Increase", tutti a dir poco entusiasmanti. Con una produzione così ricercata, dei suoni così intriganti, una voce miglioratissima rispetto al debut ed estremamente più istrionica (ottima non solo nei refrain), degli arrangiamenti a dir poco ineccepibili, delle idee sempre efficaci e mai banali, un groove che cattura in ogni momento e soprattutto delle canzoni praticamente perfette per delineare il mood ricercato, cosa si può rimproverare ad un disco simile? Nulla, neppure ai quattro remix che chiudono l'opera, che per inciso sono tutti degni di nota. "Every Little Song" viene remixata tre volte: il buon :Wumpscut: la rende più oscura, Yendri la tramuta in una scheggia dance e Reznick la trasla in un contesto decisamente più sognante, mentre Shtrihcode si occupa della folle ma riuscita rielaborazione di "The Aim Is Here". E l'ironia, non dimentichiamocene: testi a parte, leggetevi le 'istruzioni per l'uso' incluse nel booklet del digipack, e capirete che siamo davanti ad una coppia di simpatiche canaglie, toste, sagaci e pungenti... Sfruttando al meglio le proprie dichiarate e altisonanti influenze, il duo russo è riuscito nell'impresa di forgiare un sound personale e straordinariamente incisivo, forte di un'evoluzione sorprendente che si preannuncia ancor più entusiasmante in chiave futura. Ora resta solo da vedere chi avrà il coraggio di avvicinarsi ad un disco così allucinato, anticonvenzionale e poco strombazzato, difficile al primo approccio, ma in grado di seppellire con facilità l'ultimo Dismantled non appena vi sarà entrato sotto pelle, traviandovi irrimediabilmente come un inevitabile segno dei (nostri) tempi. Geniali.

Roberto Alessandro Filippozzi

 

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