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Room 105

20-05-2008

JACK OR JIVE

"Kakugo"

Cover JACK OR JIVE

(Prikosnovénie/Audioglobe)

Time: (56:28)

Rating : 7

"Falling sick on a journey, my dream goes around above withered fields / ammalandomi durante un viaggio, il mio sogno si disperde sopra campi appassiti" (Matsu Basho 1644-1694). Si chiama "Jisei" il piccolo haiku solitamente recitato dai samurai prima della morte. Questo è molto famoso: arriva ai giorni nostri dalla metà del XVII secolo, ed ancora con forza onora la ritualità samurai del nostro tecnologicamente primitivo mondo. Tutto "Kakugo" è una dedica al Bushido, serie di regole ideali, concetti su cui si fonda l'onore, la tradizione, la dignità della disciplina Samurai giapponese. Tutta la profonda drammaticità delle 12 tracce dell'album è il grido di Chako contro il conformismo globale, la voglia estrema di attaccarsi alla propria tradizione per rimanere popolo. Popolo che viene da ere lontane, ed anche nell'era di palmari e wi-fi vuole e pretende con ostinata, arcaica identità nazionale, marciare verso il futuro, con tutta la propria millenaria cultura, possibilmente intatta e rigorosamente nipponica. 12 tracce composte per accompagnare idealmente il guerriero (e noi tutti, forse, non dovremmo cercare a volte di essere tali?), verso la sua morte, verso l'onore, il rispetto di sé stesso. A volte dolcemente, come sa esserlo Chako, come in "Look Up The Sky" od in "Warscapes", a volte crudele e spietata, ed anche in ciò i colori della sua voce eccellono, come in "Principle Of Positive And Negative", drammatico e tragico nella prosaicità delle urla finali. La voce di Chako... Leggere semplicistiche affermazioni su di una sua opinabile stonatezza denota una superficialità che non condivido, per 2 motivi: in primo luogo, da classica scuola orientale, Chako è una soprano pura, molto lirica con tonalità sempre alte, ossia l'esatto contrario di Diamanda Galás o della nostra Francesca Nicoli, le quali padroneggiano meglio i toni bassi, contralti impuri ma ben delineati nei tessuti vocali. In secondo luogo, e lo si sente tanto in "Kakugo", Chako esalta la tradizione teatrale e vocale nipponica con accenti tipici della sua isola, stridii voluti ed esaltati nell'omaggiare continuamente il suo background. C'è tanto rispetto e devozione nella sua voce, eterea sì, ma anche disperatamente drammatica, un paradiso di sofferenza e dolore. Tornando a "Kakugo", il voto relativamente basso è dovuto alla difficoltà mia personale nel prenderlo come album nella sua più classica accezione, per via della sua grande forza evocativa e concettuale; ben diverso sarebbe questo lavoro dei Jack Or Jive se portato in teatro, dove suono ed immagine simbioticamente si supportano a vicenda, ideale musica per una coreografia di danza Butho. Identici i concetti, tradizione e morte, onore e dolore, identica la teatrale lentezza drammatica delle musiche così discretamente complementari di Makoto Hattori, come drammatici e voluti i lenti movimenti del Butho. Entrambi sarebbero un'ideale sorta di trance cosciente verso gli antichi stadi della morte come condizione voluta, coronamento perfetto di un'estetica sublime nel suo macabro fascino. Così come, tornando al paragone con la Galás, per quanto agli estremi tra loro, mentre la 'Serpenta' e la sua voce ci portano verso inferni reali, Chako ci porta verso paradisi metafisici, ma quanto dolore ed angosce in entrambe le artiste! Il confine tra demoni ed angeli cade e negli estremi le trovo così sorelle, nell'antico gioco universale dei contrasti. Un disco comunque non immediato o facile al primo impatto, se non per gli unici veri episodi orecchiabili sin dal primo ascolto (la già citata "Warscapes" e la title-track), così simili a tanti oramai datati episodi del passato dei Jack Or Jive, persi nella loro lunga discografia che conta oramai 22 uscite dal lontano '91 ad oggi. Dolci come lo erano "Venus" e "A March For A New European", o tastiere sincopate come in "Farewell To Tokyo". Rimane però un passo avanti rispetto all'ultimo lavoro (targato Projekt) con Alio Die, "Mei-Jyu", ostico e statico sugli immobilismi a volte eterni dei synth o dei suoni campionati: "Kakugo" è più arioso, un ritorno al canto ed alle tastiere in maniera decisa, a volte lento, ma conscio di essere un disco di grande impatto emotivo e culturale, un altro passo di una band giapponese fiera della propria terra madre, che guardando all'antico sorride al futuro, sempre sotto la benevola ombra del Sol Levante.

Nicola Tenani

 

http://www.jackorjive.com

http://www.prikosnovenie.com/